In un momento di crisi geopolitica senza precedenti, la voce di Reza Pahlavi, erede della dinastia Pahlavi e guida dell’opposizione iraniana, è un simbolo di speranza. Il suo post su X del 13 giugno 2025 è un appello al popolo iraniano, alle forze armate e alla comunità internazionale. L’attivazione di Starlink da parte di Elon Musk, accolta da Pahlavi con un «Grazie, Elon», rompe la censura del regime, rafforzando la resistenza. «Iran è vostro e tocca a voi riprenderlo. Sono con voi. Restate forti e vinceremo», scrive, proponendosi come leader per una transizione democratica post-regime, con un referendum sulla forma di governo.
Pahlavi, formatosi in 46 anni di esilio negli USA, unisce il suo passato di Principe ereditario a una visione laica e costituzionale, pronta a scongiurare il caos e preservare l’unità nazionale. In Italia, l’Associazione Italia-Iran, guidata da Mariofilippo Brambilla di Carpiano, si distingue come alleato chiave. Con una manifestazione prevista per sabato 21 giugno 2025, alle 18:00, davanti al consolato iraniano in via Monte Rosa 81 a Milano, per un Iran finalmente libero dalla dittatura degli ayatollah, l’associazione mobilita la comunità per sostenere Pahlavi e isolare il regime.
Lo abbiamo intervistato in esclusiva per La Voce del Patriota.
Qual è la sua analisi dell’attuale escalation tra Iran e Israele, e come vede il ruolo di Reza Pahlavi in questo scenario?
Le crescenti tensioni tra Iran e Israele riflettono la complessità geopolitica della regione. Dal secondo dopoguerra il Medio Oriente è una polveriera che si è riaccesa con maggiore intensità dopo la rivoluzione iraniana del 1979 e la conseguente irruzione del fondamentalismo islamico, inteso come corrente teoretica che propugna il ritorno all’Islam integrale delle origini. La continuazione della storia è nota. Nell’area si sono creati equilibri violentemente contrapposti. Da una parte Israele potenza nucleare, dall’altra l’asse delle petro-monarchie arabe sunnite e al centro l’Iran sciita e rivoluzionario a vocazione destabilizzatrice. Nello scenario attuale, il Principe Reza Pahlavi è la figura di spicco dell’autentica opposizione iraniana in esilio, nazionale, laica e costituzionale. È come se molti destini si fondessero in una sola esistenza. Fin da giovanissimo, al tempo della monarchia di suo padre, ha servito come Principe ereditario. Nei quarantasei anni successivi, trascorsi in esilio negli USA, si è formato come leader politico, riuscendo a rimanere tenacemente sulla scena come principale oppositore del regime degli ayatollah. Cultura di governo e visione del futuro lo hanno portato ad agire più come un costruttore di coalizioni che come un pretendente al trono, deciso a traghettare il suo popolo verso la democrazia parlamentare. Al momento del collasso della Repubblica islamica, la sua missione sarà quella di scongiurare il vuoto di potere (che nel caso dell’Iran specialmente porterebbe a conseguenze catastrofiche) e di gestire con forza tranquilla la transizione verso la democrazia, preservando l’unità nazionale da caos e spinte centrifughe. La fase che segue è quella dell’apertura di una fase costituente che porti gli iraniani a poter scegliere in sicurezza e libertà la futura forma di governo tramite un referendum.
Come sta reagendo la comunità iraniana in Italia agli appelli di Pahlavi e all’attivazione di Starlink? Ci sono divisioni o un consenso emergente?
La comunità iraniana in Italia, come altre comunità iraniane sparse nel mondo, ha diverse opinioni politiche. Ci sono monarchici, repubblicani, alcune componenti della sinistra, diverse e divise tra loro. Ma la sintesi maggioritaria che via via va sempre di più formandosi è attorno al termine «Pahlavista», ovvero l’ombrello sotto cui possono ritrovarsi tutti coloro i quali sostengono Pahlavi come leader, perché si riconoscono nella sua agenda di governo, al di là delle loro inclinazioni politiche d’origine. L’attivazione di Starlink, in una situazione in cui la Repubblica Islamica interrompe sempre più spesso internet, può essere considerata un «aiuto miracoloso» agli oppositori. Questo aiuta il popolo iraniano a rimanere connesso con la comunità globale, a far sentire la propria voce e ad avere accesso libero alle notizie. Tale strumento può offrire un’opportunità per la libertà di espressione, ma allo stesso tempo comporta rischi come l’identificazione degli utenti e l’abuso della piattaforma per la diffusione di notizie false.
