La notizia dell’esclusione di Israele dalla Fiera del Levante è solo l’ultima notizia in ordine di tempo di una pericolosa deriva ideologica e illiberale che è in atto a Bari. Dopo aver concesso le chiavi della città a una figura controversa come la relatrice Onu Francesca Albanese, l’invito da parte del sindaco Vito Leccese al boicottaggio di Israele accolto dalla fiera testimonia una compressione degli spazi di libertà in città. Per questo motivo la Fondazione Tatarella stigmatizza scelte di questo genere.
“La decisione della Fiera del Levante di Bari di escludere Israele su invito del sindaco – spiegano Francesco Giubilei e Fabrizio Tatarella, presidente e vicepresidente della Fondazione Tatarella – è sbagliata nella forma e nella sostanza. Nella forma perché la fiera comunica la sua posizione con un comunicato di parte e ideologico che non si addice a un ente istituzionale. Emblematica in tal senso è la scelta di utilizzare il termine ‘genocidio’ (non condiviso da personalità come la senatrice a vita Liliana Segre). Nella sostanza poiché l’identificazione di tutto lo Stato di Israele e di tutti gli israeliani con le scelte politiche del governo israeliano è non solo errata ma pericolosa e discriminatoria rischiando di esacerbare sentimenti antisraeliani a Bari e in Italia”.
“Inoltre – continuano Giubilei e Tatarella – scelte di questo genere rendono Bari una città di parte con conseguenze come la perdita di importanti eventi a partire dalla Ripartenza di Nicola Porro. Il boicottaggio e la censura sono forme che non si addicono alle democrazie ma, ciò che colpisce di più, è la parte finale del comunicato della Fiera in cui si legge: ‘nessun altro paese è stato interdetto dalle attività economiche e istituzionali della Fiera del Levante’. Perciò se l’Iran o la Corea del Nord dovessero iscriversi verrebbero accettati? Evidentemente le scelte etiche vanno bene solo quando servono per un facile consenso politico”.