La riforma della giustizia va avanti. Senza paura!

Come abbiamo già scritto, questo è un Governo di ostinati, a cominciare da chi lo guida, la premier Giorgia Meloni. Si tratta di una testardaggine positiva che spinge ad onorare gli impegni presi con la Nazione e a fare ciò che la maggioranza degli italiani chiede, anche se bisogna affrontare i dinieghi strumentali di caste e corporazioni abituate ad approfittare di un’Italia, quella che ha resistito fino a due anni e mezzo fa, perennemente inconcludente e incapace di cambiare. Oggi, vi è a Palazzo Chigi una classe dirigente che annuncia solo ciò che è sicura poi di realizzare e trasforma le parole in fatti.

Questo non va giù, oltre alle scontate sinistre, a quei poteri i quali rimpiangono la politica inetta nell’assumersi delle responsabilità perché è nell’eterna palude che essi hanno potuto conservare a lungo privilegi ed usi distorti delle loro prerogative. Abbiamo visto la levata di scudi di parte della magistratura, in particolare le toghe di sinistra aderenti a Magistratura democratica, contro la riforma della Giustizia articolata nel ddl Nordio. L’opportunità di intraprendere un dialogo con il Governo non è mai stata presa in considerazione e si è preferito il muro contro muro, gli scioperi e le patetiche manifestazioni con la Costituzione in mano. Un po’ per provare ad intimorire il Governo e un po’ per prestare soccorso alle claudicanti opposizioni parlamentari, alcune Procure si sono messe a sentenziare sui trattenimenti di migranti presso i centri di accoglienza in Albania e sono arrivate relazioni riguardanti il Decreto Sicurezza e le strutture italo-albanesi, ammantate di solennità, ma finalizzate invece ad avvelenare i pozzi. Questo è un Governo di caparbi che però non sono sprovveduti o spericolati, infatti, una certa guerriglia della magistratura più politicizzata, la quale non vuole che si tocchi nulla nell’ambito della Giustizia e pretende di essere Stato nello Stato, viene messa costantemente in conto da due anni e mezzo a questa parte.

Giorgia Meloni e il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che è, fra l’altro, un ex magistrato, non posseggono aziende e grandi patrimoni attaccabili, ma, come abbiamo assistito in talune circostanze, è possibile organizzare degli sgambetti diversi da quelli orchestrati anni fa contro Silvio Berlusconi. Tuttavia, la premier e il Governo ritengono sia doveroso pensare alle istanze della Nazione e non alle lamentele strumentali di pochi privilegiati. Perciò, la riforma della Giustizia sta andando avanti in Parlamento, nel cuore della democrazia, senza timori reverenziali verso gli ultimi fautori di un’Italia fatta di caste e percepita come il fanalino di coda dell’Occidente. Il Senato ha dato il via libera all’articolo 2 della riforma della Giustizia, quello della separazione delle carriere dei magistrati requirenti e giudicanti.

Un tassello molto importante del ddl Nordio, al quale si aggiungerà, le votazioni riprenderanno la prossima settimana, l’approvazione degli articoli 3 e 4 della riforma che specificano, oltre al principio della separazione, anche il concetto dei due CSM che dovranno formarsi rispettivamente per la magistratura requirente e per quella giudicante. Il testo dovrà poi essere esaminato dalla Camera dei Deputati per tornare di nuovo in Senato per l’approvazione definitiva, ma il Governo Meloni ha già imboccato la strada per arrivare ad una Giustizia degna di un Paese civile, libera dal correntismo politico e dalle distorsioni operate da toghe dedite ad una interpretazione militante della legge, basata infine, sull’assunzione di responsabilità dei magistrati per le loro azioni.

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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