Secondo l’ultimo rapporto dell’Ance, (l’associazione dei costruttori edili) in Italia ci sono oltre 600 opere bloccate per un valore totale di 50 miliardi, che superano i 100 se si considera l’indotto. Un mancato giro d’affari che ci fa perdere anche ben 800 mila occupati, e quindi lavoro.
L’84% delle opere viene bloccata ancor prima della gara, la maggior parte, a causa della burocrazia. Oggi a lanciare l’allarme è stato il presidente dell’Ance Gabriele Buia, che ha evidenziato le situazioni di difficoltà delle tante imprese subappaltatrici dei grandi gruppi in crisi, chiedendo pari dignità con realtà aziendali più importanti, sottolineando, a ragione, che proprio le imprese medie e piccole rappresentano “il sistema portante dell’economia”.
“Non siamo più disponibili a vedere aziende chiudere e vedere colleghi che si tolgono la vita”, avverte Buia, che chiede misure precise, a partire dal fondo di garanzia atteso nel dl crescita.
In Italia le Piccole Medie Imprese costituiscono una realtà numericamente molto significativa: sul totale delle imprese, infatti, le PMI costituiscono oltre il 75%, pari a circa 760mila aziende. E sono le aziende che più danno lavoro e più muovono l’economia
Quando le piccole imprese chiudono nessuno se ne accorge, a differenza dell’attenzione che suscita sempre la chiusura delle grandi aziende. Ma, come dicevamo, è proprio la piccola e media impresa che di fatto rappresenta la struttura portante del sistema produttivo nazionale, andando ad impiegare oltre l’80% della forza lavoro operante sul territorio. Le PMI, dunque, sono le principali interpreti della realtà economica italiana, nell’ambito della quale rivestono un ruolo fondamentale.
Fra i fattori che hanno storicamente frenato l’attività delle PMI si possono annoverare i limiti delle politiche, non sempre disegnate per favorire la crescita delle aziende di dimensioni più piccole, ed altro fattore determinante di questo rallentamento, è l’eccesso di carico burocratico che caratterizza la nostra economica e che mette in difficoltà le nostre PMI.
Da una recente indagine del CNA, scopriamo che le PMI pagano 22 miliardi all’anno di costi legati alla burocrazia, dalla complessità delle norme e dall’accavallarsi di leggi.
La misurazione effettuata dalla CNA, in un report dedicato a “ Piccole imprese e Pubblica amministrazione: un rapporto (im)possibile”, fotografa la realtà di un paese che mantiene il record negativo nell’Ue per la burocrazia fiscale: per pagare le tasse servono 240 ore l’anno, 85 ore in più rispetto alla media dei Paesi dell’Area euro.
Il costo della burocrazia fiscale per le PMI è stimato in 22 miliardi annui dal Centro Studi CNA, che significa 5mila euro l’anno a impresa, 16 euro al giorno, due euro all’ora.
Sempre secondo questa indagine, l’ostacolo principale è la complessità delle norme: il 67,8% delle imprese boccia la qualità legislativa italiana sia per la scarsa chiarezza sia per la stratificazione, nel tempo, di provvedimenti spesso motivati dall’urgenza. Alivello settoriale sono le imprese edili (74,3%) e i fornitori di servizi alle imprese (71,4%) a patire maggiormente la complessità delle norme. Altri problemi, a grande distanza rispetto alla complessità delle norme e alle relative difficoltà applicative: la quantità elevata di informazioni (43,8%) chieste dall’amministrazione pubblica e la lentezza della macchina burocratica (27,5%). Ma Finché non si semplificherà la selva oscura di norme, timbri e regolamenti, l’economia non potrà ripartire.
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