Il Senatore M5S e il contributo di 600 euro per i “morti di fame”.

E niente, non ce la fanno a tacere, ad avere un minimo di senso del pudore. Non ce la fanno perché quello che hanno ottenuto nella vita, evidentemente, è stato frutto del caso.

Emanuele Dessì, detto Lele, sul suo profilo facebook si produce in uno dei commenti più insulsi e sconsiderati dall’inizio dell’epidemia. Con riferimento alle richieste del bonus di 600 euro presentate dai professionisti, in particolare con riferimento alle domande presentate dagli avvocati, dagli ingegneri e dai commercialisti, testualmente dice “solo oggi ho scoperto che ho fatto bene a non studiare da ragazzo. Invece di stare addosso ai libri mi sono divertito ed ho girato un po’ il mondo. Tanto mi pare di capire che sarei stato in ogni caso un morto di fame”.

Prima di commentare come si conviene questo scempio, occorre fare una panoramica, a volo d’uccello, sull’inquietante personaggio in questione.
Lele Dessì, che in alcuni gruppi social molto in voga verrebbe denominato “il miracolato del giorno”, è un uomo che oltre ad essere stato baciato dalla sorte delle “parlamentarie”, che ne hanno decretato il posto utile in lista a divenire Senatore della Repubblica, è stato baciato una seconda volta dalla clemenza della Corte Grillina, che in fatto di “Honestà” evidentemente ha il guanto di velluto per i suoi ed il pugno di ferro per gli antagonisti.

Il suo CV lo dava uomo della Lombardi, forte nell’area sud della Capitale. Noto alle cronache per aver ballato e canticchiato con un esponente del clan Spada, ad Ostia, documentando il tutto in un filmato indecente. Pizzicato dalla platea degli osservatori politici e in particolare del PD, all’epoca fieri oppositori del compagno attuale di Governo, ha poi rinnegato il compagno di ballo, sminuendo l’accaduto.

E’ poi transitato per lo scandalo della sua casa popolare, pagata 7 euro al mese. Sempre rintuzzato dagli avversari politici (PD in prima fila), la sua risposta ebbe del paradossale, affermò infatti che la colpa non sarebbe stata la sua, che avrebbe pagato anche fino a 200 euro al mese (non vogliamo infierire raccontando le cifre su cui si aggirano le locazioni abitative su Roma), ma che l’affitto così basso sarebbe stato determinato dal bilancio disastroso della sua società e che non gli sarebbe stata accordata alcuna maggiorazione del canone, seppur richiesta: “Forse non sono un bravo imprenditore se la mia impresa va male, ma non vuol dire che non posso essere un Senatore”, disse testualmente.

Ebbene, su questo ed altro partirono farlocche inchieste da parte del Movimento, concluse con un’assoluzione con formula piena a mezzo stampa da parte del buon Toninelli.

Questa storia politica ed istituzionale, già abbastanza imbarazzante di suo, è stata condita dal messaggio improprio, irriverente e sguaiato di oggi.

Cos’è che rende perplesso il Senatore? Il fatto che i professionisti si siano risolti a chiedere l’aiuto una tantum alla propria Cassa di previdenza? Che siano in tanti ad averlo fatto? Il Senatore, miracolato non ha forse avuto percezione del fatto che l’Italia è in lockdown da oltre un mese e che l’economia è totalmente al collasso?

Eppure è nella pattuglia di un partito di Governo che dovrebbe pensare a cosa fare per risollevare le sorti del tessuto economico e sociale di una Nazione ormai distrutta. Dovrebbe conoscere il Senatore il livello insopportabile di tassazione a cui sono sottoposti i liberi professionisti e quanto contribuiscono in termini economici e di know how alla crescita del Paese. Dovrebbe sapere quanto è ridicolo in termini assoluti il riconoscimento di 600 euro rispetto alle necessità mensili di un avvocato o di un commercialista, ma che questo mese se occorre continuare a pagare affitti (che di certo non sono pari al suo: ben 7 euro al mese), tasse, bollette e dipendenti, c’è poco da fare gli schizzinosi, perché oltre alle spese, in molti casi, a casa ci sono anche dei figli che aspettano al cena.

Ebbene, questi professionisti che il Senatore inaccettabilmente chiama “morti di fame” hanno studiato una vita e non hanno avuto il tempo di gironzolare sfaccendati per il mondo in attesa di un click su una piattaforma che gli avrebbe cambiato la vita. I professionisti sono uomini e donne che hanno sudato sui libri, si sono formati nelle migliori università, si sono abilitati, hanno aperto posizioni contributive e si sono confrontati col mercato, mettendo al centro le proprie capacità ed oggi contribuiscono pesantemente anche allo stipendio da Senatore che il Sig. Dessì, senza alcun merito percepisce.

E dunque in tutto questo Governo cosa fa? Umilia la categoria, riconoscendo tardivamente un obolo di carità pelosa, poi la deride per bocca di un proprio Senatore e infine la abbandona, esposta al pubblico ludibrio, dopo averla spremuta fino all’osso. In questo ci si fa un’ultima amara domanda: anche il PD, che tanto faceva le pulci al Senatore quando si trovava agli antipodi politici affaccendato a sostenere un’altra maggioranza, oggi che ci va a braccetto, non ha nulla da eccepire? I professionisti possono essere definiti morti di fame? Ebbene, meglio morti di fame che venduti per un piatto di lenticchie.

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