Il Giorno del Ricordo è stato istituito con legge il 30 marzo del 2004. Il primo articolo di tale legge recita testualmente: “La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale Giorno del ricordo, al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.”
Questa giornata è stata simbolicamente scelta perché il 10 febbraio del 1947 furono firmati i trattati di pace di Parigi, che assegnavano alla allora Jugoslavia l’Istria, il Quarnaro, la città di Zara con la sua provincia e la maggior parte della Venezia Giulia, precedentemente parte dell’Italia.
78 anni dopo, il ricordo dei massacri delle foibe e dell’esodo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati è forte più che mai e merita di essere tutelato e protetto. Soprattutto dopo le recenti vicende che hanno visto l’oltraggio al sacro monumento della Foiba di Basovizza attraverso delle scritte ripugnanti.
Quelle scritte indecenti però non cancellano il valore altamente simbolico e storico di Basovizza, ma anzi portano a riflettere ancora di più su ciò che tale monumento rappresenta e continuerà a rappresentare, nonostante gli abusi e i soprusi che possono esserci stati.
Perché quella delle foibe è una storia che è rimasta troppo a lungo avvolta nell’oblio e nell’indifferenza, relegata nel buio e dimenticata. Ed ora che è finalmente tornata alla luce non può essere messa in ombra da gesti ignobili e senza senso.
La memoria dei martiri e degli esuli italiani deve essere celebrata con la dignità e l’onore che merita. “È una storia che ha sconfitto la congiura del silenzio e che nessun tentativo negazionista o giustificazionista potrà mai più nascondere o cancellare”, ha infatti sottolineato il Presidente del Consiglio in una nota ufficiale.
Il massacro delle foibe, che colpì migliaia di italiani tra il 1943 e il 1947, e che li costrinse poi ad abbandonare le proprie case, le proprie radici, le proprie famiglie, è una storia che “non appartiene a una piccola porzione di confine, o di quel che resta dell’esodo del popolo giuliano dalmata, ma è una storia che appartiene all’Italia intera”, come ribadito da Giorgia Meloni in occasione della sua visita in Friuli Venezia-Giulia dell’anno scorso. Ed è questa una verità storica che non ammette obiezioni o mistificazioni, e rende i protagonisti di questa drammatica vicenda “doppiamente italiani, per nascita e per scelta”, perché i nostri connazionali, pur di non sacrificare la propria identità, furono costretti-con dolore-ad abbandonare i propri territori.
Ecco dunque che, quasi ottanta anni dopo, la tragedia delle Foibe continua e deve continuare a rappresentare un momento di unione nazionale, capace di rinsaldare il legame di tutti gli italiani e di rivivere la storia passata, che è unica e condivisa. E non di certo alimentare la diffusione di sentimenti anti-italiani che non portano a nulla se non a gesti insignificanti e infondati.
Anche perché -seppur drammaticamente- è proprio nel dolore che spesso ci si ritrova più uniti. Ed è dunque solo ricordando, ripercorrendo tutte le pagine della nostra storia, anche quelle più amare, che la nostra Nazione può crescere e andare avanti. Con la promessa di non dimenticare, mai più.