La banalità del male uccide, non il patriarcato, che non esiste più da almeno 40 anni

L’atroce morte della 22enne veneta Giulia Cecchettin, uccisa a coltellate dal proprio ex fidanzato e coetaneo Filippo Turetta, che non accettava la fine della loro relazione, ha inevitabilmente scosso tutta l’Italia. Ciò è più che comprensibile, ma molto meno afferrabile è stato un certo dibattito sviluppatosi subito dopo il ritrovamento del cadavere della ragazza e l’arresto in Germania dell’assassino.

Una discussione a livello nazionale che ha anche avuto aspetti insulsi, anzitutto irrispettosi verso la tragedia in cui è caduta vittima la povera Giulia, ma in questo Paese riusciamo ad infilare nel confronto politico pure quegli avvenimenti drammatici che non c’entrano davvero nulla con la destra o la sinistra perché sono drammi e basta.

E’ sorta una controversia folle e stupida, che potremmo definire tragicomica se solo non ci fosse di mezzo una sventurata giovane assassinata brutalmente, e ne è stato investito, ohibò, persino il Governo presieduto da Giorgia Meloni, colpevole, secondo alcuni commentatori senza vergogna che in tutta evidenza strumentalizzano a fini politici addirittura i lutti e le sciagure, di alimentare una società patriarcale imbevuta di maschilismo e composta da padri-padroni.

Turetta avrebbe ucciso Giulia perché sobillato ed influenzato dal cosiddetto patriarcato imperante che spinge gli uomini a considerare le donne come oggetti di loro proprietà, come se scoprissimo oggi il femminicidio e nessuna moglie o fidanzata fosse stata uccisa durante i governi guidati dai predecessori della Meloni.

Si capisce subito come si tratti di una assai vomitevole strumentalizzazione, che non meriterebbe nemmeno risposta, tuttavia, qualche considerazione deve essere pur fatta. Intanto, se c’è una persona in Italia che può fare tutto tranne che sponsorizzare, più o meno alla luce del sole, patriarcato e maschilismo, quella è proprio la premier Giorgia Meloni, non solo perché è donna, ma a causa della sua storia personale e familiare, mai nascosta dalla diretta interessata. Come è noto, suo padre abbandonò la famiglia quando lei e la sorella Arianna erano ancora bambine, mostrando disinteresse anche in seguito.

Prima di lanciarsi in sciagurate conclusioni, alcuni farebbero bene a collegare la bocca al cervello anziché ad altre parti del corpo che non nominiamo per decenza. Poi, ben al di là dell’attuale Governo, il patriarcato, inteso come un ordinamento non scritto in cui le famiglie sono fondamentalmente guidate dai maschi, (mariti, padri, nonni e fratelli maggiori), non esiste più, come minimo, da una quarantina di anni, perlomeno in Italia e nel resto dell’Occidente. Da tempo immemore, e meno male ovviamente, le donne non hanno più bisogno degli uomini per costruirsi la loro vita da adulte.

Formano famiglie e mettono al mondo dei bambini se lo vogliono, altrimenti, non sono per nulla costrette ad aggrapparsi all’altro sesso solo per sentirsi vive e realizzate perché ormai l’universo femminile può affermarsi in autonomia in tutti i campi possibili, dalla imprenditoria alla politica, e proprio Giorgia Meloni ha incarnato e incarna questa forza. Partendo da un’infanzia e un’adolescenza di sicuro meno belle rispetto a quelle dei suoi coetanei, nonostante l’amore smisurato di una mamma che ha dovuto assumere anche il ruolo di padre, è riuscita ad arrivare dove ben sappiamo. Semmai, fatti terribili come l’omicidio di Giulia Cecchettin si verificano per la mancanza di un certo rigore che caratterizza da tempo sia le famiglie che la scuola.

Tutto il contrario, quindi, del famigerato patriarcato di cui ora in molti si riempiono la bocca. Non si ha nostalgia di quei padri che insegnavano l’educazione ai figli a suon di cinghiate e nemmeno di quelle maestre sempre pronte a bacchettare le dita e ad umiliare i loro alunni, ma è giusto prendere atto in primo luogo dei danni procurati dal Sessantotto che ha deresponsabilizzato insegnanti e studenti, e ha condotto molti genitori ad abdicare ad alcuni dei loro doveri.

