I nuovi partigiani? Stanno con l’invasore…

La “staffetta partigiana” 2.0? Non è più contro «l’invasor» ma per «l’invasione». Di cortocircuiti (sepolta da un pezzo la dialettica marxiana) la sinistra italiana è ormai maestra, eppure – a proposito del caos Ong e dello scontro politico fra i gruppi di pressione globalisti e il ministro dell’Interno italiano – ciò a cui stiamo assistendo in questi giorni è una deriva, se vogliamo, ancora più pericolosa delle nevrosi gauchiste.

Il motivo è semplice: salendo a bordo delle navi che sfidano la sovranità nazionale non è più in gioco solo il profilo di una cultura politica e la sua produzione di “cattive” leggi (da criticare politicamente, da riformare o abolire in caso di mandato popolare ma pur sempre leggi) ma la messa in discussione, ipso facto, dello Stato di diritto.

Lo testimoniano le parole di Graziano Delrio che ha pronunciato appena “sbarcato” assieme agli immigrati clandestini dalla nave Sea Watch 3: «In caso di stato di necessità si possono anche violare le leggi».

Questa, secondo l’ex ministro dem, è la giustificazione perciò che ha fatto Carola Rackete nei confronti della Guardia di Finanza, forzando il blocco e speronando la motovedetta mettendo a rischio l’incolumità dei militari. Una tesi, lo stato di necessità – come è stato dimostrato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo – non giustificata, arbitraria e grave, proprio perché rivendicata come atto di disobbedienza da un parlamentare della Repubblica che le leggi è chiamato a scriverle e a rispettarle, finché queste sonoin vigore, «con disciplina ed onore», come recita quella Costituzione tanto sbandierata (evidentemente a convenienza) dai progressisti.

Una tesi rivelatrice della cinghia di trasmissione storica (questa sì, gramsciana) fra i cattivi maestri e la classe politica post-comunista, dato che gli opinion maker di queste condotte sono perfettamente inseriti nella linea di produzione del sistema mediatico. Due esempi su tutti. Gad Lerner, secondo il quale l’arresto della “capitana” «resterà una macchia indelebile di disonore a carico di uno Stato che calpesta il principio del soccorso in mare, fingendosi invaso da un equipaggio generoso e da migranti inoffensivi».

E Roberto Saviano che si è avventurato nella metastoria: «Carola, hai obbedito alla legge degli Uomini, gli stessi Uomini che più di 70 anni fa seppero scacciare nel buco nero della storia quelli che oggi rialzano la testa. Grazie per aver messo il tuo corpo in questa battaglia di civiltà».
Due opinioni – come abbiamo già raccontato da queste colonne – basate su falsità (l’arresto di Carola non è avvenuto per il soccorso in mare ma per aver infranto le leggi italiane; sulla sparata di Saviano ogni commento è superfluo…) ma che costruiscono il messaggio, la “staffetta” che, dopo il “quintetto delle meraviglie” (Delrio, Fratoianni, Magi, Orfini e Faraone), è stata prontamente raccolta da un peone in cerca di ribalta politico-mediatica: il deputato di LeU, Erasmo Palazzotto, capomissione a sua volta del velierio della ong Mediterranea (e assenteista a Montecitorio dato che, come ha notato Libero, ha collezionato «il 63.7% di assenze, è tra i meno presenti in Aula»).

E c’è da scommettere che altri, parlamentari o attivisti dei centri sociali (ormai non fa quasi più differenza), ne arriveranno ancora dato che la sfida aperta è stata lanciata.
Quale? Sabotare il dispositivo legislativo per un capriccio tutto ideologico: esattamente come cercavano di fare i gruppi extraparlamentari comunisti durante l’eversione degli anni ‘70 contro «la giustizia borghese». Solo che lì a minimizzare e contenere «i compagni che sbagliano» c’era una sinistra istituzionale con un minimo di senso dello Stato. Oggi abbiamo un Pd a cui non resta che aggrapparsi a un gommone di salvataggio…

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