Le posizioni sono opposte. Da una parte la maggior parte degli utenti internet capitanati da Wikipedia Italia che dal 3 luglio scorso per protestare ha oscurato le proprie pagine, dall’altra Riccardo Franco Levi, presidente dell’Associazione italiana editori. Il motivo del contendere è all’interno della “proposta di direttiva sul diritto d’autore sul mercato unico digitale” e con particolare attenzione agli articoli 11 e 13 della stessa, che con 318 voti contro 278, sono stati bocciati. Wikipedia, insieme ad oltre 150 accademici europei, esulta, “si sarebbe limitata la libertà di internet se fossero stati approvati”. Ricardo Levi parla invece di occasione mancata.
Ma andiamo con ordine. Il Parlamento europeo sta vagliando la proposta sul diritto d’autore nel mercato digitale che si compone di 24 articoli. Una volta che fosse approvata, la proposta si trasformerebbe in una direttiva europea vincolante per gli Stati membri che sarebbero quindi obbligati a seguirla pena eventuali, pesanti sanzioni pecuniarie. Quindi attuazione obbligatoria, salvo lasciare ai vari Stati la decisione di come attuare la direttiva. Al centro della proposta c’è il copyright, termine di lingua inglese che letteralmente significa diritto di copia, ed è l’equivalente del diritto d’autore nei paesi di common law, (cioè di ordinamento giuridico di origine britannica, basato sui precedenti giurisprudenziali più che su codici…) come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Il copyright è quindi il diritto dell’autore di opere intellettuali, sempre creative, musicali, artistiche, letterarie e, negli ultimi anni, anche di carattere informatico.
Vediamo ora in particolare i due articoli più problematici su cui sono nate le più aspre contestazioni.
L’art.11 della proposta si riferisce direttamente agli editori di carta stampata o simili, e prevede una retribuzione per l’utilizzo dell’opera coperta da copyright. Questa retribuzione è stata vista da molti come una sorta di tassa mascherata sui link. Di contro, viene definita un giusto compenso da devolvere agli editori di giornali per lo sfruttamento commerciale di un link o anche di quello che viene definito con termine inglese, uno snippet (cioè l’unità funzionale di un codice sorgente estratta da un programma e messa a disposizione degli utenti di Internet, o parte di un libro ceduto in lettura a scopo promozionale). E, abbastanza incredibile ma vero, lo sfruttamento verrebbe riferito anche a quelle due righe di anteprima che possono comparire sia su FB che sui motori di ricerca, e che se fosse passata la riforma avrebbero dovuto essere remunerate o comunque autorizzate dopo specifica richiesta. E’ quindi, almeno dal punto di vista di chi ama Internet libero, una fortuna che l’art. 11 sia stato respinto così come l’articolo che segue, il 13.
L’art. 13 riguarda il diritto d’autore per opere caricate su piattaforme online. Nella proposta si evidenzia la facilità con cui si possono introdurre in rete opere creative tanto che fino ad oggi a guadagnarci sono stati soprattutto i distributori, cioè i gestori delle piattaforme, piuttosto che gli autori dei contenuti. Per garantire maggiormente gli autori, quindi, l’art. 13 propone l’utilizzo di filtri automatici in grado di controllare i contenuti caricati e di impedirne la pubblicazione in caso di violazione del copyright. Va da sé, giusto o sbagliato che sia, che questo ridurrebbe in maniera davvero notevolissima la quantità di informazioni reperibili in Internet.
Alla luce di ciò, è andata male per chi sperava di far passare gli articoli di cui sopra (tra cui il gruppo del PD), e a Strasburgo malgrado il via libera della Commissione Affari legali, abbiamo visto che è stato incassato un voto negativo, come raramente accade in questi casi. Adesso, la proposta è stata di nuovo calendarizzata, questa volta a settembre, lasciando ai deputati il tempo di pensare o ripensare. Dei deputati italiani, i 5stelle hanno votato contro gli articoli in questione, mentre i candidati della Lega hanno votato a favore, incassando la totale disapprovazione di Salvini, che invece si è definito in sintonia coi 5stelle. Ciò ci fa immaginare che, al prossimo giro, anche i deputati leghisti ripenseranno al loro voto anche se sarebbe auspicabile che, nel frattempo, gli articoli in questioni vengano modificati in maniera che si comprima la libertà di internet il meno possibile. Fatte salve, naturalmente, quelle opere che rimbalzate in rete connaturano il mercato della pirateria, e che devono essere tutelate nella migliore maniera possibile.