Il cosiddetto “Campo Largo” si conferma, ancora una volta, un miraggio più che una strategia politica. L’ennesima frenata arriva da Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, che in conferenza stampa — direttamente dalla sede del partito a Roma — ha ribadito senza troppi giri di parole: “Un’alleanza organica nel centrosinistra non è possibile.”
Una frase che pesa come un macigno sul fragile progetto di Elly Schlein, da mesi impegnata in una faticosa operazione di tessitura tra forze spesso più interessate a differenziarsi che a convergere.
Conte è stato netto: “Il Movimento ha una genuina determinazione a costruire un’alternativa di governo. Non inseguiremo ammucchiate elettorali.”
Insomma, “questo matrimonio non s’ha da fare”, per citare Manzoni. E questa volta non ci sono né i bravi, né i curati a convincerlo del contrario.
Il punto è che il “campo largo” più si allarga, più si sfalda.
I richiami all’unità si scontrano con la realtà di veti incrociati, visioni divergenti e rivalità personali. Una coalizione che dovrebbe unire PD, M5S, AVS, Azione, Italia Viva e magari qualche esperimento civico, rischia invece di disorientare l’elettorato. Non si tratta solo di sigle da mettere insieme: si tratta di storie, idee e posizionamenti profondamente diversi — e spesso incompatibili.
Il Movimento 5 Stelle, per esempio, continua a voler essere un “terzo fuochista”: né con la destra, né una succursale del PD. I suoi elettori, infatti, mal digerirebbero un’alleanza stabile con i dem, visti come troppo compromessi con l’establishment. La base grillina vuole autonomia e opposizione dura. Conte lo sa, e si adegua.
Dall’altra parte, Schlein tenta di tenere insieme i pezzi del puzzle. Ma le difficoltà sono evidenti. I suoi appelli all’unità vengono spesso accolti con freddezza. Da Renzi a Calenda, passando per Bonelli e Fratoianni, ognuno rivendica il proprio spazio. E anche laddove si tenta di costruire convergenze, si finisce col litigare su leadership, programmi o semplicemente sul “chi comanda”.
Non stupisce allora che la sinistra italiana appaia, ancora una volta, divisa e confusa. Un destino che ha radici profonde. Basti pensare alle infinite scissioni che hanno caratterizzato il secolo scorso, dal PSI in poi, fino ad arrivare alle recenti fratture nel campo progressista. Mentre il centrodestra marcia compatto, forte di un’identità condivisa, la sinistra italiana sembra costantemente in cerca di sé stessa.
I numeri parlano chiaro. Secondo l’ultimo sondaggio Demopolis:
- Fratelli d’Italia è il primo partito con il 30,2%
- Il Partito Democratico si ferma al 22,5%
- Movimento 5 Stelle al 12%
- Lega e Forza Italia restano entrambi saldi all’ 8,8%
- Alleanza Verdi e Sinistra al 6,3%
- Azione al 2,8%
- Italia Viva al 2,2%
Sommando i numeri, il centrodestra arriva al 48,8%, mentre il cosiddetto “campo largo” si ferma al 45,8%.
Una distanza non incolmabile, ma che diventa letale se non si riesce nemmeno a partire da una base comune. E il paradosso è che un’alleanza forzata, costruita solo per “fermare la destra”, potrebbe addirittura allontanare parte dell’elettorato, soprattutto quello più identitario.
Il rischio è evidente: più il campo si allarga, più perde identità. E gli elettori lo percepiscono. Non è un caso se gli italiani, stando alle rilevazioni più recenti, continuano a premiare compattezza, chiarezza e coerenza. Doti che oggi — piaccia o meno — sembrano essere incarnate dalla coalizione di centrodestra guidata da Giorgia Meloni.
Nel frattempo, nel campo progressista si continua a discutere: alleanze, candidati, programmi, poltrone. Qualcuno prova a rivestire il tutto con toni ispirazionali, ma la sostanza resta sempre la stessa: un’unità di facciata, senza una visione comune. E gli italiani, ormai, se ne sono accorti.
Conclusione? Il campo larghissimo sembra destinato a restare un’utopia. E forse, alla fine, è meglio così: meglio una sinistra plurale e distinta, che un’ammucchiata senz’anima.
Nel frattempo noi ci limitiamo ad osservare il campo largo che cola picco come il Titanic, dove a bordo, ognuno pensa solo al proprio salvagente.