Ognuno di noi almeno una volta, a scuola, ha finto di stare male per regalarsi un giorno di assenza. I più scaltri capirono che per risultare credibili, bisognava calcare la mano e stare male più spesso, per far cascare le maestre. Tuttavia, si otteneva l’effetto opposto: amici di classe e docenti capivano dopo poco che qualcuno stava mentendo. Ecco, nella stessa situazione è Maurizio Landini che, capriccioso, non si fermerà davanti al fallimento dello sciopero generale del 29 novembre (venerdì). Il segretario della Cgil ci regalerà un dicembre ricco di “doni” in vista di Natale: già si contano 15 scioperi. Uno ogni due giorni. Con attenzione particolare per il 13 dicembre (venerdì, di nuovo…), il nuovo sciopero generale a sole due settimane di distanza da quello precedente. Il 15 sarà il giorno del settore aereo, il 9 quello del comparto merci. Ce n’è per tutti, insomma. Ma il paradosso di fondo resta, sempre: decine e decine di scioperi per protestare contro una manovra che taglia le tasse, che riconferma le riduzioni degli scorsi anni e che cercherà, da qui fino alla sua approvazione a fine anno, di allargare la platea dei beneficiari, senza mai aumentare una singola gabella per i cittadini.
I risultati della rivolta sociale
Maurizio Landini sembra intenzionato ancora una volta a calcare la mano sulla strategia, personalissima, della “rivolta sociale”. In questi giorni, ha raccontato di quando, a Palazzo Chigi, mentre si discuteva di cose serie (della manovra…), il segretario della Cgil regalò un libro a Giorgia Meloni, come una provocazione: “Quando sono stato a Palazzo Chigi per la legge di bilancio ho regalato alla presidente del Consiglio ‘L’uomo in rivolta’ di Albert Camus – ha detto il sindacalista -. Il senso di quel libro sta nel rimettere al centro la libertà delle persone. Se la persona non si rivolta di fronte alle ingiustizie non esiste come persona, perché viene cancellato. Io l’ho pensata così”. Solo che, quando si pronunciano certe parole, va utilizzata anche una certa delicatezza. Altrimenti, il risultato è questo: mezza sinistra abbandona Landini e la deriva meramente politica del suo sindacato, bollando i suoi toni come eccessivi; i lavoratori capiscono l’intrallazzo e non scioperano (in diversi comparti, come quello pubblico, la sanità, la scuola, l’adesione è stata di 1-2 punti percentuali); gli estremisti rispondono presenti e vanno a creare più disagi di quelli che già normalmente si vivono: binari bloccati dai pro-Pal e nuovi scontri con la polizia.
“Non è una questione di fastidio – ha detto Giovanni Donzelli, deputato di Fratelli d’Italia al Corriere della Sera -. È invece irresponsabile soffiare sul fuoco. Landini alza le parole e poi c’è qualcuno che lo prende sul serio ed è pronto a fare gesti irresponsabili”. Donzelli aggiunge che la visione di Landini è totalmente lontana dalla realtà: “Chi parla così dimostra di avere una visione novecentesca dell’economia. Oggi la sfida che c’è nel mondo del lavoro non è tra il padrone della fabbrica che chiude e l’operaio che viene sfruttato – ha spiegato Donzelli -. Oggi l’operaio e il datore di lavoro stanno dalla stessa parte a difendere l’economia nazionale dalle speculazioni delle multinazionali e dalla concorrenza sleale delle delocalizzazioni”.