Il Cura-Italia rischia di essere solo un “cerotto”…

Il momento drammatico che sta attraversando l’Italia impone sobrietà e un freno-motore azionato pure nell’analisi e nel commento dell’azione del governo davanti a una crisi enorme come quella contro il Covid-19.

L’atteggiamento responsabile e l’attitudine a mettere avanti – a maggior ragione davanti a un calamità del genere – l’interesse generale non esclude però, anzi fortifica, una lettura attenta delle risposte dell’esecutivo ai sacrifici enormi che questo stesso sta chiedendo a tutti gli italiani.

C’era molta attesa, gonfiata pure dall’incredibile e grottesco rinvio protratto tutto il fine settimana (causato dall’incontenibile litigiosità e dai narcisismi dei partiti e dei leader che animano il Conte bis), per il decreto economico di palazzo Chigi: quello chiamato ad accompagnare l’intera nazione in questa quarantena dalle proporzioni mai viste.

All’ora di pranzo di questo lunedì, infine, è giunto finalmente il provvedimento che Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri hanno battezzato – non senza il gusto dell’azzardo – “Cura Italia”. Una misura, che vale in totale 25 miliardi «concessi» (sic) dall’Europa – e già questo la dice lunga sull’atteggiamento che i giallorossi continuano a tenere nei confronti di un’Ue tutt’altro che proattiva nei confronti del Coronavirus -, che per il premier non solo dimostra «la presenza dello Stato» ma che addirittura rappresenta a suo avviso il «“modello italiano” non solo sanitario, ma anche come strategia economica di risposta alla crisi».

Come suo solito ormai Conte non si risparmia – altro che sobrietà – quando si tratta di autoincensare la propria azione. Ma tant’è. Anche se lui stesso, stavolta, è consapevole questo decreto «che non basterà» e che sarà necessario tornare al più presto sui provvedimenti. Una chiave sulla quale è pronta a vigilare Giorgia Meloni che per prima ha commentato – con una lunga diretta Facebook – la conferenza stampa del premier. A differenza di ciò che ha salutato Conte (che ha parlato di «manovra poderosa» come si trattasse del grosso delle misure), la leader sovranista ha tenuto a mettere un paletto chiaro alla discussione: «Mi auguro che questo non sia il decreto “cura Italia” come lo ha chiamato il Governo, ma solo il decreto “cerotto-Italia”, utile a tamponare la primissima emergenza coronavirus, certo non a curarla».

Il ragionamento della presidente di Fratelli d’Italia è chiaro: «A questo decreto dovranno seguirne molti altri, serviranno molte più risorse e anche l’Europa dovrà fare la sua parte». Più coraggio, dunque, nell’interlocuzione con l’Ue e sulle risorse che l’Italia deve pretendere di poter utilizzare (a partire dai fondi che l’Italia stessa ha dato a Mes, e non certo – come si vocifera dissenatamente nei palazzi – con l’azionamento del Mes nei confronti della nostra nazione). Ma più coraggio anche in chiave interna, dato che l’attenzione del governo nei confronti di chi sta subendo il “blocco” è rivolta – e purtroppo non è una novità quando governo di sinistra emette misure sociali – a targhe alterne.

Da un lato, infatti, si continuano incredibilmente a coccolare alcune fasce, come i percettori del reddito di cittadinanza. «Il decreto Coronavirus del Governo sospende ogni obbligo ai percettori di reddito di cittadinanza come svolgere attività utili presso i Comuni – ha spiegato ancora la leder di FdI -. Ma non sarebbe stato meglio utilizzare questa numerosissima forza lavoro per la sanificazione delle città?». Dall’altro invece continua, anche sotto attacco del Covid-19, la “guerra sociale” strisciante al ceto medio.

«Chiediamo ci sia molto più rispetto per i lavoratori autonomi – ha concluso non a caso Meloni -, trattati ancora una volta da cittadini di serie B». Il riferimento è ai 5-600 euro concessi come misura una tantum, ossie come briciole, dal governo agli autonomi. Ossia a quelle partite Iva, commercianti e piccoli artigiani che rappresentano il blocco sociale maggioritario del Paese – quindi quello più esposto agli effetti collaterali economici del Coronavirus – ma che continuano invece ad essere percepiti, irresponsabilmente, come “corpo estraneo” dai governi progressisti.

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