Pubblichiamo, tradotto in italiano, l’articolo di Álvaro Peñas, tratto da The European Conservative.
Il Natale si è appena concluso: un periodo di amore, di fede e, naturalmente, di canti. Tra le tante canzoni classiche di Natale, ce n’è una molto popolare: il “Canto delle campane”, la cui origine è una canzone popolare ucraina chiamata “Shchédryk”. L’invasione russa ha dato a questo canto un significato che va oltre le festività natalizie e ci riporta, attraverso la sua storia ultracentenaria, alle sue origini nel corso di un’altra guerra.
Il suo autore fu il compositore Mykola Leontovych, che raccolse varie canzoni popolari per comporla nel 1916. La caduta dell’Impero russo nel 1917, dopo il ruolo disastroso delle armate dello zar nella Prima guerra mondiale e le successive rivoluzioni che sconvolsero Mosca, fornì a Leontovych e ad altri artisti impegnati nella causa nazionalista ucraina l’opportunità di scrivere manuali di musica, formare cori e aprire scuole – cose che erano state proibite dalle autorità zariste, che avevano considerato qualsiasi manifestazione culturale ucraina come un atto “separatista”. “Shchédryk” (Notte abbondante) racconta la storia di una rondine che vola sopra una casa e canta delle ricchezze che porterà la primavera. È stata rappresentata per la prima volta nel dicembre 1916 dagli studenti dell’Università di Kiev.
Due anni dopo, l’Ucraina fu impegnata in una guerra d’indipendenza, mentre infuriava la guerra civile russa tra i bianchi zaristi e i rossi bolscevichi. Le potenze occidentali appoggiarono i bianchi di fronte alla minaccia comunista, ma non sostennero gli ucraini, considerati separatisti dai bianchi. Il leader del nuovo Stato ucraino, Symon Petlyura, consapevole dell’importanza della cultura come mezzo per difendere la posizione ucraina e far conoscere il suo Paese al mondo, decise di inviare il Coro della Repubblica Ucraina (poi Coro Nazionale Ucraino) come ambasciatore a Parigi, dove le potenze vincitrici avrebbero delimitato i nuovi confini nati dalla Grande Guerra. Diretto da Alexander Koshetz, il coro lasciò Kiev il 4 febbraio 1919, il giorno prima che l’Armata Rossa entrasse nella capitale ucraina. Il viaggio non fu proprio facile in piena guerra; in diverse occasioni, i musicisti furono costretti a fare parte del viaggio a piedi e furono quasi arrestati dai cechi, che li consideravano “separatisti”. Quando finalmente arrivarono a Praga, la loro esibizione fu accolta molto bene dal pubblico ceco. Seguirono Vienna e Baden, e diverse città svizzere: Losanna, Zurigo, Ginevra, Basilea e Berna. Le esibizioni, che la stampa svizzera descrisse come il “grido di una nazione”, furono un successo, soprattutto l’esecuzione di “Shchédryk”.
Il 3 novembre 1919, nove mesi dopo la partenza dalla capitale della guerra e dopo aver incontrato innumerevoli ostacoli per entrare in territorio francese, il coro arrivò a Parigi. L’Ucraina, devastata dalla guerra e dal caos, non figurava tra i piani delle potenze vincitrici, ma il coro continuò a girare l’Europa, esibendosi in 45 città di dieci Paesi, assicurandosi che la stampa europea parlasse dell’Ucraina e della sua cultura. Nel maggio 1920, le forze polacche e ucraine riconquistarono Kiev, ma alla fine i sovietici rioccuparono la città e l’anno successivo la Repubblica Popolare Ucraina fu completamente spazzata via. La perdita del sostegno statale al coro fu sostituita da capitali privati e nel 1922 il coro arrivò a New York sotto la direzione di Max Rabinoff, un uomo d’affari ebreo di origine russa che aveva visto il coro esibirsi in cinque Paesi. Il 5 ottobre il coro si esibì alla Carnegie Hall di New York, ricevendo applausi e fiori da un pubblico entusiasta. Solo negli Stati Uniti visitarono 36 Stati e 115 città.
Si ritiene che uno dei presenti alla Carnegie Hall fosse Peter J. Wilhousky, un direttore di coro di formazione classica e amministratore della musica nelle scuole pubbliche di New York. I suoi genitori erano emigrati dal nord della Slovacchia, dalla regione di Presov, vicino al confine con l’Ucraina, e avevano insegnato ai loro figli canti e danze dell’Europa orientale. Peter stesso era stato membro del Coro dei Ragazzi della Cattedrale Russa di New York e aveva persino cantato alla Casa Bianca davanti al Presidente Woodrow Wilson. Utilizzando la musica di “Shchédryk”, Wilhousky creò un canto con un nuovo testo e un nuovo titolo. Nacque così “Carol of the Bells”, che fu poi registrato nel 1936 dalla Carl Fischer Music di New York. La nuova versione fu un grande successo, un successo di cui godettero la maggior parte dei membri del coro, che decisero di ricostruirsi una vita negli Stati Uniti, non potendo tornare in Ucraina. Purtroppo, non fu così per il suo autore, Mykola Leontovych, che era stato assassinato molti anni prima, il 23 gennaio 1921, da Afanasy Grishchenko – un uomo descritto come “agente cecista” in un documento sovietico. Grishchenko aveva chiesto a Leontovych un rifugio per la notte prima di sparargli e lasciarlo morire dissanguato.
La tragica storia di morte e di esilio che si cela dietro il “Carol of the Bells” ricorda in modo stridente ciò che accadde in Ucraina all’epoca della sua composizione. È una storia che si ripete oggi, anche se siamo lontani dai giorni della Conferenza di pace di Parigi e tutti sanno perché gli ucraini stanno combattendo. È giunto il momento che la rondine annunci l’arrivo della primavera in Ucraina, come recita il testo originale di “Shchédryk” di Leontovych.