La Svizzera che vieta il burqa: segnale forte contro l’islamizzazione d’Europa

Dalla Svizzera arriva un doppio segnale importante. Non solo la democrazia non deve essere per forza umiliata dall'emergenza sanitaria, ma la lotta all'islamismo non riposa mai.

E’ trascorsa quasi una settimana da quando gli elettori svizzeri si sono recati alle urne per risolvere la questione del velo islamico negli spazi pubblici.
Il Paese elvetico ha votato a maggioranza ristretta a favore del divieto di nascondere il volto. Un segnale forte contro l’islam e l’islamizzazione d’Europa, per chi lo ha proposto; iniziativa xenofoba e sessista per gli altri.

Alla vigilia della festa della donna, la Svizzera ha messo così di fatto al bando il burqa nei luoghi pubblici. E steso un velo su ipocrisia e retorica.
Certamente il tema della sicurezza è al centro delle istanze che hanno spinto anche gli altri Paesi europei a muoversi nella stessa direzione, ma non solo.

La misura arriva poco più di un decennio dopo che i cittadini hanno votato per vietare la costruzione di minareti – le strutture simili a torri utilizzate per chiamare i musulmani alla preghiera. Votando contro l’uso del velo integrale nella sfera pubblica, la Svizzera si unisce a Francia, Austria, Bulgaria, Belgio e Danimarca, dopo anni di dibattiti. Le Courrier si domanda se la Svizzera abbia “paura del burqa o dell’islam”, Liberation sul confine della xenofobia e islamofobia.

Il testo, proposto dal partito di destra Udc, ha ottenuto il 51,21% dei voti e la maggioranza dei cantoni, come raccontano i risultati ufficiali pubblicati dal governo federale. Il referendum non faceva riferimento a burqa o niqab esplicitamente, motivo per cui da oggi in Svizzera sarà vietato coprirsi integralmente il viso in pubblico in qualsiasi occasione. Il che vale anche per i manifestanti incappucciati, ma sono previste eccezioni per i luoghi di culto. La verità è che il referendum riflette la determinazione della maggioranza degli elettori svizzeri a preservare le tradizioni e i valori svizzeri di fronte al multiculturalismo e all’islamizzazione. E in linea con il sistema svizzero di democrazia diretta, la costituzione del paese sarà ora modificata per incorporare il divieto, e il governo ha due anni per elaborare la legislazione necessaria.

Walter Wobmann, presidente della commissione referendum e membro dell’UDC, ha descritto il velo islamico come “un simbolo di questo islam politico estremo che è diventato sempre più importante in Europa e che non ha posto in Svizzera”. Ha aggiunto: “In Svizzera la nostra tradizione è che tu mostri il tuo volto. Questo è un simbolo delle nostre libertà fondamentali”.

La Federazione delle organizzazioni islamiche in Svizzera ( Föderation islamischer Dachorganisationen Schweiz, FID ) ci ha tenuto a dichiarare tutto il suo sdegno, “Siamo molto delusi dal risultato del voto. La delusione si mescola a una grande indignazione. Ci si sarebbe aspettato che il popolo svizzero non permettesse che la politica simbolica fosse condotta sulle pelle di alcune donne musulmane. Questa politica simbolica è diretta contro i musulmani … L’ancoraggio dei codici di abbigliamento nella Costituzione non è una lotta per la libertà delle donne, ma un ritiro nel passato”. Ferah Ulucay, segretario generale del Consiglio centrale dei musulmani in Svizzera ( Islamischer Zentralrat der Schweiz, IZRS ) ha affermato che l’approvazione del referendum è stata”una giornata buia per la Svizzera” perché “è riuscita ad ancorare l’islamofobia prevalente nella costituzione”. Ha promesso anche di contestare il divieto in tribunale e di pagare le multe per le donne che saranno perseguite per averlo violato.

La reazione del mondo islamico, in realtà, non è altro che un tentativo di mistificare la realtà sul significato profondo del velo. E anche tutto il dibattito, italiano e non, ossessionato dal razzismo, denuncia un’ignoranza di fondo sul velo e sul suo significato per giornalisti, analisti e politici. E’ piuttosto insignificante l’idea per cui, presi singolarmente gli elementi dell’islam, possano risultare innocui. Compongono nient’altro che l’ampiezza del sistema politico che è l’islam.

L’islam è la punta di diamante di quel progetto che rifiuta le radici cristiane dell’Occidente e l’integrazione con lo stesso. Lo hijab, il burqa e il niqab non hanno mai rappresentato un dogma della religione islamica, e non sono un simbolo religioso.

Il primo ad utilizzare la parola “velo” fu il giurista Ibn Taymiyya nel XIV. E lo fece prendendo spunto dal versetto 31 della sura 24 del Corano. Dal velarsi al velo. Da azione ad oggetto, fu questo il passaggio. Nasce per creare un confine che separi, che respinga gli sguardi. Nel mondo islamico, infatti, è ovunque sottolineato come la donna non debba guardare e soprattutto non debba farsi guardare. Per l’islam la femminilità è associata alla concupiscenza e il sesso femminile è associato al disordine. Il velo è allora lo strumento per conseguire l’obiettivo della purezza. Ma non solo. Nel mutamento linguistico s’inserisce anche quello di carattere sociale. Il credente si trova costretto a scontrarsi con l’essere musulmani in una società a maggioranza non musulmana, l’Occidente.

E allora il velo rappresenta la chiusura contro la cultura europea. Nega la libertà come fattore di “occidentalizzazione”, e inventa regole giuridiche per tenere sotto controllo la propria gente e l’islam stesso. Come a Creil nel 1989. Il velo, che fu la bandiera della rivoluzione di Khomeini contro i costumi troppo occidentali che s’erano imposti in Iran, fu la sintesi del nuovo volto che doveva avere la donna. Oggi più che mai non è un look islamico, ma la differenza che corre tra un donna di Allah e tutte le altre donne. E’, quello sì, razzismo puro. E’ una barriera sociale. Inoltre normalizzare l’hijab rafforza il messaggio che se non siete coperte, non siete rispettabili.

Ecco perché il divieto di velo islamico in Svizzera è una notizia.

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4 Commenti

  1. Scusa lorenza,a il burqa e una cosa, il jihab altra cosa. Il burka lo portano solo in afghanistan e forse dalle parti di peshawar. Conosco la zona, figurarsi in iran psrte alta di Teheran, con donne cmake_up da far invidia al wester world

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