Khamenei ha cantato vittoria. È normale

La Guida Suprema dell’Iran Ali Khamenei ha dato segni di vita dopo che erano circolate molte voci piene di mistero in relazione al suo destino durante la guerra che viene definita come quella dei 12 giorni. Quando l’aviazione israeliana ha iniziato ad attaccare la capitale Teheran, oltre agli altri centri iraniani dove si trovano i siti nucleari, Khamenei si è subito riparato in un bunker ubicato in una località segreta per paura di essere ucciso dai caccia di Israele, e sembra che tuttora il numero uno della Repubblica Islamica continui a trascorrere le proprie giornate iperprotetto nel medesimo rifugio, nonostante un conflitto, in cui si sono poi aggiunti gli Stati Uniti, che dovrebbe essere concluso.  

Ali Khamenei ha ancora paura di essere eliminato dalle Forze Armate di Israele, del resto, se si lavora per la distruzione di qualcuno, come gli Ayatollah iraniani hanno sempre fatto nei confronti di Israele, non si può pretendere che questo qualcuno, lo Stato ebraico, diventi compassionevole. Ma dal luogo blindato in cui si trova, la Guida Suprema iraniana ha registrato un video, trasmesso dalla televisione di Stato, per fare sapere al proprio Paese e al resto del mondo che il capo della Repubblica Islamica è anzitutto ancora vivo e sempre con le leve di comando in mano, e per conservare la tenuta della dittatura teocratica. Khamenei è però andato oltre al certificato di esistenza in vita e ha rivendicato una improbabile vittoria dell’Iran sia su Israele che sugli Stati Uniti. “Il regime israeliano, sotto i colpi della Repubblica Islamica, è quasi crollato ed è stato schiacciato”, queste le parole della Guida Suprema iraniana a proposito dello Stato ebraico. Ali Khamenei ha inoltre ribadito che l’Iran non si arrenderà mai agli Stati Uniti e che i bombardamenti contro le basi USA in Qatar e Iraq siano stati schiaffi in faccia all’America.

Per il leader fondamentalista di Teheran, Donald Trump avrebbe “esagerato” l’impatto dei raid statunitensi sui siti nucleari iraniani di Fordow, Natanz e Isfahan, dove, in realtà, non sarebbe successo nulla di significativo. Il presidente americano ha reagito con enorme fastidio alla boria di Khamenei, il quale dovrebbe invece, dopo la determinazione dimostrata sia da Washington che da Gerusalemme, abbassare di molto i toni ed essere oltretutto grato all’America che gli ha evitato di morire in malo modo. Non si tratta di una delle esasperazioni di Trump perché gli attacchi dei bombardieri americani B-2 hanno determinato la virata del conflitto solo ed esclusivamente verso la necessità di bloccare il programma nucleare della Repubblica Islamica, evitando, almeno per il momento, il cambio di regime e la possibile morte della figura più importante della teocrazia sciita, ovvero, la Guida Suprema.

Ma Ali Khamenei è un dittatore e, come tutti i dittatori, deve mantenere a tutti i costi una narrazione vincente e una retorica prepotente, utile per alimentare, finché si può, la macchina del regime e impaurire e scoraggiare eventuali tentativi interni di insurrezione. Ciò, anche a costo di farsi smentire subito dopo dal proprio ministro degli Esteri, Abbas Araghchi, che ha parlato invece di danni significativi inferti ai centri nucleari iraniani dagli aerei di Washington. D’altra parte, anche Saddam Hussein continuava a fare la voce grossa nel 2003 con i carri armati USA già presenti sulle strade di Baghdad.

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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