Il terrorismo islamico colpisce il cuore d’Europa. Ma la paura non deve prevalere

Ieri sera è stato colpito il cuore d’Europa. A Bruxelles sono due le persone morte per mano di un attentatore che con un kalashnikov al grido di “Allah akbar” ha aperto il fuoco.

Un gesto che ha scosso l’intera comunità europea, che non ha potuto che condannare fermamente l’azione del terrorista ed esprimere la vicinanza alle famiglie delle vittime.

Da Palazzo Chigi è stata pubblicata una nota: “Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni segue con preoccupazione le notizie sull’attentato compiuto a Bruxelles, nel cuore dell’Europa. L’Italia condanna con decisione ogni forma di violenza, fanatismo e terrorismo, ed esprime il più profondo cordoglio per le vittime e per le loro famiglie”.
Sul fronte europeo, la Presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola ha scritto sul social X: “Inorridita dall’omicidio indiscriminato avvenuto nel cuore di Bruxelles. Il terrore e l’estremismo non possono infiltrarsi nelle nostre società. Le persone devono sentirsi al sicuro. L’odio non vincerà”.

La tragica notizia di ieri sera fa riflettere in modo serio sul reale stato delle cose, soprattutto in quello che dovrebbe essere il luogo più sicuro d’Europa e che, purtroppo, così non è.
Il sospetto attentatore di Bruxelles, infatti, secondo le fonti, sarebbe Abdesalem Loussed, 45 anni, già conosciuto ai servizi di intelligence federali per la sua radicalizzazione islamica. L’attacco è stato da lui stesso rivendicato, così come la sua appartenenza all’Isis, attraverso con un video pubblicato sul profilo Facebook.
Nel suo discorso, in arabo, il terrorista dice di aver sparato a due persone per “vendicare i musulmani e che viviamo e moriamo per la nostra religione”. “Sono un mujahiddin dello stato islamico, che vi piaccia o no. Viviamo per la nostra religione e moriamo per questa stessa religione- continua- Mi sono vendicato per i musulmani. Ho ucciso tre svedesi ora. Si vive per la religione e si muore per la religione.”
Abdesalem Lassoued si era visto respingere la domanda di asilo ma poi si era reso irreperibile e scomparso dal radar delle autorità belghe, come ha spiegato la segretaria di Stato del Belgio per l’Asilo e la Migrazione, Nicole de Moor, parlando alla stampa in una conferenza stampa notturna sull’attacco nel centro della capitale belga. Dunque Lassoued, come riferito da de Moor “aveva presentato una domanda di asilo nel nostro Paese nel novembre 2019. Ha ricevuto una decisione negativa nell’ottobre 2020 e poco dopo è scomparso dai radar. È stato ufficialmente cancellato dal registro nazionale del comune il 12 febbraio 2021 e quindi non è stato possibile rintracciarlo per organizzare il suo ritorno. Non ha mai soggiornato in un centro di accoglienza Federale. Non è mai stato presentato dalla polizia dopo un’intercettazione all’Ufficio stranieri per consentire il suo rimpatrio. Di conseguenza, l’ordine di lasciare il Paese, emesso nel marzo 2021, non è mai stato emesso”, ha proseguito la ministra.
Il ministro della Giustizia belga, Vincent Van Quickenborne, ha confermato anche che l’attentatore era “noto alla polizia per sospetto atti di tratta di esseri umani, residenza illegale e pericolo per la sicurezza dello Stato. Nel luglio 2016 un servizio di polizia straniero ha trasmesso informazioni non confermate secondo cui il soggetto aveva un profilo radicalizzato e voleva partire per una zona di conflitto per la jihad. Questo tipo di informazioni e notifiche erano molto diffuse all’epoca. Decine di rapporti di questo tipo al giorno sono stati redatti durante questo periodo, una vera crisi di terrore. Le informazioni sono state verificate e non è stato possibile compiere altri passi nei confronti del soggetto. Non vi era alcuna indicazione concreta di radicalizzazione”.
Il sospettato dopo poche ore è stato rintracciato dalle autorità, e dopo essere rimasto ferito in uno scontro con la polizia, mentre veniva trasportato in ambulanza, ha avuto un arresto cardiaco ed è morto.
Molti indizi sembrerebbero ad ora confermare la sua colpevolezza, anche dopo che la polizia ha rinvenuto nella sua abitazione, a Schaerbeak, diverse armi da fuoco. Altre sarebbero state rinvenute in un vicino parco pubblico. Gli inquirenti confermano che una di queste potrebbe essere quella utilizzata per uccidere i due svedesi.

Altre due persone sono attualmente ricercate dalla polizia belga, come riportano i media belgi citando fonti della polizia. A Bruxelles rimane in vigore il livello di allerta 4, ovvero il più elevato e che è sinonimo di minaccia terroristica grave e imminente. Infatti, su X il Centro di crisi nazionale del Belgio ha pubblicato: “Le misure di sicurezza restano attualmente in vigore; maggiore vigilanza e rafforzamento della presenza visibile della polizia”.

