Premessa. Sarà un 2 giugno senza “festa” della Repubblica, senza parata delle Forze Armate, nemmeno con le regole del distanziamento. Ciò per una precisa – più che discutibile – scelta del governo: emersa, è preciso dovere sottolinearlo, proprio nelle ore in cui “autorizzava” l’Anpi a partecipare alle celebrazioni del 25 aprile. Detto ciò, sarà comunque un 2 giugno importante, dedicato alla res pubblica. È qui, infatti, che gli italiani si riprenderanno – dopo un lockdown durato ben oltre le reali condizioni di tre quarti d’Italia e una fase 2 all’insegna del “caos disorganizzato” – il diritto di parola. E quello – con tutte le regole di sicurezza – alla piazza.
L’iniziativa, attesa e preparata da decine di incontri tematici con categorie, corpi sociali e semplici cittadini, l’ha lanciata ieri Giorgia Meloni. L’obiettivo? «Dare voce a tutti i cittadini italiani». Un appuntamento, a Roma ma anche in tante altre grandi e piccole piazze d’Italia, ovviamente «aperto all’apporto di tutto il centrodestra». Sarà la prima manifestazione pubblica dopo mesi di shock epidemico rispetto al quale – al netto delle misure di contenimento stabilite da Conte & co quando i buoi erano purtroppo già ampiamente scappati dal recinto – il governo giallorosso, nonostante la miriade di annunci e le risorse a debito che ha stanziato, fatica maledettamente a fornire la ricetta per la ripartenza.
«Saremo la voce dei milioni di persone a cui lo Stato ha chiesto tantissimo e ha in cambio dato quasi nulla. Sarà una giornata di libertà e orgoglio». Così la leader di Fratelli d’Italia, nel suo editoriale su Il Tempo, ha spiegato i motivi di una convocazione più che necessaria nei confronti di un Palazzo (Chigi) che si è rivelato autoreferenziale e sordo non solo alle richieste e alle proposte dell’opposizione (scorrettezza istituzionale grave in un’emergenza planetaria e dopo diversi richiami, inascoltati, all’unità da parte del capo dello Stato) ma anche – e soprattutto – agli appelli del mondo del lavoro, della piccola, media e grande impresa, del mondo dell’agricoltura, del turismo, del commercio al dettaglio. Insomma, dell’Italia dell’economia concreta.
«Gli italiani hanno voglia di rialzare la testa – scrive ancora Meloni -. Liberi e sicuri di produrre, costruire e difendere il proprio lavoro da uno Stato che ti prende i soldi, ti impedisce di lavorare e poi ti elargisce qualche piccola prebenda o concessione come se fossero un’elemosina. E per ottenerla devi comunque combattere come se fossero un’elemosina». Davanti a un atteggiamento del genere, il senso di responsabilità nazionale dimostrato dalle forze di opposizione nei riguardi dell’esecutivo non può che accompagnarsi adesso all’interlocuzione privilegiata e “sindacalizzata” con quella fetta maggioritaria della nazione che non è stata ascoltata dalle istituzioni.
Per questo motivo, esattamente come già avvenuto il giorno della proclamazione dell’ogm Conte 2, è preciso dovere di una forza popolare e sovranista quello di fornire un “palco” e uno sbocco politico alla legittima protesta. «Ci auguriamo che ciò possa essere condiviso e sostenuto anche dalle altre forze politiche del centrodestra – questo il messaggio agli alleati dalla leader di FdI -, a cui ci unisce una stessa sensibilità di fondo e una stessa idea dell’Italia, che proveremo a realizzare non appena sarà finita questa fase di “sospensione della democrazia” e gli italiani potranno scegliersi un nuovo governo».
Una, dieci, cento piazze che non potranno che essere colorate dal tricolore: la risposta ai retroscenisti “interessati” che tendono a drammatizzare la convocazione della manifestazione (richiamata in un secondo momento anche da Matteo Salvini) come un elemento per dividere ciò che invece è l’idem sentire di un destra-centro pronto a lavorare in prima persona alla fase 3. Quella che passa da una sola, precisa, formula: “Libero governo con libere elezioni”.