È bastato un nome, “Erebor”, per scatenare l’ennesima crociata antifascista fuori tempo massimo. L’ANPI di Abbiategrasso — insieme a un manipolo di sezioni locali — ha chiesto al sindaco Cesare Nai di revocare gli spazi concessi a Gioventù Nazionale Milano Provincia per la loro festa annuale, accusandola di essere “chiaramente ispirata a raduni nazifascisti”.
Accuse gravi, e peraltro del tutto infondate.
La replica dei giovani di Fratelli d’Italia non si è fatta attendere: «Erebor è la montagna solitaria creata da Tolkien, non un campo paramilitare», hanno ricordato, respingendo al mittente «le deliranti insinuazioni» e chiarendo che la manifestazione — giunta alla quarta edizione — non ha mai violato alcuna norma né promosso idee contrarie alla Costituzione.
Il nome, spiegano, è un omaggio all’immaginario letterario di J.R.R. