I modelli sociali e culturali per sconfiggere la mafia: le conclusioni dell’evento di FdI a Palermo

Si conclude la giornata organizzata da Fratelli d’Italia a Palermo. Una giornata ricca di momenti di riflessione e di analisi in cui si è avuta l’opportunità di lanciare una nuova chiave di lettura del fenomeno mafioso alla luce dei suoi cambiamenti e delle sue evoluzioni dalla strage di Via d’Amelio di trentuno anni fa.

Nel corso del convegno è stato più volte ribadito come la lotta alla mafia è “una battaglia che deve partire da un movimento culturale”, come ripetuto anche durante l’ultimo panel da Fabio Roscani, deputato di Fdi e Presidente di Gioventù Nazionale, che ha voluto rivolgere un pensiero alle giovani generazioni, le quali “dovranno fare la scelta di rifiutare un certo tipo di azioni, di fare le proprie scelte con coraggio, con la schiena dritta e con la testa alta”.

La lotta alla mafia, alla criminalità organizzata, alla illegalità è una sfida che deve unire tutti. Anche oggi, come sottolineato da Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, 31 anni dopo l’assassinio di Falcone e Borsellino, è doveroso fare una riflessione su quel periodo in cui “sembrava che lo Stato fosse destinato a capitolare”, mentre “oggi possiamo dire che la battaglia non è stata vinta del tutto ma alcuni grandissimi successi sono stati raggiunti.

Abbiamo visto cadere nelle mani degli inquirenti e dei magistrati il gotha della mafia, sono stati sciolti almeno 250 consigli comunali, quasi 20 mila persone sono state arrestate negli ultimi 20 anni: questi numeri dimostrano che lo Stato c’è e ha svolto una presenza significativa. Forse questa azione ha portato le mafie ad arretrare sotto il profilo militare ma non sotto quello degli affari e delle dinamiche finanziarie”.

Nel suo intervento Lucio Malan, ha dichiarato: “La lotta alla mafia è uno dei motivi storici dell’azione politica della destra italiana ed è una delle priorità di Fratelli d’Italia. Il primo dovere di uno Stato è quello di garantire la sicurezza dei cittadini in un ambito di giustizia. La criminalità organizzata è la negazione di entrambe le cose. Lo Stato ha ragion d’essere se lotta per garantire la legalità e la giustizia”, e ha proseguito dicendo che “tutte le volte che lo Stato è assente si crea una situazione nella quale la criminalità può avere mano libera e trovare sostentamenti in cui radicarsi. Creare le condizioni affinché le imprese possano continuare ad espandersi è fondamentale. Il terreno fertile per l’espansione della criminalità è la mancanza di lavoro”.

Occorre quindi puntare sul lavoro come deterrente, per allontanare qualsiasi tentazione di cedere all’illegalità. Ma anche sulla cultura, che deve essere “un antidoto per l’antimafia e un antidoto per le future generazioni a cui dobbiamo fare capire il valore di una vita retta, il valore della legalità e l’esempio di Paolo Borsellino”, come confermato dal Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.“I mafiosi sono custoditi da un consenso sociale frutto di una rete di protezione fondata nonsulla semplice paura, ma su un welfare diffuso. Alcune organizzazioni hanno dato un loro un sostegno mensile, hanno fatto leva su una strumentalizzazione dei simboli della religione o di cose positive come la musica”, ha detto infine Alfredo Mantovano, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.

A chiusura del convegno “Parlate di mafia”, le coordinate per contrastare le organizzazioni mafiose ed eliminare una volta per tutte le sue derivazioni sembrano chiare. Occorre guardare al fenomeno nel suo insieme, aggiungendo all’azione di polizia e a quella giudiziaria un’azione culturale e sociale, che faccia permeare a fondo quei valori di giustizia, di legalità e di correttezza nel tessuto della nostra comunità, partendo dalle nuove generazioni. Occorre fornire degli strumenti adatti quindi non solo a coloro che operano attivamente nella lotta alla mafia, ma anche agli stessi cittadini affinché non siano più soggetti di quell’ordinamento mafioso parallelo, ma riconoscano lo Stato e il suo ordinamento come l’unico e il solo possibile.

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2 Commenti

  1. Si parla ancora troppo poco di mafia, e con tanti luoghi comuni.
    La mafia di oggi non è la stessa di 30 anni fa, oggi esistono tante mafie, c’è chi fa le classifiche di quale sia più potente e pericolosa…
    Ho avuto l’onore, più di 20 anni fa, di lavorare con la Polizia di Stato, allora comandata da quel grande Dirigente e servitore dello Stato che è Gianni De Gennaro, fortunatamente oggi recuperato a responsabilità pubbliche di alto livello, dopo il fango gettato su di lui a seguito dei fatti di Genova.
    De Gennaro è stato l’artefice della sconfitta della mafia “storica”, forse il fango di cui sopra è in qualche modo una vendetta di quella mafia, anche questo meriterebbe un approfondimento.
    De Gennaro ha sconfitto la mafia perchè la sua Polizia ha setacciato la Sicilia palmo a palmo e distrutto la raffinazione di droga in Sicilia, tagliando il terreno sotto ai piedi dei mafiosi.
    Ora penso sia il tempo di fare sulla mafia un ragionamento più ampio.
    Nel mondo la forza delle mafie è strettamente legata alla corruzione dello Stato e delle amministrazioni pubbliche in generale.
    Ma tale corruzione a sua volta – in tutto il mondo, dalla Nigeria alla Russia alla Cina e … all’Italia – è direttamente proporzionale al volume della spesa pubblica ed al controllo dello Stato sull’economia.
    In una parola, più si amplia il controllo dello Stato sull’economia e l’ampiezza della spesa pubblica più si dà forza alle mafie.
    Sembra il segreto di pulcinella: tutti lo sanno, ma nessuno lo dice. Forse perchè il potere dei partiti politici ha la stessa radice: controllo pubblico sull’economia e spesa pubblica?
    A quando una vera rivoluzione liberale, che torni a dare importanza all’individuo rispetto al predominio del collettivismo?

    Con affetto

    Alessandro

  2. Parole sante! E articolo impeccabile. Aggiungerei solo una cosa: i comportamenti sociali incivili nella vita di tutti i giorni – cioè la maleducazione e di peggio – anche quelli, preparano il terreno alle varie mafie. Ragazzini e genitori che mancano di rispetto agli insegnanti fino a aggredirli, stessa cosa nei confronti del personale ospedaliero: insulti, illazioni, violenze. Aggressioni quando si verifica il minimo incidente stradale, insulti da parte di chi non rispetta le file,ecc.

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