La Dichiarazione di New York per una soluzione pacifica della questione palestinese: un passo avanti verso la pace o verso la resa dei conti?

La Dichiarazione di New York

Nell’ambito del Congresso Internazionale dell’ONU del 28-30 luglio, si è tenuta una Conferenza al più alto livello per la soluzione pacifica della questione palestinese e l’attuazione della soluzione dei due stati, al termine della quale è stata redatta la Dichiarazione di New York.

In sintesi, sotto la direzione congiunta di Francia ed Arabia Saudita, ma con la netta opposizione degli Stati Uniti – tanto che il Segretario di Stato americano Mark Rubio ha bollato la stessa come: “una conferenza improduttiva e inopportuna sulla soluzione dei due stati.

Una trovata pubblicitaria che…lungi dal promuovere la pace …prolungherà la guerra, incoraggerà Hamas, premierà il suo ostruzionismo e minerà gli sforzi concreti per raggiungere la pace” –    e l’assenza dai lavori di Israele, è stato diramato un documento di sette pagine i cui punti salienti possono essere così sintetizzati:

Cessazione del fuoco immediata – Risposta umanitaria e ricostruzione di Gaza – Situazione umanitaria in Cisgiordania – Realizzazione di uno Stato palestinese sovrano, unificato e indipendente – Sostegno all’attuazione del programma di riforme dell’Autorità Nazionale Palestinese verso uno Stato di Palestina economicamente sostenibile – Coesistenza pacifica – Raggiungimento dell’integrazione regionale attraverso la fine del conflitto israelo-palestinese.

La condanna di Hamas

Ma la vera novità della Conferenza delle Nazioni Unite, come sottolineato dal Ministro degli Esteri francese, Jean-Noel Barrot e da molti analisti internazionali, è che: “per la prima volta i paesi arabi e del Medio Oriente hanno condannato Hamas, di cui chiedono il disarmo e l’esclusione dal governo palestinese, ed espresso chiaramente la loro intenzione di normalizzare le relazioni con Israele”.

Nel documento finale si prevede infatti, nel contesto della fine della guerra, che Hamas ponga fine al suo dominio a Gaza e consegni le sue armi all’Autorità palestinese, con l’impegno e il sostegno internazionale, in linea con l’obiettivo di uno Stato palestinese sovrano e indipendente.

Il testo condanna l’attacco mortale del 7 ottobre da parte di Hamas, in cui il gruppo militante uccise circa 1.200 persone e prese in ostaggio circa 250 civili, di cui molti deceduti in detenzione, e circa 50 ancora trattenuti in condizioni disumane.

Si tratta quindi della prima condanna di Hamas da parte delle nazioni arabe.

Pace o Guerra?

Questa novità però ci pone davanti ad uno scenario ancora del tutto incerto e che si svelerà nelle prossime settimane.

Perché se da un lato la comunità internazionale ha preso atto della condanna netta del movimento terrorista di Hamas da parte dei 22 paesi della Lega Araba – ma anche dall’Unione Europea e da altre nazioni – compresa ovviamente la leadership dell’Autorità Nazionale Palestinese che governa parte dei territori della Cisgiordania, e che quindi farebbe pensare a un deciso passo in avanti del processo di pace che non può più prescindere dalla eliminazione almeno politica di Hamas, dall’altro, la condanna dei paesi arabi e l’isolamento internazionale di Hamas, lasciato al suo destino sia dall’Iran che dal Qatar, potrebbe aver rinforzato la posizione del Governo israeliano di puntare il tutto per tutto sulla opzione militare per lo strike definitivo.

D’altronde come potrebbe essere interpretata la volontà espressa dal premier Netanyahu di voler invadere e controllare l’intera striscia di Gaza, e che sarà fonte di acceso dibattito in seno alla democrazia israeliana?

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Sergio De Santis
Sergio De Santis
Col. (ris.) della Guardia di Finanza

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