Il Museo delle Foibe si farà: primo sì al “Museo del Ricordo’’

Il Museo dedicato alle vittime delle Foibe si farà e avrà la sua sede a Roma. Il progetto, promosso lo scorso 31 gennaio a Palazzo Chigi, dal ministro della cultura Sangiuliano e dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che si è posta come prima firmataria, vede ora la sua concretizzazione. Il disegno di legge infatti, è stato approvato ieri all’unanimità dalla Commissione Cultura in Senato, dicendo il primo si al Museo del Ricordo.

Conservare e preservare la memoria per non dimenticare gli orrori del passato, è un dovere storico verso gli esuli istriani, fiumani e dalmati che hanno subito la dittatura rossa di Tito. Il testo ora passerà alla Camera per l’ok definitivo. Sarà gestito dalla Fondazione Museo del Ricordo, un ente costituito dal ministero della Cultura.

“Il voto odierno in sede deliberante della commissione Cultura del Senato è un primo, importante passo verso l’istituzione del Museo del Ricordo, che nascerà a Roma e che sarà dedicato alla memoria dei martiri italiani delle foibe massacrati dalla cieca violenza comunista titina. Una tragedia a cui è seguito l’esodo dalle loro terre di istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra. Ringrazio i senatori componenti la commissione per l’esame del testo, approvato il 31 gennaio in Consiglio dei Ministri su proposta del presidente Giorgia Meloni e del sottoscritto, auspicando che in commissione Cultura della Camera, chiamata ora a esaminarlo, i lavori siano altrettanto rapidi”. Ha commentato il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.

Fondamentale che venga istituito un luogo che sia simbolo di ricordi volutamente cancellati, facendo riemergere la storia degli italiani dell’Istria, di Fiume, dei dalmati e della più complessa vicenda del confine orientale italiano fino alla dittatura comunista di Tito che li riguardò nel Secondo Dopoguerra.

“Ora è importante che diventi luogo di visita da parte delle scolaresche per tenere vive pagine di storia per troppo tempo strappate dalla nostra memoria. Bisogna ricordare gli esuli e le vittime della ferocia dei comunisti titini. Auspichiamo che anche alla Camera l’iter di questo provvedimento sia veloce” ha commentato il sottosegretario all’istruzione ed al merito, Paola Frassinetti.

La fondazione che si occuperà della gestione del museo

Il patrimonio della Fondazione è costituito da apporti del Ministero della Cultura, incrementato da ulteriori apporti dello Stato, nonché dalle risorse provenienti da soggetti pubblici e privati. Sarà il ministro della Cultura, con un proprio decreto, ad approvare gli schemi di atto costitutivo e di statuto della Fondazione che sarà sottoposta alla vigilanza del Collegio Romano secondo le modalità previste dalla normativa vigente e sarà svolta nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Al comitato scientifico che indirizzerà il museo, parteciperanno anche le associazioni che si occupano della memoria e degli esuli.

Grande soddisfazione è stata espressa da Silvano Olmi, presidente del Comitato 10 Febbraio, in un comunicato: “Auspichiamo che nel Museo si trovino appositi spazi per commemorare anche croati, sloveni, serbi e montenegrini che furono anch’essi vittime dei criminali progetti del dittatore comunista Tito”.

Dopo il giorno del ricordo, un luogo fisico per la memoria

Dopo l’istituzione del giorno del ricordo, che si celebra ogni 10 febbraio, ricorrenza fortemente voluta dal governo Meloni come primo passo per ricordare le vittime delle Foibe, arriverà anche un luogo fisico. Il Museo del ricordo,  avrà sede nella Capitale, esattamente come quello della Shoah, per rimarcare la valenza nazionale di quella tragedia.

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Veronica Passaretti
Veronica Passaretti
Sono nata il 1/01/2000, esattamente la prima nata del millennio. Da sempre innamorata della politica, tanto da iniziare la militanza in Gioventù Nazionale a 15 anni. Irrimediabilmente affascinata dai valori che il Tricolore rappresenta. ‘’Usque ad finem’’ non è solo il mio motto, ma uno stile di vita. Amante del vino rosso, simbolo di passione, cultura, storia e tradizioni italiane. Istinto, tenacia e una buona dose di testardaggine a completarmi.

2 Commenti

  1. Era ora che venisse realizzato anche uno spazio dedicato alle vicende di Istria, Fiume e Dalmazia e alla memoria di ciò che dovettero passare le genti di quelle zone per mano di Tito spalleggiato dagli stalinisti e aiutato dal lassismo soprattutto britannico.

