Il successo di Piazza del Popolo.

Una prova di piazza che in piazza del Popolo, a destra, assume un significato in più.

Per di più per la prima volta lì da “soli” – ossia come Fratelli d’Italia – peraltro come primo partito a confrontarsi con una manifestazione di ampia portata dalla fine del secondo lockdown.

Il risultato? Un successo – ben diecimila partecipanti – che ha galvanizzato l’ambiente («Siamo forse rimasti gli unici a riuscire o a voler organizzare manifestazioni di questa portata»), confermato il trend nazionale dei sondaggi (difficile che qualche altro partito possa “sfidare” da solo una location del genere) e soprattutto tirato la volata ad Enrico Michetti, il candidato sindaco del centrodestra a Roma fortemente voluto da FdI e avanti in tutti i sondaggi.

A fine giornata è più che soddisfatta Giorgia Meloni per il sabato romano che ha restituito alla campagna elettorale per le Amministrative una dimostrazione di vitalità politica che lascia ben presagire sugli sviluppi delle urne il 3-4 ottobre.

Anche se il pensiero va già oltre: «Se tanta gente prende una bandiera e viene a sventolarla in piazza è perché si può essere orgogliosi di farlo», ha spiegato la leader dal palco. «Voi potete dire con orgoglio “sono di Fratelli di Italia”. Pensate a quei poverini che devono dire sono del Pd o sono dei Cinque stelle: pure Letta si è candidato a Siena senza simbolo, se ne vergogna pure lui e lo capisco. A Siena hanno trasformato una banca in un bancomat del partito…».

Con queste parole il capo dell’opposizione ha preso la parola presentando «l’Italia del riscatto», come recita il titolo della manifestazione.

Una staffetta che ha ripercorso idealmente le tappe di questa ultima stagione: i parlamentari di FdI presenti in piazza, i governatori espressione del partito (Acquaroli e Marsilio), tutti questi insieme alla leader – e ai diecimila che hanno sfidato il caldo torrido – a sostegno della sfida più importante di queste Amministrative, Roma.

L’appuntamento clou della tornata di ottobre che per Giorgia Meloni va affrontato con le stesse categorie del confronto per il governo: di fatto ne rappresenta una tappa fondamentale di avvicinamento.

Il motivo è semplice: si tratta di una città che non è solo una città. La leader l’ha indicata per quello che è: la capitale d’Italia, della cristianità, del Mediterraneo.

Un crocevia che necessità una rigenerazione amministrativa dopo cinque anni di devastante nichilismo grillino e da un decennio di abbandono politico targati Pd (sia in Regione che al governo nazionale: si pensi solo alla mancata riforma su Roma Capitale). Per tutto ciò «i romani dovrebbero votare Michetti: perché a Roma servono visione ma anche capacita di realizzarla.

È una macchina complessa che va guidata da una persona che sa come farla marciare». Un mr. Wolf, come si è detto spesso, «un professionista che i sindaci chiamano per risolvere i problemi». Ieri i sindaci, oggi i cittadini.

Proprio ciò che gli avversari faticano ad accettare, producendo attacchi scomposti e sospetti nei confronti dell’esperto amministrativista: «Il fatto che ogni giorno Raggi, Gualtieri e Calenda facciano comunella contro Michetti è una pagliacciata», ha attaccato l’ex ministro della Gioventù. Altro che tre candidati diversi: «Sappiatelo che tanto poi tornano sempre insieme e se votate la Raggi votate anche per Gualtieri».

Chi non si scompone, allora, è proprio la Meloni: «Lui (Michetti, ndr) sta con la gente, perché ha un gap, cioè è meno noto rispetto agli altri e per me fa bene a stare con i cittadini invece che in tre-quattro sala a dibattere con gli avversari». Si tratta di un gap assolutamente controllato. Anzi rivendicato dall’ex ministro: «Potevano scegliere una persona diversa, più famosa. Ma noi non volevamo un buon candidato ma un ottimo sindaco».

Con questo sigillo Giorgia Meloni è pronta a sostenere Michetti (ma lo stesso vale per tutti gli altri indicati dalla coalizione) nelle ultime due settimane che accompagnano alle urne: l’obiettivo è giungere a un ballottaggio da cui poi giocarsi il faccia a faccia per il Campidoglio.

La certezza è una: da una parte ci sarà l’esperto “di città” su cui ha investito il centrodestra. Dall’altra Gualtieri o Raggi che siano: il fronte-retro che ha ingolfato Roma.

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