Disinformazione, fake news: ieri, sul sito de L’Espresso, l’ennesima dimostrazione che certo giornalismo non si basa sui fatti, ma propone critiche campate in aria. “Il governo taglia le tasse soltanto agli evasori”: questo il titolo proposto per raccontare la (presunta) incoerenza di Giorgia Meloni. Ne viene fatta una descrizione abbastanza particolare: vengono prima riportate con ineccepibile minuzia citazioni, accompagnate da precisa datazione, pronunciate dall’attuale premier contro l’ingiusto aumento della tassazione negli anni di governo della sinistra, quando lei si trovava all’opposizione. Una volta salita a Palazzo Chigi, secondo L’Espresso, Giorgia Meloni “ha dovuto frenare di botto”. Ma proprio sul più bello, quando era il momento di affossare l’avversario, le parole restano sul vago, vengono usate frasi fatte e tormentoni, proprio come quello usato nel titolo: “Si è guardata bene dal riconsiderare la vera questione-chiave, ovvero l’evasione fiscale” oppure “invece di combattere a muso duro gli evasori che campano sulle spalle dei contribuenti onesti, il governo ha lanciato in questa direzione segnali tutt’altro che rassicuranti”. La narrativa va in una duplice direzione: raccontare che, contrariamente a quanto sbandierato negli anni dell’opposizione, Meloni non ha tagliato le tasse ma anzi, ha aiutato solo gli evasori. Le misure fin qui applicate non sarebbero abbastanza (“la sua sbandierata riforma – si legge – non è affatto rivoluzionaria, visto che taglia solo 20 euro al mese e non a tutti) ma sarebbero un incentivo a evadere (“chi riesce a non pagare entro cinque anni la cartella esattoriale la farà franca”).
Ma guardiamo ai fatti: tra i primi grandi atti del governo di centrodestra a guida Fratelli d’Italia ci sono stati la rimodulazione delle aliquote Irpef e il taglio del cuneo fiscale, entrambe misure previste già dalla prima Legge di Bilancio, quella di dicembre 2022, scritta in tempi record da un esecutivo in carica da circa due mesi. La rimodulazione del 2022, che ha ridotto gli scaglioni da cinque a quattro, è stata seguita da quella del 2023, quando da quattro si è passati a tre scaglioni: le prime due si sono accorpate, sicché anche i redditi da 15.000 a 28.000 euro hanno conosciuto una riduzione dell’aliquota Irpef dal 25% al 23%. Un beneficio fino a 28 mila euro all’anno. Anche il taglio del cuneo fiscale, previsto nel dicembre 2022, è stato riconfermato nell’ultima legge di Bilancio: taglio del 6% per i redditi fino a 35.000 euro e del 7% per i redditi fino a 25.000 euro.
Le due misure hanno rappresentato la parte più corposa dell’ultima finanziaria, con un valore rispettivamente di 4,1 e di 10,7 miliardi di euro. Ai quali, poi, vanno aggiunti ulteriori provvedimenti, come gli incentivi all’assunzione di alcune categorie di persone, la detassazione del lavoro femminile, l’aumento degli assegni unici, il taglio dei contributi per le madri lavoratrici. In ultimo, la riforma sulle cartelle esattoriali che, come più volte ribadito dagli esponenti del governo, non è un condono agli evasori, ma solo una norma di buonsenso, che permette a chi vuole di rientrare dal debito senza che vengano aggiunte sanzioni inutili e che resteranno ugualmente impagate.
Sono anche queste parole campate in aria? No, perché c’è ancora un dato che sorride al governo: nel 2023, l’esecutivo ha registrato un rientro record dall’evasione, che ha raggiunto la cifra complessiva di 31 miliardi. Su L’Espresso, non c’era scritto neppure questo.