La flottilla dei pacifinti 

Ho provato in tutti i modi a trattenermi dallo scrivere della cosiddetta “Flottilla”. Perché iniziative di questo genere, al netto di ogni maschera, rappresentano irresponsabilità pura, velleitarismo sterile, propaganda travestita da buone intenzioni. Per questa ragione – non volendo creare imbarazzi al mio Direttore Ulderico de Laurentiis – fino a oggi avevo preferito tacere.

Ma a un certo punto il silenzio diventa impossibile, perché questa messinscena radical chic non è un banale episodio folcloristico, ma il simbolo di una sinistra che ha smarrito ogni senso della realtà e che, per questo, continua a rappresentare un pericolo concreto. Giorgia Meloni, rispondendo a Elly Schlein, ha messo in fila gli argomenti che basterebbero da soli a smontare la pantomima. Se l’obiettivo fosse davvero portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese, i canali esistono e funzionano: l’Italia, con l’iniziativa Food for Gaza, ha già fatto arrivare oltre duecento tonnellate di beni di prima necessità, inclusi alimenti e medicinali, raggiungendo perfino le aree più remote della Striscia.

Strumenti sicuri ed efficaci, che hanno garantito assistenza concreta senza esporre nessuno a rischi inutili. Ma evidentemente la sinistra non è interessata a salvare vite, ma ad avere una bandiera da sventolare (che, fateci caso, non è mai il Tricolore). Altro che aiuti: a costoro interessa il gesto plateale, apparire. E qui emerge l’intento vero: non un atto di solidarietà, ma un’operazione politica finalizzata a intossicare il clima interno, a mobilitare le piazze contro il governo, a delegittimare le istituzioni.

È il repertorio abituale della sinistra, che quando non ha soluzioni si rifugia nell’agitazione, nella provocazione, nella logica della piazza come sostituto della democrazia parlamentare. Una sinistra che non conosce la responsabilità del governo, ma solo la tentazione permanente di delegittimare l’avversario.

C’è poi l’aspetto più squallido: trasformare la guerra e le sue tragedie in materiale da campagna elettorale. La Flottilla è stata infatti brandita come vessillo da agitare nella campagna elettorale per le regionali, con la pretesa di raccattare qualche voto speculando sul dolore altrui. Un degrado senza precedenti, che rivela fino a che punto si è disposti a spingersi in nome del consenso.

Non si tratta soltanto di cinismo politico: il prezzo è anche culturale, perché con questo atteggiamento si finisce per legittimare e diffondere, nel dibattito pubblico, le posizioni dei terroristi islamici di Hamas. Parliamo di tagliagole, assassini, carnefici che hanno massacrato civili inermi il 7 ottobre, che usano la popolazione come scudo umano, che indottrinano i bambini con i loro principi criminali. I primi nemici del loro stesso popolo.

Eppure, mentre Israele mostra al mondo la brutalità di quei massacri, in Italia c’è chi si presta a recitare la parte del “pacifista”, o meglio del pacifinto, pronto a sfilare in mare contro Israele ma incapace di spendere una parola chiara contro gli autori della carneficina.

Il contrasto è stato reso evidente da Benjamin Netanyahu, che all’assemblea generale dell’Onu ha esibito sul bavero della giacca un QR Code. Un gesto semplice, per mostrare senza filtri le immagini dell’orrore: bambini sgozzati, famiglie sterminate, civili ebrei massacrati. Immagini che smontano ogni narrazione accomodante e che avrebbero dovuto zittire qualunque retorica.

Invece, mentre lo Stato di Israele ricorda al mondo chi sono i carnefici, da noi c’è chi organizza la Flottilla per sfidarli, fingendo di compiere un atto di pace; è qui che la vicenda assume un significato più profondo: non si tratta solo di una provocazione maldestra, ma di una scelta politica che rivela la natura di una sinistra sempre pronta a intossicare la vita pubblica, a usare ogni tragedia come arma, a strumentalizzare perfino la guerra pur di delegittimare l’avversario.

La Flottilla non è quindi un episodio isolato, ma il riflesso di un atteggiamento che ormai è diventato sistema: costruire consenso non con proposte, ma con lo scontro permanente; non con responsabilità, ma con l’agitazione; non con serietà, ma con lo spettacolo.

Ecco perché non si può archiviare la vicenda come folclore. La Flottilla è il paradigma di una sinistra che ha rinunciato a governare la realtà e che ha scelto la scorciatoia della propaganda e dell’odio. Un atteggiamento che danneggia tutti: perché indebolisce l’Italia, avvelena la società e finisce per legittimare chi, nel mondo, rappresenta la barbarie.

Aprite gli occhi, prima che sia troppo tardi.

Resta aggiornato

Invalid email address
Promettiamo di non inviarvi spam. È possibile annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.
Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente in comunicazione strategica, esperto di branding politico e posizionamento internazionale, è autore di 12 libri. Inviato in tutte le campagne elettorali USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.