I vari tira e molla verbali di Donald Trump e pure del vicepresidente USA JD Vance erano null’altro, ormai si è capito, che specchietti per le allodole e trappole ben congegnate per cogliere di sorpresa gli Ayatollah iraniani e lasciare una incertezza di fondo circa tempi e metodi dell’intervento americano in Iran da dispiegare a supporto di quanto già svolto dall’aviazione israeliana. Ad un certo punto, è sembrato persino che fosse sopraggiunta all’ultimo minuto una differenza di vedute fra l’Amministrazione Trump e il governo israeliano di Benjamin Netanyahu, ma anche la finta lite israelo-americana faceva parte del gioco.
Insomma, un attacco USA nella Repubblica Islamica era atteso, ma pochi sapevano quando esso sarebbe effettivamente avvenuto e si è voluto proprio lasciare che un determinato disorientamento si diffondesse. È chiaro, per colpire meglio e i bombardieri stealth B-2 degli Stati Uniti, con le bombe Gbu-57 capaci di penetrare in bunker costruiti nel sottosuolo o nelle montagne, come i centri iraniani adibiti all’arricchimento dell’uranio, hanno centrato e danneggiato in profondità i siti nucleari della Repubblica Islamica di Fordow, Natanz e Isfahan. L’obiettivo degli USA, di Israele e di tutto il mondo libero, dove l’Italia, attraverso la premier Giorgia Meloni, ha già parlato in più occasioni della impossibilità per l’Iran integralista di possedere la bomba atomica, è sempre stato quello di impedire a Teheran di arricchire l’uranio a fini militari. Gli Stati Uniti, con il presidente Trump e poi con il Segretario di Stato Marco Rubio, si sono espressi chiaramente a tal proposito.
La posizione americana è in sostanza questa: Washington ed alleati non potevano accettare che l’Iran giungesse, e il traguardo da raggiungere era lì, ad un passo, a produrre bombe nucleari, e si è scelto di colpire i siti determinanti di Fordow, Natanz e Isfahan, e di non tergiversare oltre, ma ora che tali impianti sono stati resi innocui dai bombardieri B-2 e il mondo è meno in pericolo, si parli di pace, di negoziati ed anche dell’uso civile del nucleare da parte dell’Iran, oggetto di una importante apertura di Marco Rubio. Se però gli Ayatollah dovessero cercare il muro contro muro, come ha precisato Donald Trump, si andrebbe incontro alla tragedia, ovvero, ad una guerra ancora più vasta e al possibile crollo del regime teocratico iraniano.
Gli anti-occidentali d’Occidente, i parolai rossi e rosé, i pacifinti alla Giuseppe Conte, chiedono come mai alcuni Paesi del mondo possano avere la bomba atomica e altri no. La verità è davanti agli occhi di tutti e solo chi è in malafede, perché di fatto tifa per i regimi liberticidi e i nemici dell’Occidente, fa finta di non vederla. La dittatura teocratica degli Ayatollah, salita al potere in Iran nel 1979, ha sempre lavorato per assurgere al ruolo di potenza regionale con l’intento di destabilizzare il Medio Oriente e di imporre la propria rivoluzione islamica sciita non solo a discapito degli interessi occidentali e dello Stato di Israele, l’entità sionista che deve sparire per i fondamentalisti di Teheran, ma anche dell’assai inviso Islam sunnita, che detiene il potere nel Golfo Persico. Al di là delle dichiarazioni ufficiali, anche le monarchie sunnite del Golfo preferiscono che l’Iran non abbia l’atomica.
Ali Khamenei, Guida suprema dell’Iran, e tutti gli altri esponenti della teocrazia sotto di lui, sono estremisti inguaribili, ispirati ad un odio religioso esasperato, che hanno omaggiato e non condannato l’attacco di Hamas in Israele del 7 ottobre 2023, ma del resto, gli Ayatollah hanno costantemente finanziato, in tutta la loro Storia, ogni tipo di terrorismo internazionale e regionale, (Hamas, Hezbollah, Houthi), capace di attentare a persone e cose sia degli Stati Uniti che di Israele. Si capisce che una realtà politica siffatta diventi piuttosto pericolosa con delle bombe nucleari a disposizione. I raid aerei israeliani e i successivi effettuati dai bombardieri americani hanno avuto il solo scopo di neutralizzare tale minaccia e non c’è, almeno per ora, e non ci sarà, se l’Iran accetterà di parlare di pace come ha ammonito Trump, alcun tentativo di rovesciare il regime degli Ayatollah, che pure meriterebbero di essere cacciati a pedate.
Al momento, il “regime change” è solo un’ipotesi più mediatica che politica, anche se sarebbe salutare per l’Iran il poter riabbracciare la libertà e spazzare via le barbe fondamentaliste che dal 1979 hanno fatto sprofondare l’antica Persia nell’oscurantismo più feroce con repressioni violente del dissenso e umiliazioni inflitte alle donne. È sufficiente osservare qualche fotografia riguardante la vita quotidiana delle donne al tempo dello Scià Reza Pahlavi per capire quanto gli integralisti sciiti abbiano cambiato, in peggio, l’Iran.