Ieri è stato il giorno del giuramento del governo più strampalato della storia repubblicana, un mostro bicefalo che di facciata sembra essere un compromesso tra un governo tecnico ed un governo politico, ma che ha tutte le carte per essere considerato un semplice rimpasto dei precedenti governi Conte, con innesti.
Ma in disparte le analisi di carattere generale, quello che affascina è la capacità odierna di essere tutti allineati sotto l’egida di un leader contornato da un’aura messianica, tutti proprio tutti, tranne Fratelli d’Italia che si è responsabilmente e coerentemente posta fuori, in totale solitudine sugli scranni dell’opposizione.
In sostanza hanno giurato i ministri scelti dal presidente Draghi e occorre ringraziare le norme di distanziamento anti Covid se durante lo scatto di rito non siano volati calci, sgambetti e schiaffi del soldato, perché i motivi di reciproca acredine tra i nuovi colleghi di governo sono davvero mille e uno.
Tra i molti spicca quello tra il neo sottosegretario alla presidenza del consiglio Roberto Garofoli e i colleghi a 5 stelle superstiti del nuovo esecutivo. Tornano infatti alla mente le parole di fuoco del movimento nell’ottobre del 2018, durante il governo gialloverde.
Garofoli allora era capo di gabinetto del ministro Tria, e fu costretto dai 5 stelle alle dimissioni, accusato di essere “la manina” che avrebbe modificato uno stanziamento a favore della Croce Rossa, essendosi contestualmente giovato di una presunta facilitazione nell’acquisto di un immobile proprio dello stesso ente. Accuse gravissime, peraltro non sfociate in alcun procedimento giurisdizionale, che però investirono con tanta veemenza l’allora capo di gabinetto da indurlo a dimettersi.
All’epoca, il deputato dei 5 stelle Silvestri attraverso una nota dichiarò: “ci hanno detto che non esisteva alcuna manina: il classico atteggiamento della vecchia politica quando deve coprire le proprie magagne e quelle dei suoi amici … Ora però, grazie a un’inchiesta giornalistica, si viene a scoprire che il capo di gabinetto del MEF, Roberto Garofoli, aveva più di un legame con la Croce Rossa e gli scambi di favore tra il ministero e l’associazione sembrerebbero essere una prassi consolidata”. Parole gravissime, una presa di posizione a dir poco muscolare rispetto alla vicenda… che tuttavia oggi non impedisce ai pentastellati di sedere insieme a questa “vecchia politica” in consiglio dei ministri.
E dato lo stato dell’arte, forse il quesito della piattaforma Rousseau avrebbe dovuto essere redatto un po’ diversamente: “siete favorevoli ad un governo all’interno del quale siederanno tutte le forze contro le quali ci siamo scagliati con i nostri VAFFA negli ultimi 10 anni, al solo fine di consentire a noi ed ai colleghi che siedono in parlamento di mantenere la poltrona, auspicabilmente, fino a fine legislatura?”.