Indegni: minimizzazioni e silenzi, la sinistra non vuole ricordare le Foibe

“La Foiba di Basovizza è un luogo sacro, un monumento nazionale, da onorare con il silenzio e con la preghiera. Oltraggiare Basovizza, per di più con scritte ripugnanti che richiamano a pagine drammatiche della nostra storia, non vuol dire solo calpestare la memoria dei martiri delle foibe ma significa oltraggiare la Nazione intera. Ciò che è accaduto è un atto di gravità inaudita, che non può restare impunito”. Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha subito detto la sua, doverosamente, sull’ultimo sfregio, sull’oltraggio alla Foiba di Basovizza, un vero e proprio tentativo di revisionismo storico che deturpa il ricordo di migliaia di italiani che persero la vita e che furono costretti a lasciare le loro terre.

Schlein e Conte restano in silenzio

E se chi si è macchiato di questo vergognoso fatto può essere considerato un estremista, in realtà non aiuta l’atteggiamento di una certa fazione politica che, ancora oggi, è lentissima a commemorare il Giorno del Ricordo, fa fatica a parlare di Foibe, ha ancora paura di condannare i crimini perpetrati dai comunisti jugoslavi. Tito era un padre politico, un modello da seguire per il comunismo italiano, e gli eredi di quella fazione politica hanno paura, ad anni di distanza, di dire una verità storica: quella pulizia etnica era dettata da un odio anti-italiano maturato proprio nella Jugoslavia comunista.

Come retaggio di un passato ancora troppo ingombrante, allora, la sinistra ha ignorato l’oltraggio di Basovizza e si oppone a chi tenta di raccontare alla Nazione quelle verità. Il Pd, su tutti, è rimasto un po’ freddo. Le figure di spicco hanno preferito non parlare. Elly Schlein è rimasta in un silenzio che lascia pensare. Purtroppo però non è probabilmente il fatto peggiore. C’è infatti chi tenta ancora di minimizzare il valore del Giorno del Ricordo riducendolo a “ricorrenza”, ignorando quell’intenso significato che porta dentro il sé la stessa parola “ricordo”, il ritorno al cuore, il ricongiungimento degli italiani vittime dell’odio rosso alla loro Patria. È rimasto in silenzio anche Giuseppe Conte, che almeno da ex premier avrebbe potuto dire qualcosa. C’è chi, poi, pur di non dire la verità, tenta di prendere altre strade: quella del ‘non bisogna generalizzare’, del ‘bisogna contestualizzare’. La strada di chi dice ‘sì, le Foibe sono vere, ma tutto sommato i comunisti uccidevano dei fascisti, quindi va bene così’. Facendo finta di non sapere che l’appartenenza politica non importava un fico secco ai titini: venivi espulso e infoibato solo in quanto italiano, non c’era nessun’altra discriminante.

Ancora ostacoli e muri al Ricordo

Il lavoro per raccontare quelle tragedie è arduo. Bisogna farsi spazio tra mille ostacoli. Tra mille muri ideologici. A Roma, ad esempio, il convegno organizzato in un liceo è stato annullato dalla preside. Avrebbero partecipato le associazioni degli esuli e il senatore di Fratelli d’Italia, Roberto Menia, primo firmatario della legge istitutiva del Giorno del Ricordo. Una scelta che fa piacere ai collettivi di sinistra, che hanno denunciato il fatto che parlare di Foibe è “l’occasione perfetta per i fascisti di uscire dalle fogne”. Il Giorno del Ricordo, che sarà domani, è vicinissimo. Le Foibe accaddero ottanta anni fa. La legge Menia veniva approvata soltanto venti anni fa. E in tutto questo arco temporale, resistono (sempre meno, per fortuna) quelli che parlano di revisionismo fascista. Così si ammazzano, per una seconda volta, le vittime delle foibe, si disonora il ricordo degli esuli. Per fortuna, adesso a Palazzo Chigi siede finalmente chi non vuole che quelle storie vengano dimenticate.

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