La stretta Ue sui rimpatri ricalca la proposta italiana, e fa un passo in avanti da dichiarazione d’intenti ad operazione sul campo

L’Ue sceglie di divenire più severa con i migranti e decide di accelerare le misure per i rimpatri.
Un risultato che da tempo si aspettava, sebbene per raggiungerlo ci siano voluti diversi ‘campanelli d’allarme’, gli ultimi dei quali sono stati l’attentato all’insegnante ad Arras e l’omicidio ad opera del jihadista Lassoued a Bruxelles.

Ieri -19 ottobre- i Ministri dell’Interno degli Stati membri si sono riuniti per fare il punto sulla situazione corrente, anche alla luce della decisione di 11 paesi di sospendere Schengen, ripristinando temporaneamente i controlli alle frontiere.

Oggi si terrà un’altra importante riunione a livello europeo per accelerare le procedure di rimpatri, soprattutto nei confronti dei soggetti considerati pericolosi e che rappresentano una minaccia.
Una stretta dunque che si aggiunge ad una serie di manovre già prese sul tema migrazione e che ha tutta l’intenzione di garantire all’Ue sicurezza e tranquillità interna.         
A ciò segue anche una proposta della Commissione e degli Stati membri relativa al web, con l’intento di bloccare la diffusione di incitamento all’odio, discriminazione, razzismo, antisemitismo e disinformazione in rete, un mondo che ad oggi è divenuto sempre più complesso e da governare e di conseguenza più pericoloso per i rischi sottesi che nasconde.

Sul tema si era già in parte intervenuti con il noto Digital Services Act, con il quale sono state dettate regole puntuali e stringenti alle cosiddette Big tech, sempre nell’ottica di proteggere gli utenti dalle minacce latenti nel web.

È evidente che la stretta sui migranti, e in particolare sui rimpatri, connessa allo stop di Schengen, hanno a che vedere con la guerra in Israele, in cui il fuoco non sembra voler cessare.
Una guerra che indirettamente dunque stiamo vivendo anche in Europa e che senza le dovute accortezze vi potrebbe sfociare in maniera irreparabile.

Per questo, è stata approvata una risoluzione con la quale l’Eurocamera chiede “una pausa umanitaria” del conflitto di Gaza, considerando le migliaia di civili che si stanno colpendo, non da ultimo con l’attacco all’ospedale di Al Ahli in cui hanno perso la vita o sono stati gravemente feriti centinaia di pazienti e di persone in cerca di un rifugio.           
Nel lungo testo di matrice europea, i deputati sottolineano che l’attacco ai civili e alle infrastrutture, compresi gli operatori sanitari, quelli delle Nazioni Unite e i giornalisti, rappresenta una grave violazione del diritto internazionale.            
Tale vortice di attacco-risposta militare rischia altresì di intensificare il ciclo di violenza nella regione, con una conseguente possibilità di estensione del conflitto.        
Dal Parlamento Ue arriva infine la ferma condanna all’organizzazione terroristica di Hamas, che deve essere eliminata, ma anche il rinnovato appoggio ad una soluzione negoziata basata sui confini stabiliti nel 1967, mirando, finalmente, ad una coesistenza (per quanto possibile pacifica) tra i due Stati.

L’Unione Europea nella crisi israelo-palestinese sta dunque cercando di evitare gli errori commessi in passato con l’Ucraina. Si sta schierando fermamente contro Hamas e quindi contro ogni forma di terrorismo, implementando allo stesso tempo le dovute misure di sicurezza nei confini interni ed esterni dell’Unione.

È infatti oramai sotto gli occhi di tutti che esista una reale correlazione tra terrorismo e immigrazione clandestina. Quest’ultima deve perciò necessariamente essere controllata, mitigata e, infine, eliminata, in modo che solamente chi ne ha davvero bisogno possa approdare sulle nostre coste, senza pericoli né per la comunità europea né per i migranti stessi.
La risoluzione del problema della migrazione illegale e la necessità di procedure di rimpatri più brevi ed efficaci rappresentano due dei pilastri della politica italiana del Governo Meloni, che oggi viene seguita nei fatti, e non più solo con dichiarazioni d’intenti.

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