Dal 4 marzo 2018 – come in un climax – colleziona successi sempre più performanti ma soprattutto non ne sbaglia una. Anche quando, sulla carta, l’affermazione personale non coincide con la vittoria in toto per tutta la coalizione. E di ciò, segno di maturità, se ne fa cruccio ponendola come una questione politica, “comunitaria”.
Il segreto della sua affermazione, se vogliamo, sta proprio qui: chiedere, a maggior ragione dopo l’ennesimo boom del proprio partito, «ancora più gioco di squadra». Per questo, e non solo, Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia risultano essere i due vincitori “senza macchia” della domenica di Regionali in Emilia-Romagna e in Calabria.
Certo, il quadro generale parla di una vittoria a testa (e quindi anche di una sconfitta) per centrosinistra, con Stefano Bonaccini, e centrodestra, con Jole Santelli. E, nel caso di Fratelli d’Italia, si trattava di una tornata senza candidati governatore espressione diretta del movimento. Eppure, alla fine, chi può rivendicare un risultato tondo e positivo nelle due regioni e per ragioni complementari è proprio FdI. A cui si aggiunge, come traccia metodologica per gli alleati a commento del risultato in Emilia-Romagna, ciò che Meloni ha ripetuto a risultato stabilito e che rappresenta il plot che l’ex ministro sviluppa sin dalla campagna per le Politiche del 2018: «Dare l’impressione che ci sia un solo partito in campo – continua a spiegare la leader sovranista in queste ore – non sviluppa al meglio la nostra grande potenzialità».
Un messaggio per nulla cifrato rivolto alla Lega, che – pur con un risultato enorme (il 31% in Emilia-Romagna seppur in leggero cale rispetto alle Europee e con una lista Borgonzoni, ferma all’1%, che ha nettamente deluso) – non ha curato appieno il profilo della campagna con le altre forze politiche, accentrando su di sé le attenzioni ma anche le contestazioni che hanno finito per alimentare il consenso di grillini e indecisi attorno l’avversario di centrosinistra. Meloni, tutti ciò, lo ribadisce non in tono polemico ma in linea con la vocazione plurale che ha permesso al destra-centro di “osare” in territori ostili a maggior ragione quando è riuscito ad esprimere tutte le caratteristiche e le interlocuzioni della coalizione.
È questo approccio, che richiama tutti alla coerenza e all’organicità, a risultare l’ingrediente tutt’altro che segreto che continua a consegnare alla madrina sovranista e al suo partito una crescita di simpatia, di consenso e di fiducia da parte degli elettori, dei “delusi” e dei sostenitori degli stessi partiti del centrodestra. Un approccio che, nell’epoca delle leadership forti, continua a coltivare parallelamente la “ricetta nazionale” nelle variazioni locali: lo dimostra una campagna elettorale nella quale Meloni ha preso parte ma senza una presenza ossessiva, lasciando ampio spazio ai candidati e ai dirigenti locali.
Il risultato? Anche in due regioni dove non aveva la visibilità degli altri alleati (che esprimevano i due candidati governatori) FdI oggi è l’unica forza che può rivendicare una crescita costante, cementata e percepita anche nel mainstream come tale:l’8,6% (nel 2014 era l’1,9%)nella regione “rossa” per eccellenza corrisponde a un risultato clamoroso che posiziona la destra come terza forza in Emilia-Romagna. Il risultato fa scopa con il 10,8% nella punta dello Stivale, in Calabria, legittimando quella doppia cifra ampiamente raggiunta a livello nazionale che spinge la destra, anche qui, proprio davanti i 5 Stelle che avevano fatto della Calabria roccaforte ed “esperimento vivente” del reddito di cittadinanza.
Un inizio di 2020 che nasce con un’ennesima avanzata personale, dunque, ma anche con una richiesta precisa di cambio di passo agli alleati, in vista delle prossime Regionali e della definizione di una proposta di governo che necessita di un lavoro preparatorio costante, armonico e puntuale. Perché FdI, come confermano le parole della sua leader, non intende fermarsi di certo ai “complimenti” per aver raggiunto le percentuali di An, al “diritto” di poter indicare nuovi candidati alla presidenza delle Regioni o di poter incalzare adesso i grillini per il podio in scala nazionale. Il suo obiettivo era ed è contribuire a far vincere l’intera squadra perché così e solo così si coltiva l’interesse nazionale: l’unico risultato nel quale e per il quale l’azione del singolo rimane davvero nella storia.