L’Italia può giocare un ruolo di mediazione in questa crisi, considerando i suoi storici legami con l’Iran? Se sì, come?
L’Italia vanta da oltre centossessant’anni una storica relazione con l’Iran contemporaneo. Se a questo vogliamo aggiungere le relazioni culturali, allora si fa un balzo di almeno tre millenni, quando l’Impero persiano, quello di Roma e la Grecia antica illuminavano da soli il resto del mondo. Tornando al punto, questa mediazione – secondo la nostra visione – dovrebbe mirare a porre fine all’attuale governo e trasferire il potere al popolo. La Repubblica Islamica si trova attualmente in una situazione molto fragile e molti la vedono sull’orlo del collasso. In questa situazione, l’Italia può usare la sua influenza diplomatica per far capire alla Repubblica Islamica che il tempo è scaduto e che deve trasferire il potere a un governo nazionale derivante dalla volontà popolare.
L’attivazione di Starlink in Iran rappresenta un’opportunità per la libertà di espressione o un rischio di ulteriore destabilizzazione? Quali sono le implicazioni per la società iraniana?
L’attivazione di Starlink in Iran rappresenta un’opportunità unica per la libertà di espressione e l’accesso all’informazione per il popolo. Questa tecnologia può consentire alle persone di rimanere connesse alla comunità globale e di far sentire la propria voce al mondo. Inoltre, l’accesso libero a notizie e informazioni aggiornate è vitale per le persone che sono sotto la più severa censura, e Starlink può fornire questo accesso. Tuttavia, questa opportunità non è priva di rischi. La Repubblica Islamica potrebbe tentare di identificare e reprimere gli utenti di Starlink attraverso vari metodi.
Come può l’Associazione Italia-Iran contribuire a mantenere un ponte tra le due nazioni in un momento di così alta tensione?
L’Associazione Italia-Iran, con i suoi membri iraniani e italiani, e attraverso l’organizzazione di incontri e scambi di idee, funge da ponte di comunicazione tra le due nazioni in queste circostanze delicate. Oltre a garantire uno spazio politico agli esuli iraniani nel nostro Paese e a metterli in relazione con le istituzioni, questa associazione fornisce un’immagine reale e aggiornata della situazione in Iran, aiuta gli italiani ad essere informati per comprendere meglio gli eventi e prevenire la formazione di percezioni errate. Inoltre, l’associazione può, se necessario, offrire consulenze preziose alle autorità italiane. Tra i punti chiave c’è quello di fare pressione sull’Europa e sull’Italia affinché cambino approccio diplomatico nei confronti del regime della Repubblica Islamica. Noi dell’Associazione Italia-Iran pensiamo all’amicizia e alla cooperazione a lungo termine tra le due nazioni e abbiamo prospettive luminose per il futuro delle relazioni politiche, economiche, culturali e sociali tra Iran e Italia, dopo l’instaurazione di un sistema aperto in Iran. Questa associazione, in questo momento, è utile a fornire un’immagine reale e chiara dell’Iran alla parte italiana.
Vuole lanciare un appello al Presidente Meloni e alle forze politiche italiane?
Al governo e al Parlamento italiani vorrei chiedere una maggiore attenzione per aiutare il popolo persiano e i suoi leader a giungere alla transizione dell’Iran verso un governo democratico e una società aperta. Aprire un canale di interlocuzione con il Principe Reza Pahlavi, per conoscere i suoi piani per la gestione della transizione dell’Iran del dopo regime, fornirebbe all’Italia elementi nuovi per affrontare meglio gli sviluppi della crisi mediorientale. La Repubblica Islamica è un regime pericoloso per tutti, che sta affondando e che va isolato sempre di più sul piano internazionale. Una delle principali preoccupazioni del popolo iraniano è la disintegrazione del Paese. In queste circostanze, sarebbe molto positivo che l’Italia, per mostrare il suo impegno per l’integrità territoriale dell’Iran, evitasse la cooperazione e la comunicazione con forze e politiche iraniane che portano quel Paese alla disintegrazione e al rischio di una guerra civile. Dopo la possibile caduta del regime degli ayatollah, l’Italia, per avere una relazione costruttiva in futuro con l’Iran, potrebbe aiutare diplomaticamente il popolo iraniano ad avviare quella fase costituente che sarà alla base del rinascimento persiano.