Il protagonismo malato di Macron

C’era una volta la Francia, una Nazione europea molto legata ad un sentimento di grandeur e di orgoglio nazionale, e in effetti la Republique è stata guidata, se pensiamo solo al passato più recente, da uomini del calibro di Charles de Gaulle, Georges Pompidou, Valery Giscard d’Estaing e Francois Mitterrand, un socialista lontano, naturalmente, dal pensiero conservatore, ma dotato senza dubbio di carisma. Però, la grandeur si è piano piano affievolita con gli ultimi quattro presidenti, sia di centrodestra che di centrosinistra o sinistra: i gollisti Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy, il socialista Francois Hollande e il centrista lib-lab Emmanuel Macron, l’attuale Capo di Stato d’oltralpe.

Chirac provò a rilanciare una leadership francese in funzione anti-americana senza avere tuttavia la stessa stoffa del Generale de Gaulle. Sarkozy, prima delle vicissitudini giudiziarie venute poi alla luce, non fece altro che servire la Germania di Angela Merkel nel famigerato asse franco-tedesco, e la sua intera azione presidenziale fu così errata e miope da ridurre i gollisti, oggi presenti nell’arena politica con la denominazione Les Republicains e un tempo i principali capofila dell’alternativa di centrodestra ai socialisti, ai minimi termini. Hollande è stato un grigio burocrate socialista senza colpe e meriti. Infine, è arrivato colui che si trova tuttora alloggiato all’Eliseo, Emmanuel Macron. Eletto presidente a nemmeno quarant’anni di età, è stato subito definito l’enfant prodige della politica francese e parecchio incensato, in Patria e fuori. E’ sembrato all’inizio una cosa nuova, emersa fra i soliti gollisti e i soliti socialisti, ma il suo si è rivelato essere soltanto un centrismo spurio, rivolto più a sinistra che a destra e difensore di un’idea di Europa che ha già mostrato ampiamente tutti i propri limiti. L’Europa quale gigante burocratico ed oppressivo verso gli abitanti del Vecchio Continente, e nano politico-militare davanti ai grandi blocchi geopolitici del mondo. L’Europa dei pochi, mai passati attraverso il giudizio elettorale, che decidono per tanti e preferiscono formare governi e classi dirigenti con manovre di Palazzo. Non a caso, Macron ha usato l’intrigo per deformare i risultati delle elezioni sia in Francia che in Europa e ricordiamo i suoi giochi per fare passare dal primo al terzo posto il Rassemblement National di Marine Le Pen e Jordan Bardella alle Legislative francesi dell’anno scorso. Inoltre, non è possibile scordare il gran daffare macroniano utilizzato per rieleggere Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione UE con una coalizione, PPE a parte, di sconfitti. Socialisti e Verdi, oltre proprio allo schieramento dell’inquilino dell’Eliseo, rammentiamo, hanno perso le ultime elezioni europee.

Emmanuel Macron, con la fissa ideologica di fermare a tutti i costi l’avanzata elettorale di Marine Le Pen, ha prima spalancato portoni per l’estrema sinistra di Jean-Luc Melenchon, uno che chiude i comizi con il pugno chiuso, alla faccia della moderazione centrista, e poi consegnato la Francia a mesi di caos politico. La popolarità del presidente è scesa a picco almeno dall’anno scorso e non è più risalita. Il diretto interessato sa bene di avere smarrito qualsiasi tipo di feeling con il suo popolo, che non vede l’ora che finisca il mandato presidenziale dell’ormai ex enfant prodige, e cerca, senza riuscirci granché, di disegnarsi addosso una specie di leadership internazionale indipendente, non solo dagli Stati Uniti, ma pure dalla linea di molti partner europei, tuttavia, si tratta solo di protagonismo malato, che rappresenta un ultimo e disperato tentativo volto a celare guai e impopolarità in casa. In merito alla guerra in Ucraina, cercando di approfittare delle prime tensioni sorte fra Volodymyr Zelensky e Donald Trump, appena giunto alla Casa Bianca, poi risoltesi grazie anche all’impegno diplomatico dell’Italia di Giorgia Meloni, ha provato a costituire un fronte europeo pro-Kiev staccato da USA e NATO con fughe in avanti tipo quella dell’esercito comune UE, (senza uno Stato federale non vi può essere esercito), alle quali può credere solo Elly Schlein.

Grazie al buonsenso del Regno Unito, della Germania di Friedrich Merz e, ovviamente, della premier Meloni, è avvenuto dopo l’avvicinamento dei cosiddetti Volenterosi con l’Amministrazione Trump, e le fantasie macroniane sono rimaste tali. Per uscire di nuovo dall’ombra, e per raccattare voti, of course, presso la grande comunità musulmana presente in Francia, Emmanuel Macron ritiene urgente riconoscere all’ONU lo Stato di Palestina. Si tratta di un’idea dannosa e pericolosa soprattutto in questo preciso frangente in cui la guerra a Gaza è ancora in corso, Hamas inquina tuttora la Striscia con la propria presenza e tiene in mano ostaggi israeliani, i negoziati a Doha sono falliti per volere dei terroristi, e si potrà parlare di Stato palestinese solo quando vi sarà la certezza della eliminazione di ogni minaccia integralista per la sicurezza di Israele. Riconoscere adesso la Palestina significa fare un grosso regalo ad Hamas, ma queste sono sottigliezze che non interessano ad un Emmanuel Macron bisognoso di farsi largo nel mondo. Per fortuna che conta poco, come ha affermato Donald Trump, sotterrando a livello politico l’inquieto presidente d’oltralpe. 

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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