I centri in Albania non costano un miliardo, smentita un’altra fake news della sinistra

Il costo stimato è di 654 milioni in cinque anni, l’elenco dettagliato delle spese nel dossier della Camera dei deputati

Dopo la bufala delle spiagge vuote, smascherata un’altra fake news della sinistra, ovverosia che i centri in Albania costino un miliardo di euro. A smentire questo dato è il dossier della Camera dei deputati, datato 23 gennaio 2024, che mette nero su bianco la spesa stimata per costruire e gestire i centri per il rimpatrio situati a Shengjin e Gjader. Il costo in realtà è di 654 milioni in cinque anni: 144 milioni di euro per il 2024, 127,3 per il 2025, 127,5 per il 2026, cifre da estendere anche per 2027 e 2028. Il documento della Camera dei deputati elenca con precisione le spese previste per i prossimi cinque anni, oltre alla costruzione e gestione dei centri sono ricompresi vitto e alloggio per le forze dell’ordine e il noleggio delle navi, tra gli altri costi. Numeri ribaditi dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, durante il question time alla Camera, frutto della relazione tecnica allegata al disegno di legge di ratifica del provvedimento sull’accordo Italia-Albania. Dove Schlein, Bonelli, Conte e Renzi abbiano preso la cifra di un miliardo non si sa, forse è frutto di calcoli strampalati o forse è un’invenzione colossale, fatto sta che il dato reale stride con la propaganda delle opposizioni. Complice anche il ritardo nell’apertura delle strutture la stima iniziale sarà sicuramente più bassa rispetto ai 654 milioni preventivati in cinque anni.

Patto Italia-Albania modello per i Paesi europei

Oltre alle spese c’è un altro dato non misurabile quantitativamente, ossia il cambio di paradigma che il piano Albania produce in Europa, non più accoglienza indiscriminata ma un diverso atteggiamento nell’affrontare il problema migratorio. La gestione dei flussi di migranti deve essere gestita in modo più controllato e meno impattante sul territorio nazionale, attraverso il rafforzamento delle frontiere esterne e l’esternalizzazione di parte del processo migratorio. Difatti, i centri in Albania hanno un duplice obiettivo: alleggerire la pressione sui centri italiani e accelerare le procedure di identificazione e rimpatrio. Un modello che viene visto come esempio in molti Paesi europei, tra gli altri Austra, Danimarca, Grecia e Cipro. Nonostante la sentenza del primo agosto della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale ha posto dei paletti sulla definizione di “Paesi di origine sicuri”, il governo italiano non si arrende e va avanti con il modello Albania, con i centri che opereranno come Centri di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr). In attesa del Patto europeo su immigrazione e asilo che permetterebbe di superare i rilievi sollevati dalla Corte di Giustizia di Lussemburgo, con la Commissione Ue che “incoraggia Parlamento e Consiglio a procedere il più rapidamente possibile”. Insomma, fatti e dati del governo Meloni contro la propaganda delle opposizioni.

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Alessandro Guidolin
Alessandro Guidolin
Classe 1997, piemontese trapiantato a Roma. Laureato in giurisprudenza, appassionato di politica e comunicazione. “Crederci sempre arrendersi mai”

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