I doveri di un padre o di una madre non sono certo quelli di fare i carcerieri, ma di indicare limiti e chiari punti di riferimento, concedendo fiducia ai figli per gradi e lasciando ogni cosa al suo tempo senza che essi brucino le tappe. I genitori devono essere anche pronti a riconoscere quando il figlio sbaglia, a scuola, nel mondo del lavoro e nella società, per aiutarlo a non ripetere l’errore. Invece, e tale approccio si è sempre più allargato dal Sessantotto ad oggi, in numerose famiglie viene concesso un libero arbitrio fin troppo esteso, anche ad adolescenti, e si è subito pronti a perdonare e giustificare il proprio pargolo, senza nemmeno prestare attenzione alle altre campane. Alcuni giovani, non tutti per l’amor di Dio, crescono senza una chiara distinzione tra il bene e il male, e giungono a considerare relativo e banale tutto il mondo che li circonda, incluso il sopprimere la vita altrui se questa procura un qualche fastidio.

Turetta ha eliminato l’ex fidanzata perché non sopportava di essere stato lasciato mentre altri tolgono di mezzo mogli, fidanzate, amanti perché rappresentano ormai un ostacolo ad una nuova relazione che si vorrebbe intraprendere con un’altra persona, ritenendo l’omicidio la via più semplice e sbrigativa rispetto al dover affrontare separazioni e divorzi. La banalità del male, quella del tempo del nazismo raccontata da Hannah Arendt, è purtroppo ben presente nella società di oggi.

Si uccide a causa di devianze mentali ed è il caso dei serial killer, per biechi interessi e qui entra in gioco la criminalità organizzata, ma si può arrivare a commettere un delitto anche solo, ebbene sì, per stupidità.

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

2 Commenti

  1. Ho sentito da qualche parte che l’Europa (e l’Italia) ha smarrito le radici cristiane; lo riscontriamo nelle questioni politiche ma questi fatti sembrano confermarlo anche a livello di rapporti interpersonali.
    Quinto: Non ammazzare- è da ingenui menzionare il Comandamento? e se chiedessi al Sig.Filippo se frequentava la Messa ogni domenica? Ma si, lo so che non occorre andare a Messa per non essere assassini, eppure mi domando se tutte queste “persone per bene” di cui parlano sempre le persone intervistate,sarebbero preparati a distiguere dove finisce il bene e comincia il male? per evitare di progredire nel male. La Chiesa lo insegna, la Chiesa può cambiare il cuore dell’uomo, non la Legge. Ed è sempre più spopolata, mentre, (guarda caso) si vede crescere l’odio nella società.

  2. E’ vero quello che dici, caro Roberto, sia sul patriarcato che sulla banalità del male.
    Lo sai – però – che c’è sempre un però.
    Lasciamo perdere le statistiche con il numero di donne ammazzate da uomini in Italia e in altri paesi occidentali, con cui potremmo consolarci, cinicamente, vedendo che succede anche altrove.
    La questione della violenza anche assassina di uomini contro donne ormai, forse proprio ed anche perchè non c’è più patriarcato, colpisce fortemente il sentimento delle persone, ed appare sempre più intollerabile in una civile convivenza delle persone.
    Un problema di lassismo nelle famiglie? Boh, forse. Un problema di insicurezza e aggresività sociale? Sembra, ed è agli occhi di tutti la crescità di ideologie violente anche tra i giovani, come esprimono molti “Rapper” o “Trapper”. Basterebbe ascoltarne qualcuno per rendersi conto.
    Più difficile pensare a un reale contrasto. Siamo abituati a semplificare tutto, ma i problemi sociali, cioè legati a mentalità comportamenti valori diffusi nella società sono invece complessi ed affrontabili solo nel contesto dello sviluppo di cultura e valori positivi. Non è poco.
    Non credo che qualche discorsetto in cattedra, magari sul sesso degli angeli, potrebbe fare un granché.
    Non ci resta che la soluzione semplice, ma sicuramente educativa: inasprimento delle pene verso i violenti e rafforzamento delle tutele verso le donne oggetto di violenza; istruzioni ai magistrati di non sottovalutare gli episodi di violenza, che solitamente preludono a violenze maggiori.
    Lo ripeto: oggi una donna che denuncia violenza ha generalmente più paura delle conseguenze della denuncia di quanta ne abbia il violento denunciato.
    Almeno questo proviamo a cambiarlo.

    Con affetto

    Alessandro

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