La destra ha di nuovo una casa. Devono ammetterlo anche i più scettici

Chi il mondo della destra italiana lo vive da sempre, la manifestazione di giovedì scorso, ad Acicastello (Catania), ha un che di commovente, e davvero non è impossibile che mentre segui gli interventi in qualche caso ci scappi una lacrimuccia. Sarà perché i quaranta/cinquantenni che oggi si propongono per essere la nuova classe dirigente della destra italiana, qualcuno se li ricorda se non proprio coi calzoni corti, sicuramente con il look dei liceali, i jeans sdruciti, le camice scozzesi, le barbe incolte, i capelli troppo lunghi sul collo.

E il ricordo si estende alle nottate di affissione nel cuore di Roma, sempre in campagna elettorale, con tappa fissa verso l’una di notte a casa Meloni, per il caffè e qualche volta anche la spaghettata di rito. Oppure proprio in Sicilia, d’estate, in campeggio tutti insieme appassionatamente, coi falò, le letture impegnate, ma anche le partite di palla a volo e le gare di nuoto. Erano anni in un certo senso “eroici”, dove il MSI viaggiava intorno al 4% e l’avvento del maggioritario poteva significare la fine.

Poi ci fu “il Cavaliere nero”, l’investitura di Gianfranco Fini sdoganato tanto da poter partecipare alle elezioni a sindaco di Roma. Non le vinse, ma ormai la destra non era più il partito “fuori dall’arco costituzionale” di cui vergognarsi. Era una forza viva e vitale, in grande ascesa.
Come sia andata è inutile ricordarlo. Gli uomini sbagliano, e qualcuno sbaglia di più. Non si può perdonarlo, ma si può dimenticarlo. Così all’improvviso la destra esplode e finisce in una diaspora.

Chi va con Forza Italia, chi con la Lega, chi addirittura si ricicla nei 5 stelle – anche se ci vuole coraggio ad essere finiti con gli amichetti di grillo – e infine chi, come Giorgia Meloni, non si dà pace. Il patrimonio della destra ha resistito in anni davvero duri, quando ai militanti gli sparavano direttamente dentro la sezione, o ammazzavano i ragazzini a colpi di chiave inglese: non era accettabile che tutto finisse così, per colpa di donnine, appartamenti, invidie personali su chi ha più carisma o leadership.

L’Evita della Garbatella, come aveva scritto Giuliano Ferrara, esce dal PDL, e lo fa anche con un sospiro di sollievo perché, diciamoci la verità, lei lì dentro c’è sempre stata un po’ strettina, a disagio, e non l’ha nemmeno mai nascosto. Se ne poco prima delle elezioni, così che nessuno possa accusarla di essersi presentata con il PDL per essere riconfermata, salvo lasciarlo il giorno dopo, ma con la poltrona garantita. Lo fa con Guido Crosetto, altro inguaribile sognatore, e mai coppia potrebbe essere più stramba, con lui denominato “il gigante buono”, e lei che raggiunge a malapena il metro e sessanta. Con loro arriva anche un esponente della vecchia guardia, l’unico disposto a mettersi in discussione e ad accettare di far parte, all’occorrenza, anche delle seconde file: Ignazio La Russa. Nessuno, né tra i commentatori né tra gli addetti ai lavori, crede che ce la possano fare. Immaginano l’ennesimo partitino nato morto, prima ancora di cominciare.

E che sia dura, non c’è dubbio. Per il rotto della cuffia Fratelli d’Italia, così si chiama il nuovo soggetto politico, entra in parlamento, solo alla Camera con 5 rappresentanti, al Senato non scatta il posto.

Comincia così l’avventura, senza denaro visto che non c’è più nemmeno il finanziamento pubblico ai partiti, senza poteri forti a sostenerti, senza aiuti da parte dei media, anzi! Eppure, malgrado tutto, c’è chi ci crede e, Meloni in testa, continua a lavorare senza sosta. Non si fanno promesse irrealizzabili all’elettorato anche se questo costa punti percentuali, non si raccontano baggianate, anche se questo rende più difficile far crescere Fratelli d’Italia visto che anche chi ti apprezza pensa che quello al partito della Meloni sia un voto perso, perché si tratta di un soggetto politico marginale. E invece giorno dopo giorno, adesione dopo adesione e contro ogni previsione, Fratelli d’Italia comincia a crescere: una crescita lenta, ma costante fino a queste ultime europee, quando il partito decolla decisamente.
Fratelli d’Italia supera Forza Italia, e chi era cresciuto nel Fronte della gioventù finalmente comincia a rivedere il partito a cui tornare, la casa del padre.

“Fratelli d’Italia non è una nuova casa ma un ritorno a casa” lo dichiara infatti il sindaco di Catania, Salvo Pogliese, uno degli ultimi ingressi nel partito.
L’ennesimo importante esponente delle destra che torna a credere nel futuro, nella nostra politica, che è chiara, precisa, non inquinata dalle necessità o dagli interessi di bottega.

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RK Montanari
RK Montanarihttps://www.lavocedelpatriota.it
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