Il presidente cinese Xi Jinping, con il ministro degli Esteri ed alti funzionari della Repubblica popolare, ha avuto, nel giro di pochi giorni, importanti incontri con le due componenti principali
dell’Occidente democratico, quella statunitense prima e quella europea dopo. Alla fine di aprile, il Segretario di Stato USA Antony Blinken si è recato a Pechino per una visita ufficiale, e in queste ore, il leader cinese si trova in Europa dove ha già incontrato a Parigi il presidente francese Emmanuel Macron e la numero uno della Commissione europea Ursula von der Leyen.
Xi proseguirà il suo viaggio nel Vecchio Continente in Serbia e Ungheria. Xi Jinping, a differenza di altri antagonisti dell’Occidente, è solitamente pacato durante i summit internazionali e usa toni distensivi, ma poi, quasi sempre, la Cina si muove in tutt’altro modo sul piano pratico.
Conversando con Blinken, l’uomo forte del Dragone ha assicurato di voler essere partner e non rivale degli Stati Uniti. Il Segretario di Stato americano, dal canto suo, ha sì sottolineato come anche il suo Paese voglia gestire responsabilmente le differenze che creano dissapori fra Washington e Pechino, ma non ha nascosto, davanti agli interlocutori cinesi, il profondo disappunto USA sulle mosse della Cina con la Russia, Taiwan, Medio Oriente e Corea del Nord.
Il regime del PCC, (Partito Comunista Cinese), ha sempre mantenuto una sorta di pericolosa ambiguità nella vicenda russo-ucraina. Naturalmente, non è mai giunta da Pechino alcuna condanna ufficiale verso l’aggressione militare russa in Ucraina, ma in qualche circostanza la Cina è riuscita ad esprimersi contro tutte le violazioni della sovranità altrui, includendo, pur senza mai nominarla in modo diretto, quella commessa da Vladimir Putin. Non molto tempo fa, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sostenuto come la Cina possa costituire un importante fattore di pace per il suo Paese. In effetti, qualcuno nel mondo ha iniziato a notare un principio di allontanamento del Dragone dalla interminabile guerra di Putin, e forse, chissà, Zelensky può avere ottenuto, tramite canali ufficiosi, conferme in tal senso. Tuttavia, come ha lamentato Antony Blinken nel faccia a faccia con Xi, la Cina ha fornito finora alla Russia materiali, macchine utensili e microelettronica, che vengono usati per intensificare gli attacchi in Ucraina. Sempre secondo Blinken, Mosca farebbe fatica a sostenere l’aggressione militare senza il supporto cinese. C’è ambiguità cinese anche per quanto riguarda l’Iran, che, oggi più che mai, contribuisce alla destabilizzazione del Medio Oriente e non c’è volontà di usare la determinante influenza della Repubblica popolare al fine di convincere la Corea del Nord di Kim Jong-un a porre fine al proprio comportamento minaccioso. Taiwan non chiede, come indicato anche dagli Stati Uniti, l’indipendenza ufficiale e si accontenta di quella de facto, ma vuole e deve essere lasciata in pace dal potente vicino, che ha inoltre il dovere di evitare di ripetere quanto fatto negli ultimi tempi, ovvero, delle manovre marittime di stampo offensivo nel Mar Cinese Meridionale.
Xi Jinping, anche in terra francese, ha esortato al partenariato fra Cina ed Europa e non alla rivalità fra due blocchi, ma la presidente della Commissione UE, oltre alle divisioni in merito a Ucraina e Taiwan, non ha potuto nascondere, di fronte al presidente cinese, il malcontento europeo provocato dalla concorrenza commerciale sleale “Made in China”. Fa piacere che anche a Bruxelles si stiano accorgendo della questione, posta anni fa soltanto da Donald Trump, giudicato da tanti come un antistorico nazionalista. Ben vengano le aperture e la disponibilità di Xi perché, in un’ottica di realpolitik mondiale, è preferibile la concordia fra i grandi blocchi ad un clima di guerra mondiale, diciamo così, strisciante, ma le belle parole dei vertici internazionali devono essere trasformate in fatti. Fra l’incontro con Blinken e il viaggio in Europa di Xi, Taiwan ha intercettato nel proprio spazio aereo e marittimo una ventina di velivoli e navi della Repubblica popolare, e ciò, non fa ben sperare e non aiuta a ristabilire la fiducia occidentale nei confronti della Cina comunista.