C’è un interessante saggio di Tony Blankley pubblicato nel 2007 da Rubbettino che torna oggi di estrema attualità alla vigilia di una Pasqua ahinoi ancora blindata. Il libro, che si intitola “L’ultima chance dell’Occidente”, tratta della minaccia incalzante che l’Europa tutta si trasformi brevemente in Eurabia, ossia in un continente in cui gli europei di fatto vengono scalzati da musulmani e altre etnie, ma principalmente da musulmani, riprendendo un po’ quanto aveva anni fa profetizzato la scrittrice e giornalista Oriana Fallaci.
Ma – si dirà – qual è il nesso tra il saggio di Blankley e la Santa Pasqua che ci apprestiamo a vivere? A ben vedere una correlazione c’è. Da tempo infatti assistiamo ad una scristianizzazione della nostra società a tutto vantaggio di altri credi religiosi, con la conseguenza inevitabile che il mondo in cui viviamo si è trasformato in un mondo secolarizzato, dove secolarizzazione dei costumi vuol dire anche secolarizzazione delle radici cristiane e delle nostre identità.
E’ noto infatti che ogni nucleo sociale si caratterizza per una serie di usi e costumi propri del tutto diversi da quelli di un altro ceppo sociale: in questo risiede la bellezza di contesti differenti in cui poter vivere e prosperare. Detto questo però non si capisce perché da tempo sia in atto una sorta di negazione voluta delle nostre radici identitarie, quasi come se noi italiani e poi europei ci dovessimo vergognare delle nostre origini e della nostra provenienza. Siamo malati di esterofilia e il mondo altrui ci pare più bello e confortevole del nostro. Nulla di più sbagliato.
“Mentre il mondo islamico si espande e si radicalizza – si chiede Blankley nel suo saggio – l’Europa è diventata ormai un continente di atei secolarizzati post-cristiani? E’ governata moralmente dal relativismo? Manca di ogni obiettivo morale che non sia una scialba e sterile tolleranza? La sua cultura è puramente materialistica? La vitalità culturale dell’Europa si è seccata al punto di non volersi più riprodurre? Si arrenderà all’aggressione islamica?”. Sono tutti interrogativi interessanti e lasciano intravedere una prospettiva di futuro non roseo per l’Europa, figuriamoci per l’Italia.
L’Istat ha certificato di recente che nel 2020 si è toccato un nuovo minimo storico di nascite dall’unità d’Italia in poi, che tradotto vuol dire che non si fanno più figli mentre chi arriva da noi da altri paesi genera prole a non finire. Ci troviamo dunque di fronte ad un quadro molto complesso su cui bisogna riflettere soprattutto in occasione della Santa Pasqua.
Cosa vuol dire celebrare la Pasqua? Vuol dire anzitutto farsi carico delle nostre debolezze e delle parti di noi che sono morte o stanno morendo per poi tornare a nuova vita con più vigore ed energia di prima. Pasqua vuol dire arricchimento, ma anche crescita morale e spirituale, cosa quest’ultima difficile da perseguire in un contesto in cui i nostri valori risultano annacquati o contaminati da altre credenze. Questo non vuol dire ovviamente aver paura dell’altro o dello straniero; vuol dire invece rivendicare con forza e coraggio quelli che sono i nostri valori e le nostre peculiarità.
In un passo del saggio, sempre Blankley ricorda che “la spinta europea a favore della tolleranza si è a poco a poco trasformata in un sorprendente odio di sé della cultura occidentale, che ha negato l’istinto di autodifesa culturale e nazionale”. Bisognerebbe dunque ripartire da qui, da una autentica riscoperta di ciò che ci contraddistingue da altri popoli, culture e razze. Solo così facendo saremo in grado di difendere la nostra identità, senza aver timore di offendere qualcuno.
Riscopriamo i nostri valori cristiani, le nostre radici europee e la nostra civiltà non ci farà più paura. Un mondo secolarizzato non fa per noi.