Sempre di più, con le scoperte della scienza, apprendiamo l’importanza degli asteroidi che solcano i cieli come spaventosi bolidi e che a volte prendono la Terra come obiettivo, scatenando immani disastri. Alla fine, col trascorrere delle ere, gli asteroidi si dimostrano però sempre più fonti di vita e di conoscenza. Così trasformano da sempre la Terra rendendola la nostra astronave per le stelle, ma scatenano anche i nostri più atavici terrori.
66 milioni di anni fa, l’asteroide di Chicxulub mise fine al regno dei dinosauri, scatenò una tsunami globale con onde alte fino a 1.500 metri, portò sul suolo terrestre l’iridio – il metallo che forse ci permetterà di arginare i tumori – gettò le fondamenta per le ere degli uomini. Da allora, periodicamente, migliaia di asteroidi si sono avvicinati al nostro pianeta, a volte anche a distanze preoccupanti, ma a colpirci sono stati sempre oggetti di modeste dimensioni che solo in alcuni casi hanno creato davvero impatti spaventosi come avvenne in Siberia all’inizio del 1900.
Adesso c’è un asteroide che insieme ad altri 870 oggetti spaziali tenuti sotto osservazione dagli esperti dell’Esa, potrebbe creare qualche problema a madre Terra. Si tratta di QV89, grandezza stimata più o meno come quella di un campo di calcio, attenzionato dal 2006 proprio perché potrebbe essere in rotta di collisione col nostro pianeta. In realtà, l’Esa tiene d’occhi tutti quegli oggetti spaziali che, secondo calcoli complessi, hanno una probabilità diversa dallo zero di impattare col nostro pianeta. Per essere più precisi, ad oggi QV89 ha 0,014 possibilità di arrivare in collisione con la Terra. Percentuale che potrebbe cambiare in meglio o in peggio per noi in base a cosa l’asteroide potrebbe trovare sul suo cammino celeste.
Il QV89 – diametro medio circa 40 mt – ha già avuto due incontri ravvicinati col nostro pianeta: uno negli anni ‘50 e un altro negli anni ‘60. Successivamente tra gli anni 70 e 80 ci sono stati altri tre avvicinamenti. Quello di quest’anno sarà lo sfioramento più rischioso e avverrà a 7 milioni di chilometri. Per fare un confronto la Luna dista dalla Terra 384mila chilometri, quindi un’ampia distanza di sicurezza tra noi e questa grande roccia in giro per lo spazio. Però, ovviamente, non si può mai dire, e il monitoraggio è necessario per evitare brutte sorprese.
Così, la NASA annuncia di aver dato il via a un progetto che porti turisti sulla stazione spaziale internazionale – biglietto 50milioni di dollari + 35.000 dollari al giorno di vitto e alloggio – e dalla quale, hai visto mai, potresti ammira un asteroide più da vicino, pubblica finalmente la strategia di preparazione contro i possibili impatti al suolo dovuti ad asteroidi, come Hollywood ci ha ampiamente mostrato in decine di film che hanno definito l’evento come “Armageddon”.
Sono piani comunque condivisi a livello internazionale, che vedono coinvolti oltre agli Stati Uniti anche altre grandi nazioni. E vanno al di là di QV89, che comunque preoccupa relativamente. Più di lui è osservato speciale l’asteroide Bennu, un fossile del Sistema Solare studiato dalla missione Osiris Rex della Nasa e descritto in sette articoli sulle riviste del gruppo Nature. Bennu è considerato potenzialmente pericoloso su stime elaborate dall’italiano Andrea Milani dell’università di Pisa, che ha calcolato una possibilità su 2700 di colpire la Terra nei prossimi 200 anni. Da qui il nome dato all’asteroide, quello di una divinità dell’antico Egitto associata alla rinascita. Non a caso la missione è stata ribattezzata Osiris, come il dio egiziano della morte associato però anch’esso al concetto di rinascita.
Lo scorso 31 gennaio, Bennu ha avuto il suo primo contatto con la nostra civiltà grazie alla sonda Osiris-Rex che dopo una ricognizione preliminare da 7 chilometri di distanza dalla superficie, si è inserita nell’orbita dell’asteroide che ha un diametro di circa 500 metri. A luglio è previsto che la sonda atterri sull’asteroide e, attraverso un braccio robotico, aspiri almeno 60 gr di materiale da riportare sulla terra, quando dovrebbe essere di ritorno nel 2023.
I dati pubblicati fino ad ora sull’asteroide danno la conferma che in un lontanissimo passato furono corpi celesti come questo che portarono sulla Terra, quasi fecondandola, materiali ricchi di acqua e di carbonio, come ha rimarcato John Brucato, dell’Osservatorio di Arcetri dell’Inaf. Il ricercatore ha anche aggiunto che “la Terra si è formata in una zona arida dello spazio e solo in seguito a impatti con asteroidi simili a Bennu ha avuto un apporto di materia organica e acqua di origine extraterrestre”, il che fa di noi dei veri “figli delle stelle”. Precedenti studi hanno anche provato che l’acqua dei nostri oceani ha una firma chimica che corrisponde all’acqua presente negli asteroidi, mentre differisce a quella presente sulle comete.
Adesso, addirittura, grazie alle osservazioni di Osiris Rex, Bennu si presenta con una composizione inattesa e sembra essere molto più antico di quanto non ci si aspettasse. Secondo i gruppi di ricerca che stanno operando sulle informazioni ottenute, sparsi in bel 7 nazioni diverse, Bennu potrebbe essersi formato nella fascia di asteroidi tra Marte e Giove e avere un’età tra i 100 milioni e il miliardo di anni. Se non bastasse, Bennu presenta una superficie costellata di massi, quasi sicuramente resti di altri asteroidi entrati in collisione e inglobati dalla massa dell’asteroide maggiore durante il suo lungo peregrinare e che ne fanno una sorta di compendio nella storia del Sistema solare. Forse la più interessante enciclopedia dello spazio di sempre, se ci riuscirà di metterci le mani sopra senza che si abbatta sulla terra.