Mentre Donald Trump era l’unico leader occidentale ad accusare apertamente la Cina per l’origine del virus, in Italia Fratelli d’Italia si batteva in Parlamento contro la vergognosa gestione della pandemia da parte di Conte, Speranza e Arcuri. Nel frattempo, poche voci libere nel mondo dell’informazione osavano sfidare il pensiero unico imposto dai media mainstream. Tra queste, La Voce del Patriota e Orwell.live – di cui ero direttore editoriale – furono in prima linea nel difendere il diritto alla verità e nel denunciare ciò che molti omettevano. Non era facile.
Parlare di Wuhan significava essere accusati di complottismo, censurati sui social, estromessi dal dibattito pubblico. Il silenzio era legge, e chi lo rompeva, pagava con la propria reputazione.
Condussi personalmente quell’inchiesta per Orwell.live, pubblicando una serie di articoli in cui denunciavamo la possibile origine del Covid dal laboratorio di Wuhan e la disastrosa gestione della pandemia da parte del tragico governo M5S-PD. Tesi allora considerate complottistiche, che ripresi nel romanzo “Il Predestinato 2”, dove – con un pizzico di provocazione – feci sì che il vicepresidente di Trump, nella fiction Alex Anderson, inchiodasse la Cina alle sue responsabilità. Pensando, in quelle settimane tremende, che la narrativa potesse veicolare con maggiore forza e libertà quelle verità che il giornalismo libero faticava a far emergere.
Alcuni giorni fa, la Casa Bianca ha pubblicato un report intitolato “Lab Leak: The True Origins of COVID-19”, che conferma ciò che sostenevamo da anni, e cioè che il virus è quasi certamente frutto di un incidente di laboratorio. Non è un’opinione, ma una valutazione basata su dati, indagini e testimonianze raccolte da agenzie di intelligence, esperti scientifici e fonti indipendenti.
Dopo la vittoria elettorale del 2022, Fratelli d’Italia ha chiesto e ottenuto l’istituzione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul Covid, oggi al lavoro per accertare le responsabilità. La deputata Alice Buonguerrieri, capogruppo di FdI nella Commissione, ha recentemente affermato che «stanno cadendo, uno di seguito all’altro, i tanti preconcetti del pensiero unico imposto durante la pandemia e che Fratelli d’Italia aveva contestato sin dall’inizio», e ancora, che «è doveroso indagare anche sull’origine della pandemia affinché non residuino dubbi e, in ipotesi di responsabilità, gli autori ne rispondano».
Alcuni giorni fa, grazie al Presidente Trump, ecco il rapporto americano smonta pezzo per pezzo la favola dello spillover zoonotico dimostrando che:
- Il SARS-CoV-2 presenta un sito di scissione della furina – assente in altri coronavirus naturali – che lo rende altamente trasmissibile. «Il virus possiede una caratteristica biologica che non si trova in natura».
- Il laboratorio di Wuhan era il cuore mondiale della ricerca sui coronavirus SARS, noto per esperimenti di gain-of-function condotti in condizioni di biosicurezza inadeguate.
- Nell’autunno 2019, alcuni ricercatori del laboratorio di Wuhan si ammalarono con sintomi compatibili con il Covid, mesi prima dei primi casi ufficiali.
- «Tutti i casi di COVID-19 derivano da un’unica introduzione nell’uomo, incompatibile con le pandemie da spillover naturale».
- A cinque anni dall’inizio della pandemia, non esiste ancora una prova concreta dell’origine naturale. «Se il virus fosse nato in natura, le prove sarebbero già emerse».
Conclusioni che rispecchiano le nostre inchieste pubblicate in piena emergenza sanitaria. Già il 17 aprile 2020, su Orwell.live, scrivevo che «nei due laboratori di Wuhan si conducevano esperimenti ad alto rischio, senza i necessari protocolli di sicurezza. Ed è più che plausibile che il virus sia sfuggito proprio da lì». Una tesi allora scomoda, oggi confermata da fonti ufficiali. Non eravamo profeti, ma semplicemente liberi.
Ma il nostro lavoro non si limitò a indicare Wuhan come origine del virus. Raccontavamo una Cina che, mentre il mondo veniva messo in lockdown, accumulava vantaggi geopolitici e commerciali. In “Il vero virus è la Cina” (31 maggio 2020), scrivevamo che «il vero virus non è solo il Covid-19, ma l’espansionismo del Partito Comunista Cinese, che usa la pandemia per consolidare il suo potere globale mentre il mondo è distratto». Era un invito a guardare oltre l’epidemia.
L’11 giugno 2020, in “Il mistero di Wuhan terrorizza anche l’Occidente”, documentavamo il blackout informativo imposto da Pechino: medici scomparsi, laboratori chiusi, dati truccati: «la Cina ha nascosto dati cruciali, ritardando di settimane la comunicazione all’OMS. Questo non è solo un errore, è una strategia deliberata per proteggere il regime».
