La fame di Gaza è anche falsa propaganda

Tutte le guerre, soprattutto nel mondo contemporaneo iperconnesso e caratterizzato da un’informazione globalizzata, sono accompagnate da verità incontestabili e pure da non poche menzogne propagandistiche. Non fa eccezione la guerra nella Striscia di Gaza in merito alla quale ha preso piede una versione che non corrisponde del tutto al vero e che però, purtroppo, viene ritenuta affidabile da alcuni governi occidentali. In primo luogo, la vera ragione dalla quale è sorto il conflitto, gli attacchi sanguinari di Hamas in territorio israeliano del 7 ottobre del 2023, non viene nemmeno più citata, e, in un ribaltamento vergognoso della verità, Israele è diventato il solo colpevole della guerra, il solo carnefice, addirittura il genocida e l’affamatore di popoli.

Alcuni sono consapevoli di dare credito a bugie orchestrate da Hamas, ma seguono questa strada perché hanno sempre avuto il tarlo del pregiudizio, più antisemita che anti-sionista, verso lo Stato ebraico. Altri, semplicemente, cascano come pere cotte. A tutti i costi, il messaggio da ripetere sino allo sfinimento deve essere quello della pulizia etnica perseguita dal governo di Benjamin Netanyahu e della carestia diffusa in tutta la Striscia di Gaza. Per carità, la situazione a Gaza è pesante, ma la si vuole descrivere, secondo i desiderata di Hamas, ancora più infernale di quanto lo sia realmente, e per un intento propagandistico e strumentale.

Si ricorre, quindi, a forzature mediatiche e fandonie vere e proprie come hanno denunciato due autorevoli quotidiani tedeschi. Un’inchiesta del quotidiano bavarese Suddeutsche Zeitung ha rivelato come Hamas insceni e diffonda immagini non credibili e manipolate di fame e disperazione nella Striscia per influenzare l’opinione pubblica internazionale. Per la testata di Monaco, che comunque non nega la carenza di cibo che attanaglia Gaza, molte immagini di bambini emaciati non provengono neppure dalla Striscia, mentre altre ritraggono bimbi malati e affetti da patologie non legate alla guerra. Un’immagine ottenuta dal giornale mostra alcuni fotografi che chiedono ai gazawi di posare come se fossero in fila per il cibo, organizzando pertanto una messinscena ad uso e consumo mediatico.

Le fotografie, per Suddeutsche Zeitung, mostrano ciò che Hamas vuole che il mondo veda, ovvero, la popolazione civile di Gaza scaraventata in un inferno in Terra da Israele. E si tratta di immagini presentate in un contesto falso o fuorviante e magari costruite con l’Intelligenza Artificiale che in questo tempo aiuta a fare di tutto o quasi. L’Associazione dei giornalisti tedeschi ha lanciato un allarme ai media in Germania circa il rischio della diffusione a livello giornalistico di fotografie manipolate e prodotte professionalmente, che servono a plasmare la percezione pubblica e, nel caso di Gaza e Hamas, a sovrascrivere le immagini brutali dell’agguato terroristico del 7 ottobre 2023.

Hamas non vince e non vincerà sul piano militare, ma la sta spuntando, ahinoi, sul terreno della comunicazione perché parte dell’opinione pubblica globale sembra avere già dimenticato le ragazze israeliane del rave party tirate per i capelli come sacchi di immondizia e caricate a forza su motociclette e pick-up. Anche per il celebre quotidiano tedesco Bild, molte delle foto che vogliono raccontare una devastazione umana provocata da Israele sono truccate. Bild segnala il caso del giornalista e fotografo freelance di Gaza Anas Zayed Fatiyeh, il quale invia parecchie immagini dalla Striscia ai più importanti organi di informazione internazionali e viene da essi considerato come una fonte attendibile.

Peccato che Fatiyeh accompagni sui social ogni proprio scatto o presunto tale a slogan pro-Palestina e insulti nei confronti di Israele, svelando di agire, non per la verità, bensì per la propaganda di Hamas che ha bisogno di sbandierare al mondo il caos, la fame e la disperazione creati dai soldati di Netanyahu. La redazione di Bild si chiede come possa l’informazione mondiale dare fiducia ad un soggetto del genere, e, francamente, ce lo domandiamo anche noi.

Esiste, purtroppo, la voglia di alcuni settori occidentali, in particolare le sinistre europee, il centrismo lib-lab di Emmanuel Macron e il giornalismo liberal e radical-chic, di essere complici con l’industria del falso per potere finalmente screditare in mondovisione lo Stato degli ebrei e un premier “scorretto” come Benjamin Netanyahu, e rendere impellenti delle forzature pericolose tipo il riconoscimento dello Stato di Palestina, da portare avanti senza un serio processo di pace e senza garanzie relative ad una definitiva sconfitta di Hamas e del terrorismo islamista.

La criminalizzazione di Gerusalemme, gli artefatti e i falsi mediatici non aiuteranno mai a raggiungere la pace, ma, al contrario, contribuiranno a radicalizzare ancor più le mosse israeliane. Come è stato deciso qualche giorno fa, se Hamas non accetta accordi e disarmi, non libera gli ostaggi e taluni nel mondo, in particolare in Europa, si voltano dall’altra parte o intervengono, ma solo per mettere i bastoni fra le ruote dello Stato ebraico, allora Israele si sente in dovere di agire per conto suo senza prestare ascolto agli ipocriti.

Da qui, la scelta di invadere in maniera totale Gaza, che in ogni caso non comporterà un’annessione vera e propria perché ad un determinato momento il governo della Striscia sarà ceduto a forze arabe, capaci però, a differenza dei terroristi tagliagole di Hamas, di assicurare condizioni durature di sicurezza allo Stato di Israele. Coloro i quali hanno ribaltato la verità circa il conflitto e non si ricordano più del 7 ottobre, stanno ovviamente gridando allo scandalo dinanzi al proposito israeliano della invasione integrale, ma, se riflettiamo un attimo e usiamo un briciolo di memoria storica, possiamo giungere alla conclusione che la Striscia di Gaza riesca ad essere sicura soltanto con la cacciata di Hamas e una forte presenza di Israele.

Quel territorio ha iniziato a rappresentare una minaccia dal ritiro israeliano del 2005, vent’anni fa esatti, voluto dall’allora premier di Gerusalemme Ariel Sharon. La distensione promossa dallo Stato ebraico fu “premiata” dall’arrivo degli integralisti di Hamas, i quali, in vent’anni e foraggiati dall’Iran, hanno costantemente e periodicamente attaccato le città israeliane con razzi, missili e quanto a loro disposizione, uccidendo civili in Israele a più riprese, fino al drammatico salto di qualità del 7 ottobre del 2023.

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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