Il Governo non cede di un millimetro su sicurezza e immigrazione

Una cosa che di sicuro non manca a Giorgia Meloni è la caparbietà. La premier ha dato prova di tenacia in tutta la sua vita e in tutta la sua carriera politica, dalle organizzazioni giovanili di destra a Palazzo Chigi, pretendendo il massimo sforzo da sé stessa in primo luogo e da collaboratori e amici di partito.

Non è nelle nostre corde sbandierare del pauperismo a buon mercato, che lasciamo  volentieri alla sinistra, con Rolex e Tesla però, ma sono note a tutti le modeste origini del Presidente del Consiglio, ben differenti da quelle, per esempio, di Elly Schlein. Quindi, una giovane militante della destra romana, senza dinastie danarose alle spalle e ispirata a idee politicamente scorrette per il solito cliché del femminismo di sinistra, che arriva a guidare la Nazione e a rappresentarla con autorevolezza nei principali consessi internazionali, deve essere parecchio risoluta, e così si è rivelata e continua a rivelarsi Giorgia Meloni. Certo, la cocciutaggine, nel senso migliore di questo termine, della premier Meloni è sorretta da un progetto politico solido, il conservatorismo di massa di Fratelli d’Italia, e da un idem sentire che unisce e convince tutte le forze politiche di centrodestra sulle quali si poggia il Governo.

La perseveranza meloniana consente a questo esecutivo di portare davvero a termine ciò che è stato indicato come fattibile in tempi brevi o medi. Non si vuole prendere in giro gli italiani, già fin troppo imbrogliati in passato, e quanto è realizzabile, lo si fa e basta, per tenere fede al mandato ricevuto dagli elettori, mentre circa le materie che richiedono più tempo, il Governo non cela la necessità di un lavoro più complesso e si impegna per una prospettiva di medio-lungo periodo. Si è ritenuto di approfittare di questo tempo per entrare nel concreto delle riforme istituzionali e costituzionali, che hanno già attraversato diversi passaggi parlamentari, come il premierato e la separazione delle carriere dei magistrati.

Si tratta di svolte positive per la Repubblica italiana che sono attese da almeno una trentina di anni o forse più perché l’esigenza di dare stabilità e governabilità alla democrazia italiana risale addirittura agli ultimi anni della Prima Repubblica così come l’urgenza di responsabilizzare l’azione della magistratura, che deve essere libera dal correntismo e da interessi politici di parte. Inoltre, si è scelto di non indugiare su due argomenti che stanno a cuore degli italiani, i quali hanno determinato con il voto la nascita del Governo Meloni affinché si battesse per essi, e che sono stati a lungo ignorati dalle precedenti classi dirigenti. Parliamo della sicurezza nazionale e della immigrazione, che nessuno vuole utopicamente cancellare con un colpo di spugna, ma che deve essere governata con il giusto rigore.

Il Decreto Sicurezza mette al riparo la Nazione da degenerazioni estremistiche, fatte di violenze gratuite verso le Forze dell’Ordine e di vandalismi di vario tipo, che possono comparire in alcuni raduni politici o parapolitici. E protegge i proprietari di immobili, non i palazzinari, per dire, ma delle comunissime persone che dispongono di una o al massimo due abitazioni sfitte, dall’abusivismo selvaggio e criminale di coloro i quali, giovani e in salute, credono sia accettabile vivere a sbafo di altri.

I centri di accoglienza in Albania, peraltro lodati dai partner europei e dalla Commissione UE, hanno sinora comportato un drastico calo degli sbarchi di migranti clandestini presso le coste italiane perché, anche solo a livello di immagine e di percezione mediatica, essi hanno presentato un’Italia diversa che non ha più intenzione di essere il ventre molle d’Europa il quale apre le porte a tutti senza minimi controlli preventivi, ma si avvale di un filtro importante che permette di accogliere chi ha requisiti e bisogni seri, e di rimandare indietro coloro i quali possono essere soltanto una minaccia alla sicurezza.

Giorgia Meloni e il resto della compagine governativa, marcando una netta discontinuità con il recente passato di questo Paese, hanno fomentato la reazione di quei poteri da sempre abituati a sguazzare in un’Italia caratterizzata dall’eterna palude e dalla mancanza di responsabilità. Una reazione portata avanti in più modi, dall’uso di sentenze giudiziarie discutibili alla stesura di relazioni che non arricchiscono il dibattito, ma lo avvelenano, che è sempre stata messa in conto dal Governo, il quale però, essendo fatto di testardaggine positiva e anteponendo le istanze degli italiani ai tentativi di sgambetto dei parrucconi, è ben deciso a non arretrare di un millimetro.

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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