«Attenzione, perché questo è un elemento determinante per leggere i fatti senza le lenti distorsive della grancassa della propaganda del regime comunista cinese, che è composta da chi, ovviamente, a Pechino coltiva fior di interessi economici: le grandi aziende che hanno delocalizzato e che producono lì a 5 per rivendere qui a 1.000, tanto per intenderci. E insieme a loro tutto il codazzo di media che da quelle stesse multinazionali sono finanziati: cane non mangia cane, ovvio. Così, succede che tutti questi soggetti facciano cartello e bollino all’unisono discussioni come quelle sull’origine del virus e sul risarcimento danni come teorie complottiste o addirittura fake news. La strategia è molto sottile, tant’è che le persone meno abituate ad andare in profondità finiscono col prendere per buona la “versione ufficiale”.», questo (e molto altro) lo scrissi il 5 maggio del 2020 nell’articolo intitolato “L’amico è Trump, il nemico è la Cina”.
La complicità occidentale era, infatti, parte integrante del problema. In “La minaccia comunista che i radical chic fingono di non vedere” (31 maggio 2020), denunciavamo il sostegno che intellettuali, giornalisti e politici di sinistra fornivano acriticamente al regime cinese, incapaci – o forse non disposti – a vedere oltre la retorica ufficiale. Nel novembre 2021, scrissi “Vieni avanti Pechino”, dove si leggeva che «la Cina non è solo responsabile del virus, ma ha orchestrato una campagna per scaricare la colpa sugli altri, mentre l’Occidente, accecato dalla dipendenza economica, tace». Era una diagnosi precisa: il silenzio non era debolezza, ma complicità.
Nel frattempo, negli Stati Uniti, si oscuravano le voci fuori dal coro. Anthony Fauci spinse per la pubblicazione dell’articolo “The Proximal Origin of SARS-CoV-2”, che screditava l’ipotesi di laboratorio. Peter Daszak, tramite EcoHealth Alliance, usò fondi pubblici per finanziare esperimenti pericolosi in Cina. Il National Institutes of Health sapeva, ma non intervenne. E mentre tutto ciò accadeva, l’amministrazione Biden ostacolava attivamente le indagini parlamentari. Nell’agosto del 2024 Mark Zuckerberg ha ammesso che Facebook censurò la teoria della fuga da laboratorio su richiesta della Casa Bianca. I Twitter Files hanno rivelato come l’amministrazione americana – in combutta con le Big Tech – abbia silenziato chi osava dire la verità.
Il 10 agosto 2021, scrissi che: «la censura di ogni discussione sulla possibile origine artificiale del virus è stata sistematica. Piattaforme come Twitter e Facebook hanno sospeso account e rimosso post». Oggi, il rapporto della Casa Bianca ci dà pienamente ragione: la censura fu «orchestrata dal governo in collaborazione con le big tech».
E mentre il mondo si piegava, c’era chi resisteva. Come Trump, che per aver ribattezzato il Covid “China Virus” fu accusato di razzismo, oscurato e insultato. Ma come scrivevamo nel giugno 2020: «Trump è il baluardo dell’Occidente. La scelta sarà tra lui e chi vuole svenderci alla Cina». Non era propaganda, ma visione. Una visione oggi confermata dai fatti.
Adesso, quella stessa battaglia si sposta sul piano economico. I dazi imposti dagli Stati Uniti nei confronti della Cina non sono una provocazione, ma un atto dovuto. Una presa di posizione politica che riconosce la minaccia strategica rappresentata dal regime di Pechino. E chi oggi si scandalizza per i dazi è lo stesso che ieri negava le responsabilità della Cina. Chi oggi minimizza, ieri ci accusava di complottismo. Noi non abbiamo mai cambiato rotta, perché non abbiamo a cuore l’interesse delle multinazionali, ma quelli della nostra gente. La realtà dei fatti ha solo confermato ciò che affermiamo da anni.
Ecco perché oggi, più che mai, è necessario alzare la voce, difendere la verità e pretendere giustizia. Non basta aver avuto ragione: ora è il tempo della responsabilità. Non si può semplicemente voltare pagina come se nulla fosse accaduto. Milioni di vite sono state stravolte, economie piegate, libertà fondamentali sospese nel nome di una verità che oggi si rivela essere stata manipolata.
Occorre pretendere un fondo internazionale, finanziato dalla Cina sotto la supervisione delle Nazioni Unite, che risarcisca i danni provocati dalla pandemia. Ma serve anche un cambio di passo culturale: basta con la sudditanza verso un regime che ha costruito la propria potenza sullo sfruttamento e sulla manipolazione. Serve memoria, ma anche azione. E serve – soprattutto – il coraggio di non piegarsi mai più al pensiero unico.
Noi quel coraggio lo abbiamo avuto quando significava essere marchiati a fuoco. Oggi non chiediamo scuse, ma pretendiamo che chi ha insabbiato, taciuto o coperto le responsabilità paghi il prezzo della verità. La storia e gli elettori, finalmente, hanno cominciato a rimettere le cose al loro posto.
Ora tocca alla politica, alla giustizia e alla coscienza collettiva fare il resto. Per le vittime, per le imprese distrutte, per le libertà calpestate. E per il futuro del nostro mondo libero, dell’Occidente che grazie a Giorgia Meloni e Donald Trump ha finalmente rialzato la testa e trovato la consapevolezza che, per tornare grande, dovrà ripristinare i suoi valori, ridestare l’orgoglio per la sua storia e difendere gli interessi della sua gente. Dall’altra parte ci sono sinistra e globalisti, che combattono contro tutto questo poiché è un ostacolo al loro modello di società omologata, fatta su misura per far arricchire i loro amici che producono in Cina, a costi cinesi, per poi rivendere qui a prezzi occidentali. La pacchia è finita, spiace.