La mostra del cinema di Venezia ancora non è iniziata ma già impazza la polemica. Gal Gadot e Gerard Butler non parteciperanno all’82esima edizione, al via domani sera, dopo l’appello arrivato alla Biennale da numerosi attori e registi riuniti nel collettivo Venice4Palestine. La richiesta è di ritirare l’invito ai due attori, entrambi nel cast di “The Hand of Dante” in quanto sostenitori del governo di Netanyahu. La lettera aperta firmata da oltre 1500 personalità, tra cui Marco Bellocchio, Ken Loach e Matteo Garrone solo per citarne alcuni, chiede di evitare la presenza al Lido di “qualunque artista e celebrità che sostenga pubblicamente e attivamente il genocidio. E che invece quello spazio venga messo a disposizione di una nostra delegazione che sfili sul red carpet con la bandiera palestinese”.
Il botta e risposta
Il presidente della Biennale, Pietrangelo Buttafuoco ribadisce il ruolo dell’arte: “Io apro, non chiudo. In tempo di guerra saggi e artisti devono incontrarsi e discutere”. Difatti, uno dei film più attesi in concorso è “The Voice of Hind Rajab” della regista Kaouther Ben Hania, sulla bambina di 5 anni intrappolata in un’automobile in mezzo ai parenti assassinati durante l’invasione di Gaza da parte dell’esercito israeliano nel gennaio 2024. La voce del titolo è la voce della piccola al telefono con i soccorritori che non riuscirono a salvarla. Il direttore artistico, Alberto Barbera, rispedisce al mittente la richiesta di Venice4Palestine: “Non è certamente vietando a degli artisti di partecipare a un evento che si risolvono i conflitti. Dunque nessuna censura e nessun ritiro di invito”, spiega al Tg3. Intanto il 30 agosto è prevista una grande manifestazione al Lido, tra le voci del movimento Venice4Palestine vi è Donatella Finocchiaro, interprete del film “Elisa – Io la volevo uccidere”: “In questo momento storico artisti israeliani che sostengono e finanziano il governo non possono sfilare a Venezia e ricevere applausi. É insopportabile. La mostra deve assumersi questa responsabilità. Sono gesti estremi, ma oggi necessari. Non si tratta di essere israeliani ma di sostenere attivamente il governo Netanyahu e la sua guerra. Credo che la partecipazione degli artisti italiani alla manifestazione sarà grande, come migliaia sono state le adesioni alla lettera. Basta genocidio”.
La polemica contro i due attori pro-Israele
Gal Gadot non sarà presente a Venezia, proprio per evitare che si parli più di lei che del suo film, dato che non ha mai nascosto il suo sostegno al governo di Tel Aviv. Lo scorso 17 agosto si è unita alle famiglie degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas, mettendo la priorità nei negoziati per il loro rilascio. Ex Miss Israele a 18 anni ed ex Wonder Woman, un nonno sopravvissuto ad Auschwitz, vive in Israele con la famiglia, nel 2005-2006 ha prestato il servizio militare obbligatorio divenendo istruttrice di combattimento, e nel 2014 ha posato per un servizio fotografico delle forze armate intitolato “le soldatesse più sexy del mondo”. La partecipazione di Gerard Butler è ancora in dubbio ma si va verso l’assenza. È stato uno degli artefici di una raccolta fondi a favore dell’Idf, l’esercito di Netanyahu che sta occupando la striscia di Gaza. La cena di gala a Los Angeles, insieme con Arnold Schwarzenegger, ha fruttato 60 milioni di dollari: “Ho visitato innumerevoli volte Israele amo quel Paese e non sono preoccupato da ogni forma di criticismo su un punto di vista, positivo o negativo che sia”.
L’appello pro-Pal chiude anziché aprire al dialogo, veicola l’arte come mezzo politico. Escludendo artisti israeliani o filo-Israele si rischia di compiere lo stesso errore commesso con gli artisti russi o filo-russi, trasformando il cinema in un mezzo di sabotaggio, un’arte che dovrebbe descrivere la realtà sotto tutti i punti di vista, a prescindere che ci piaccia meno.