Il fotografo di guerra del Reggimento “Azov”, Dmitry “Orest” Kozatsky, ex prigioniero dei russi, vince il prestigioso concorso fotografico francese Px3: in Italia esce un libro in acciaio per celebrarlo

La famosa serie di fotografie di Dmitry Kozatsky, recentemente liberato dalla prigionia russa in uno scambio di prigionieri, dei difensori ucraini della fabbrica Azovstal di Mariupol ha vinto l’oro nella categoria “Stampa/Guerra” e il secondo assoluto nella categoria “Stampa” del prestigioso concorso fotografico Px3 del 2022, tenutosi a Parigi. 

Il 20 maggio 2022 Dmitry Kozatsky, fotografo di guerra e membro del Reggimento “Azov”, poco prima di consegnarsi ai russi come ordinato ai difensori di Azovstal dal Governo ucraino, era riuscito a caricare sul suo account Twitter una ventina delle centinaia di foto da lui scattate durante i combattimenti difensivi dei reparti ucraini per la città di Mariupol prima, e per l’acciaieria di Azovstal poi, con questo ultimo messaggio al mondo:

“Beh, questo è tutto. Grazie per il rifugio, Azovstal è stato il luogo della mia morte e della mia vita. Mentre sono prigioniero vi lascio le mie foto in alta qualità, mandatele a tutti i premi giornalistici e concorsi fotografici. Sarà molto bello se vinco qualcosa, dopo essere uscito. Grazie a tutti per il vostro sostegno, ci vediamo”.

Già il 3 giugno, Kozatsky ha ricevuto il premio Polish Grand Press Photo 2022.

“Riteniamo che Dmitry riceverà personalmente questo diploma durante il concorso del prossimo anno. Lo aspetteremo vivo e vegeto”, ha detto Veronika Mirovskaya, capo della Big Press Foundation, durante la cerimonia di premiazione.

Il 2 agosto scorso, il fotografo-soldato ucraino ha potuto chiamare telefonicamente i suoi parenti dalla prigionia, comunicando alla sorella Daria Yurchenko di essere in buona salute e di trovarsi “in una prigione nel territorio occupato di Donetsk”.

Tra le diverse iniziative in molte parti del mondo per divulgare le fotografie di “Orest” e per tenere alta l’attenzione sulla sorte dei prigionieri di guerra ucraini e sul conflitto, l’editrice ITALIA Storica di Genova, specializzata in storia militare, ha appena mandato in stampa un volume fotografico con le sue fotografie, e parte del ricavato sarà donato per la riabilitazione dei feriti e mutilati ucraini. Inoltre, è già andata esaurita anche una tiratura limitata del libro, inserito in una esclusiva custodia formata da due lastre di acciaio Cor-Ten con il titolo “Azovstal” traforato.

 

Nelle parole di Andrea Lombardi, direttore di ITALIA Storica: 

 

Dopo aver pubblicato per la prima volta in Italia il libro Valhalla Express. La storia di un nazionalista, rivoluzionario e volontario ucraino nel Battaglione “Azov”, una testimonianza scomoda – sfatante numerosi miti sia degli “atlantisti” che dei “filo russi” italiani – e in presa diretta degli scontri di Maidan e dell’inizio della guerra in Donbass nel 2014, abbiamo deciso di portare all’attenzione dei nostri lettori e del pubblico italiano le eccezionali fotografie di Dmitry Kozatsky, di grandissimo valore artistico e di documentazione storica. Le fotografie, seguite in appendice da altre foto dei combattimenti e dei civili ucraini, sono accompagnate dalle trascrizioni dei comunicati del Comando dei difensori ucraini di Azovstal, delle quali ringraziamo Monica Mainardi, e di una cronologia dei combattimenti. Ricostruzione questa doverosa e necessaria perché, tra le tante imprecisioni di più o meno disinformati o disinformanti commentatori italiani filorussi o acriticamente antiamericani – una su tutte quella dei pretesi “laboratori biologici e ufficiali NATO sotto Azovstal” – questa fase del conflitto è ridotta alla sola difesa del complesso di Azovstal, mentre le aliquote del Reggimento “Azov”, la Fanteria di Marina e gli altri reparti ucraini sono riusciti a difendere prima i confini e poi la città di Mariupol per mesi, impegnando forze corazzate e di fanteria russe e milizie separatiste di gran lunga superiori in numero, impedendo all’alto comando russo il loro impiego offensivo verso ovest – come notato da molti analisti militari stranieri, che avevano dato per caduta Mariupol in numerose occasioni, per poi essere smentiti – e infliggendo al nemico alte perdite in mezzi corazzati e uomini, testimoniate da numerose fotografie e video – questo ben prima di essere costretti, ormai circondati e privi di armi pesanti, a continuare la resistenza nel complesso di Azovstal, in superficie e nei suoi tunnel, totalmente isolati se non per alcuni rischiosissimi e limitati voli di rifornimento via elicottero. Anche la resa dei superstiti e dei civili ucraini è stata oggetto di accuse tanto infamanti quanto disinformate, mentre è invece avvenuta dietro un preciso ordine superiore delle massime autorità politiche e militari ucraine, e quando ormai da un punto di vista operazionale militare il proseguire quel sacrificio di militari e civili – dopo ben tre mesi di resistenza – aveva un impatto ormai marginale sul corso delle operazioni offensive russe. Basti pensare che nella Battaglia di Berlino, la più citata a sproposito a paragone, a parte alcuni singoli casi, le unità della WehrmachtWaffen-SS assieme alle ben più numerose forze raccogliticce paramilitari della Volkssturm e Hitlerjugend, di difesa ai ministeri, uffici, installazioni militari e industriali, esaurite le possibilità di difesa e raggiunti i propri limiti di umana resistenza, una volta ricevuta notizia della morte di Hitler e della fine dei combattimenti, cercarono in massa di sfondare verso ovest per raggiungere gli Alleati, o si arresero all’Armata Rossa, al contrario della pretesa “resistenza sino all’ultimo uomo” di una certa vulgata, comprensibile sulla base di un certo immaginario, ma quantomeno discutibile dal punto di vista storico-militare. 

