Il comunismo sventola ancora: oltraggio a Trieste, vergogna nazionale

C’è qualcosa di profondamente inquietante nel vedere, ieri, a Trieste, le bandiere della Jugoslavia comunista sventolare per le strade. E non è solo una provocazione. È la dimostrazione che il totalitarismo comunista, seppur sconfitto dalla storia, è ancora vivo nella mente e nelle azioni di chi lo idolatra. È un insulto, un oltraggio, un pugno nello stomaco a ogni italiano che conosce la verità su ciò che accadde nel 1945.

Quaranta giorni. Dal 1° maggio al 9 giugno. Questo fu l’incubo vissuto da Trieste sotto l’occupazione jugoslava. Non una “liberazione”, come qualcuno prova ancora a farci credere, ma una violenta e sanguinaria occupazione comunista guidata dai partigiani di Tito. Un regime che ha fatto della repressione e dell’eliminazione fisica dei “nemici” il proprio marchio di fabbrica. Italiani, sloveni, croati: chiunque non si piegasse all’ideologia veniva bollato come collaborazionista e fatto sparire. Foibe. Deportazioni. Eccidi. Donne, anziani, bambini. Nessuno risparmiato. Nessuno ascoltato. Nessuno difeso.

Ed è proprio qui che si svela il paradosso della nostra epoca: se il carnefice è comunista, tutto si perdona. Nessun dibattito pubblico, nessun tribunale morale. Chi inneggia a Tito non viene chiamato revisionista, non viene escluso dai talk show, non viene processato dai giornali. Al contrario, viene spesso accolto con indulgenza, come se il totalitarismo avesse un volto “buono” solo perché tinto di rosso.

Ma il comunismo non è una variante gentile dell’autoritarismo. È un sistema totalitario, a tutti gli effetti. Ha annientato libertà, distrutto economie, imprigionato dissidenti, e ovunque sia stato applicato ha portato miseria, morte e censura. Da Stalin a Mao, da Pol Pot a Tito: il comunismo ha fatto più vittime del nazismo, ma non ha mai conosciuto la stessa condanna globale.

Perché? Perché nella nostra società esiste un’amnesia selettiva, un doppio standard vergognoso: si parla di fascismo tutti i giorni, ma si tace sul comunismo per convenienza ideologica. E così, ci troviamo a dover assistere all’oscena celebrazione di un regime che ha cercato di cancellare la nostra identità nazionale e che, grazie alla debolezza dell’Italia del dopoguerra, è riuscito a ottenere perfino un pezzo del nostro territorio col Trattato di Osimo.

Trieste non dimentica. Non lo fanno gli esuli, i figli delle foibe, le famiglie distrutte. Ma lo fa, troppo spesso, la Repubblica. E allora la domanda è: com’è possibile che in Italia sia vietato esporre un simbolo fascista ma sia permesso inneggiare al regime comunista di Tito, responsabile di un vero e proprio genocidio politico? Dov’è la coerenza? Dov’è la giustizia?

Non possiamo più accettare che si continui a coltivare l’idea che il comunismo sia stato “un’utopia tradita”. Non lo è mai stato. È stato, fin dal principio, una macchina spietata costruita per il controllo totale dell’uomo sull’uomo. È stato odio, censura, terrore. E oggi, chi lo esalta, lo fa contro la verità, contro la storia e contro l’Italia.

È ora di dire basta. Non per spirito di vendetta, ma per giustizia. Perché non può esserci vera memoria condivisa finché continueremo a tollerare il culto del totalitarismo rosso. E non ci sarà mai pace per Trieste, né dignità per la nostra nazione, finché quelle bandiere continueranno a sventolare impunite.

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Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente di marketing digitale, docente alla IATH Academy, è autore di 9 libri. È stato inviato di Vanity Fair alle elezioni USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

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