    Però occorre fare una riflessione per considerare le cose da un punto di vista equo e conforme alle particolarità storica e etnica di quei territori.
    Partendo dalla mia visione delle cose prettamente di destra, il museo dovrebbe avere anche il compito di far conoscere la verità e non di usare le metodologie tanto care alla sinistra e ai loro nuovi compari del centro liberal-democratico, metodologie usate dal 1945 ad oggi per dare una versione dei fatti a loro uso e consumo e che hanno un solo scopo: Riscrivere la Storia!!!!

    Questo è il rischio che si corre quando si continua a battere il chiodo della presunta italianità di quelle zone e genti.

    Premessa: è un dato di fatto che possa esistere una italianità culturale nella nostra penisola creatasi nel novero più ampio dell’eredità linguistica e storica latina, vedi anche Spagna, Francia e Portogallo.
    Invece dal punto di vista razziale è improbabile definire l’italianità in una nazione che negli ultimi 1600 anni a visto succedersi tante popolazioni e dominazioni dai 4 punti cardinali.
    Io stesso per esempio sono da parte di madre di origine norvegese o meglio, norrena,, ma ciò non mi autorizza allora a dire che sono pure di razza ariana e ad insinuare presunte superiorità genetiche.
    Ed lo sbaglio che il fa quando ci si incaponisce a dire che esiste una biosfera italiana e comprende a forza pure Istria, Fiume e Dalmazia.
    Non è così.

    Amministrativamente hanno fatto parte del Regno d’Italia solamente dal 1918 al 1943.
    Dal 1943 al 1945 erano passate sotto controllo diretto del Reich Tedesco.
    Prima del 1918 erano parte integrante dell’Impero Austro Ungarico ed erano derivate dalla metà dei domini degli Asburgo che integravano il Regno di Ungheria, a differenza di Trieste e Venezia Giulia che erano nella parte del Regno di Austria e Sacro Romano Impero Germanico (Trieste era città e porto imperiale).

    La maggioranza della popolazione era costituita dai discendenti delle genti slave che si sono insediate a seguito degli eventi del crollo dell’ Impero Romano di Occidente, del passaggio delle popolazioni germaniche e la contesa tra loro e i Bizantini, eventi che hanno generato un vuoto demografico poi colmato dalle future genti di Croazia e Slovenia.
    Dal 1500 in avanti in quelle zone sono immigrate componenti austriache, tedesche, ungheresi, rutene e rumene assieme agli italiani dal Venezia nel periodo dell’espansione commerciale della Serenissima, dal Triveneto nel periodo asburgico e da altre parti di Italia nel ventennio fascista.
    Comunque non è mai esistita una prevalenza demografica e culturale italiana. Lo è stata di carattere amministrativo solo durante il ventennio, dove purtroppo c’è stato da parte del regime fascista un marcato ostracismo e un tentativo di apartheid nei confronti delle popolazioni slave.
    Per contro gli Asburgo non hanno mai oppresso nessuna etnia, anzi hanno sempre facilitato l’esistenza di tutte esse, fermo restando che era ovvio dovessero essere fedeli all’Impero Austroungarico, cosa che conveniva a tutti, italiani compresi, dato il livello di benessere.

    Una cosa non viene mai detta: Tito era Istriano, dell’isola di Brioni.
    Assieme alle sue idee comuniste e staliniste di comodo, il suo odio per l’Italia era mosso proprio dal fatto che la sua famiglia era scappata perché non accettava la fine degli Asburgo e soprattutto la politica antislava di Mussolini.

    Come vedete, odio genera odio.

    Sotto l’Austria c’era la pace, ma poi ci furono gli Hamas e Hezbollah della situazione, cioè gli Irredentisti italiani, gli Ustascia croati, i cetnici serbi fino ad arrivare ai comunisti di Tito, e scoppiò guerra di morte.

    Il paradosso e che gli unici che si opposero a tutto ciò ma a modo loro, furono i Tedeschi tra il 1943 e il 1945.

    Museo si ma con la verità dei fatti.
    Per rispetto dei tanti Posovic, Marincic, Crevatin, Hacker, Scroffenercher, Tomicic, Loik, Pasa, Stuparic, Messinger, Strukelj, Burul, etc., etc, che fuggirono in Italia non per amore di un tricolore ma per pura sopravvivenza, paura di essere massacrati e per non voler vivere sotto il regime comunista e ateo, anche se il suo capo era un loro conterraneo: Tito.

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