Nelle parole di Andrea Lombardi, direttore di ITALIA Storica:

Dopo aver pubblicato per la prima volta in Italia il libro Valhalla Express. La storia di un nazionalista, rivoluzionario e volontario ucraino nel Battaglione “Azov”, una testimonianza scomoda – sfatante numerosi miti sia degli “atlantisti” che dei “filo russi” italiani – e in presa diretta degli scontri di Maidan e dell’inizio della guerra in Donbass nel 2014, abbiamo deciso di portare all’attenzione dei nostri lettori e del pubblico italiano le eccezionali fotografie di Dmitry Kozatsky, di grandissimo valore artistico e di documentazione storica.

Le fotografie, seguite in appendice da altre foto dei combattimenti e dei civili ucraini, sono accompagnate dalle trascrizioni dei comunicati del Comando dei difensori ucraini di Azovstal, delle quali ringraziamo Monica Mainardi, e di una cronologia dei combattimenti. Ricostruzione questa doverosa e necessaria perché, tra le tante imprecisioni di più o meno disinformati o disinformanti commentatori italiani filorussi o acriticamente antiamericani – una su tutte quella dei pretesi “laboratori biologici e ufficiali NATO sotto Azovstal” – questa fase del conflitto è ridotta alla sola difesa del complesso di Azovstal, mentre le aliquote del Reggimento “Azov”, la Fanteria di Marina e gli altri reparti ucraini sono riusciti a difendere prima i confini e poi la città di Mariupol per mesi, impegnando forze corazzate e di fanteria russe e milizie separatiste di gran lunga superiori in numero, impedendo all’alto comando russo il loro impiego offensivo verso ovest – come notato da molti analisti militari stranieri, che avevano dato per caduta Mariupol in numerose occasioni, per poi essere smentiti – e infliggendo al nemico alte perdite in mezzi corazzati e uomini, testimoniate da numerose fotografie e video – questo ben prima di essere costretti, ormai circondati e privi di armi pesanti, a continuare la resistenza nel complesso di Azovstal, in superficie e nei suoi tunnel, totalmente isolati se non per alcuni rischiosissimi e limitati voli di rifornimento via elicottero.

Anche la resa dei superstiti e dei civili ucraini è stata oggetto di accuse tanto infamanti quanto disinformate, mentre è invece avvenuta dietro un preciso ordine superiore delle massime autorità politiche e militari ucraine, e quando ormai da un punto di vista operazionale militare il proseguire quel sacrificio di militari e civili – dopo ben tre mesi di resistenza – aveva un impatto ormai marginale sul corso delle operazioni offensive russe. Basti pensare che nella Battaglia di Berlino, la più citata a sproposito a paragone, a parte alcuni singoli casi, le unità della WehrmachtWaffen-SS assieme alle ben più numerose forze raccogliticce paramilitari della Volkssturm e Hitlerjugend, di difesa ai ministeri, uffici, installazioni militari e industriali, esaurite le possibilità di difesa e raggiunti i propri limiti di umana resistenza, una volta ricevuta notizia della morte di Hitler e della fine dei combattimenti, cercarono in massa di sfondare verso ovest per raggiungere gli Alleati, o si arresero all’Armata Rossa, al contrario della pretesa “resistenza sino all’ultimo uomo” di una certa vulgata, comprensibile sulla base di un certo immaginario, ma quantomeno discutibile dal punto di vista storico-militare.

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