Si parta dal principio: aver liberato Silvia Romano è una notizia felice, che non deve essere minimamente prestata, per ciò che è, alla speculazione. E’ una cittadina italiana, rapita dalle forze del male, e la sua liberazione è ciò che caratterizza uno Stato giusto da uno Stato profondamente ingiusto.
E’ compito della Patria tutelare chi la ama, in ogni parte del mondo, come argine di fronte ai pericoli e come cassa di risonanza di fronte ai successi. Allo stesso tempo, però, non ci si può piegare ad una certa retorica qualunquista e semplicistica, quella del “volemose bene” e che impedisce il porsi dubbi e domande, che appaiono lecite se non doverose.
E, serve capirsi, le domande lecite non afferiscono alla sfera personale: nessuno può o meno sindacare una sua conversione all’Islam. Può far piacere o meno, ma la Repubblica tutela come valore la libertà di culto del singolo cittadino. Per cui non esiste una sola persona che possa arrogarsi o meno il diritto di giudicare giusta o sbagliata la sua scelta.
Ci si dovrebbe chiedere, al riguardo, se tale scelta sia stata libera o si sia trattato di una coercizione. Ma a ciò sono deputate le forze di polizia che hanno proceduto al suo interrogatorio non appena tornata sul suolo italico. Sarà dall’emersione dei fatti in interrogatorio che dovranno disporsi, se necessario, le misure di assistenza psicologica richieste.
Non può, al contempo, farsi passare il messaggio che l’Islam sia una religione di pace o che il gruppo terroristico Al – Shabaab non sia ciò che è in realtà: un gruppo terroristico jihadista sunnita di matrice islamista responsabile, tra i vari atti di terrore, della strage all’università di Garissa nel 2015, in Kenya, dove morirono circa 150 studenti cristiani, e degli attentati del 21 gennaio 2016 a Mogadiscio.
Non può farsi passare il messaggio che sia naturale finanziare le attività del terrore. Non lo è per più ordini di motivi.
Il primo, ed anche più banale, sta nell’aver messo in pericolo qualsiasi cittadino italiano che compia attività onorevoli nei luoghi disagiati del mondo: le attività terroristiche, che si finanziano anche tramite l’ottenimento di riscatti dei suoi ostaggi, saranno incentivate a sfruttare questa leva, poiché si è lasciato intuire che l’Italia è un “buon pagatore”.
Il secondo, che guarda più alle conseguenze che al fatto in sé, è che il finanziamento del terrorismo rende il terrorismo stesso più forte e vigoroso: ha ottenuto ciò che cercava, cioè il tracollo della fermezza dello Stato di diritto di fronte alle sue pretese. Il male, subdolo e viscido, sconfigge il bene e lo piega alle proprie volontà.
Volontà che, nello specifico, è quella di legittimarsi: “Il mio potere di seminare terrore è superiore al vostro di vivere nella democrazia”.
Perchè di questo si tratta, di aver legittimato le future attività terroristiche di chi non guarda negli occhi del prossimo per ritrovarvi i sentimenti di umanità e solidarietà, tutt’altro. Nella visione del terrore, la vittima è solamente un mezzo per ottenere un finanziamento economico. La vittima è il bancomat per arrivare all’El Dorado necessario per il prossimo atto di diffusione del terrore.
Vale allora ricordare che l’Italia fu vittima, prima che del terrorismo religioso, di quello politico.
Erano gli anni ‘70, tempi in cui il Paese fu vittima di una spirale di violenza senza precedenti. L’acme di quell’orrore venne rappresentato dal brutale omicidio di Aldo Moro, rinvenuto nel portabagagli di una Renault rossa il 9 maggio 1978, in via Caetani, a Roma.
Di fronte a quell’atto del terrore rosso, di fronte al vile ricatto delle Brigate Rosse, lo Stato italiano decise di non arretrare, sostenendo la linea della fermezza, pur consci di ciò che avrebbe significato.
L’Italia, in quel frangente doloroso, scelse di non cedere, a difesa della legalità repubblicana e dello Stato democratico e di diritto, che mai può e deve chinare la testa di fronte ai soprusi delle mafie del terrore.
Il decisionismo di quei giorni, l’inflessibilità ed il rigore, portarono dì li a poco allo scemare del vento portatore di orrore delle BR. Lo Stato non si era piegato. Il terrorismo aveva perso. Non era stato legittimato.
Oggi, prima ancora di parlare di una ragazza di ritorno dall’Africa, sarebbe il caso di riaprire i libri di storia.