L’ultima puntata della fiction “Il decreto”, andata in onda giovedì sera, non ha deluso le aspettative. Le peggiori, ovviamente.
Mentre nell’Aula di Montecitorio la maggioranza sostanziale della nazione – l’opposizione di centrodestra – occupava il ramo in segno di protesta contro l’ennesimo dibattito mancato sui provvedimenti più delicati che interessano la vita e il destino di milioni di lavoratori italiani a ridosso delle festività natalizie, dov’era Giuseppe Conte?
Ovvio: in diretta Facebook, con le tv inginocchiate a reti unificate. Altro che centralità del Parlamento e obbedienza ai richiami del presidente Mattarella: il premier, con l’attenta regia del solito Rocco Casalino, ha preferito occupare il prime time per l’ennesimo monologo dirigista. Affrontato con il solito piglio da caudillo sudamericano.
Ma stavolta (e con Conte c’è sempre una prossima volta) ha superato un altro limite: quello dell’autoassoluzione. Complice una domanda assai morbida di una cronista in sala sulla vicenda che riguarda l’inchiesta partita dal servizio de Le Iene (quello che avrebbe svelato l’uso improprio della scorta presidenziale per proteggere la fidanzata di Conte dalle domande, con tanto di cena in un ristorante fuori dall’orario consentito dal suo stesso dpcm), l’ex avvocato del popolo ha chiuso la vicenda con una risposta frettolosa («fake news») che non ha risparmiato però – figuriamoci – di colpire l’opposizione: ossia FdI che ha “osato” presentare un esposto in Procura.
Già, nel giorno in cui l’Italia piangeva quello che si credeva il numero più alto di vittime dall’inizio della pandemia, non una parola di Conte sulle responsabilità che chi guida un governo dovrebbe assumersi.
Non una parola, poi, sullo scandalo del presunto piano pandemico “taroccato” ad usum governo per volere, questa l’accusa, del super-esperto di Speranza, il membro dell’Oms Ranieri Guerra.
Non una parola, poi, sulle misure concrete che dovranno ripagare la “doppia” serrata natalizia per ristoranti e alberghi.
Né una spiegazione razionale all’assurda decisione di vietare gli spostamenti fra comuni il 25, il 26 dicembre e l’1 gennaio nonostante la trasformazione di tutta l’Italia in zona gialla: decisione, quest’ultima, che ha gettato nello sconforto milioni di italiani che vivono nella sterminata provincia dello Stivale in cui, fra un centro e l’altro, non passano che pochi chilometri.
Niente di tutto questo: ancora una volta il soliloquio di Conte – per nulla infilzato dalle domande dei presenti in sala stampa (a differenza della cascata di commenti negativi che ha sommerso la sua pagina) – è servito non come atto di comunicazione istituzionale alla nazione, che dovrebbe seguire comunque e non sostituire le comunicazioni e il confronto in Parlamento, ma come narcisistico e stantio spot personale condito per l’occasione da un arrogante difesa d’ufficio affidata a se stesso.
Una sceneggiata che ha fatto cadere le braccia a Giorgia Meloni: «Chiedo ufficialmente a Mattarella cosa pensa di questo uso delle nostre istituzioni», ha commentato in diretta da Montecitorio il presidente di Fratelli d’Italia. Conte vuole difendersi sull’uso della sua scorta? «Lo deve fare nelle sedi competenti, non approfittando di milioni di italiani che aspettano di sapere se possono festeggiare il Natale. Vergogna».
Tutto questo – beffa nella beffa – nel momento in cui l’unica emergenza in Parlamento, secondo la maggioranza giallo-rossa, si chiama…decreti sicurezza. Perché i ristoranti possono restare chiusi (nonostante il Cts abbia detto il contrario), le stazioni sciistiche compromettere un’intera stagione, le famiglie possono essere separate dal “muro” del dpcm anti-Natale, ma la corsia preferenziale per l’immigrazione clandestina proprio no: quella, per Conte, il Pd e i 5 Stelle deve essere tenuta sempre aperta.
A Natale poi…