La bufera nata dal palco dell’Ariston dopo le richieste di “cessate il fuoco” di alcuni artisti è trascesa nella violenza, in uno scontro tra polizia e manifestanti pro-Palestina all’esterno degli studi Rai di Napoli. Ricostruendo in breve i fatti: durante il Festival di Sanremo, diversi artisti avevano lanciato dal palco l’appello “stop al genocidio”. Una frase che aveva indignato l’ambasciatore israeliano e alla quale era seguita la risposta dell’amministratore delegato della Rai Roberto Sergio, che con una lettera inviata a Domenica In aveva ricordato le vittime ebree del 7 ottobre scorso. Alle parole dell’ad è seguita l’indignazione della sinistra, con l’organizzazione di una manifestazione a Napoli davanti agli studi Rai da parte di Potere al Popolo, centri sociali e Cobas. Protesta conclusasi nella violenza, dopo che, stando ai racconti, i manifestanti avrebbero spinto i poliziotti per arrivare ai cancelli dell’edificio, alcuni di loro nel tentativo di forzarli e scavalcarli, mentre un fotografo del Mattino sarebbe stato colpito per aver immortalato le violenze dei manifestanti. Il bilancio: dodici feriti, tra cui cinque agenti di Polizia.
Alla condanna di Fratelli d’Italia per le violenze e alla solidarietà espressa ai lavoratori e ai vertici Rai, non sono seguite invece dalla sinistra prese di posizione e di distanza dalla protesta. Persino Conte, leader dei Cinque Stelle, è riuscito a esprimere solidarietà a Roberto Sergio, riconoscendo che certe forme di protesta vanno oltre il limite della critica: “Credo – ha spiegato – che ci sia un clima, adesso, di attacchi personali, anche forse di minacce nei confronti dell’amministratore delegato. Questo mi sembra che sia trascendere il confronto di critica legittima”. Le accuse dei Cinque Stelle si sono inasprite verso il Partito Democratico quando dal Nazareno sono arrivate altre critiche, come quella di Andrea Orlando che ha definito Sergio “indifendibile”: “Ennesimo escamotage per attaccare Conte”, fanno sapere i grillini.
Insomma, indipendentemente dal merito della protesta, anche quelli che sulla carta dovrebbero essere i più stretti alleati dei dem sono riusciti a prendere le distanze dalle violenze dei facinorosi contro le forze dell’ordine e contro una delle più importanti sedi del Servizio Pubblico in Italia. La strategia del PD è dunque chiara: restare in silenzio ogniqualvolta la violenza proviene da sinistra. È successo nel caso del centro sociale “legalizzato” a Torino dal sindaco dem; è successo dopo i continui attacchi al Giorno del Ricordo; è successo ancora una volta in quest’ultima occasione: lasciato solo anche dai partiti ideologicamente vicini, il PD strizza l’occhio a organizzazioni sempre più a sinistra, nel tentativo ultimo di accaparrarsi il loro consenso.