È evidente che esiste una grossa falla non solo in termini di sicurezza generale, ma soprattutto in riferimento alla gestione dei migranti. E il fatto che venga colpita la capitale d’Europa pone dei seri interrogativi rispetto alla efficacia dell’attuale sistema in vigore. È oramai chiaro che non si può fare affidamento sulla ‘buona condotta’ promessa da chi entra nei territori europei, dal momento che questo è l’ennesimo episodio, ad opera di un clandestino, che arreca una nuova dolorosa ferita all’intera Unione, che, con maggiori controlli e con una maggiore risolutezza nell’iter dei rimpatri avrebbe potuto essere evitata.

È necessario ora più che mai puntare sulla difesa e sulla sicurezza dell’intero territorio e dei cittadini. Non è il momento di sottovalutare il pericolo del terrorismo, ma è il momento di agire per scongiurare altre drammatiche vicende come quelle delle ultime ore.

In Italia l’allerta è massima, e le autorità sono pronte a prevenire ogni tipo di azione che possa ledere la nostra comunità. Lo fanno in modo concreto e puntuale, come è accaduto a Milano nelle prime ore di oggi, 17 ottobre.

Stamattina infatti a Milano ha avuto luogo un’operazione antiterrorismo della Polizia di Stato, coordinata dalla Procura di Milano-Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo- con due arresti nei confronti di un egiziano e un naturalizzato italiano di origine egiziane, accusati di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo e istigazione a delinquere con finalità di terrorismo.

A quanto si apprende, i due arrestati nell’operazione erano “estremamente attivi nella propaganda e nel proselitismo digitali per conto dell’Isis, mettendosi a disposizione dell’organizzazione terroristica e finanziando cause di sostegno del sedicente Stato islamico, al quale avrebbero
prestato giuramento di appartenenza e di fedeltà”, come scrive il procuratore di Milano Marcello Viola.

A ciò si aggiunge anche il fatto che sarebbero state rintracciate delle chat in cui i due di Milano non solo mettevano i loro commenti di appoggio all’Isis e contro l’Occidente su gruppi Telegram, Facebook e WhatsApp, frequentati da estremisti, ma addirittura sarebbero state rinvenute delle minacce online nei confronti del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Il complesso quadro che ci si prefigura davanti non è solo pieno di dubbi, ma anche di timore, paura e incertezza, tutti sentimenti che stanno permeando all’intero della società europea.
È una condizione che non può esistere, e che deve essere affrontata quanto prima con pragmatismo, risolutezza e lucidità.
Occorre che tutta l’Europa sia unita nella ferma condanna a qualunque tipo di terrorismo o atto di violenza, che non possiamo più permettere prenda piede. Le misure che andranno prese dovranno dunque far fronte a tutto ciò che ad oggi minaccia la tenuta stessa della società europea.
Su tutti, la migrazione clandestina, che acuisce il rischio di far entrare terroristi, fanatici ed estremisti il cui unico scopo è quello di disseminare odio.
Gli eventi di Bruxelles hanno messo ben in chiaro come non è più possibile permettere a chiunque di oltrepassare i confini senza i dovuti controlli e le dovute condizioni di entrata, perché il rischio è quello di un lascia passare continuo che, come abbiamo avuto modo di vedere, porta inevitabilmente a tragiche conseguenze.
L’Italia su questo è in prima linea, e intende combattere ogni tipo di azione che metta in pericolo i cittadini, la loro sicurezza e la loro serenità quotidiana. Ha promesso di farlo all’inizio dell’insediamento del Governo Meloni, lo sta facendo e lo farà finché ciò sarà necessario, finché ogni forma di odio e di violenza non verranno estirpati.

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1 commento

  1. Ma di cosa abbiamo ancora bisogno per difendere le nostre vite e la nostra cultura?
    L’ho già detto e lo ripeto: l’islam è una ideologia criminale.
    L’assassino di Bruxelles lo ha detto, ma solo in parte: “Si vive per la religione e si muore per la religione.” Manca il passaggio principale: si uccide per la religione.
    Personalmente non vivo per la religione, certamente non uccido per la religione, mi auguro di non morire per quella.
    Le condizioni di accoglienza devono essere cambiate in modo semplice e rigoroso.

    1. non accettiamo immigrati islamici se non dopo un giuramento di abiura delle regole del corano contrarie al codice civile e penale del nostro Paese (non le ripeto qui, ma è facile elencarle, per chiunque abbia avuto la pazienza di leggere il corano); violare tale giuramento comporta l’immediata espulsione
    2. chi entra irregolarmente viene respinto; se trova argomenti per regolarizzarsi si applica il punto 1.
    3. chi entra irregolarmente, sia che richieda asilo che no, non ha libertà di circolazione in Italia ma deve aspettare l’esito della domanda per poter entrare il Italia.

    D’altra parte ricordo che queste non sono regole “antidemocratiche” o persecutorie, ma semplici misure di tutela, che anche i nostri emigrani in America ben conoscevano: si entra in una Nazione con il benestare della Nazione, non prima.

    E quanto alla religione, non è un titolo buono per ogni perversione. Trattiamo l’islam per quello che è, non per quello che gli amanti delle religioni credono che sia.

    Con affetto

    Alessandro

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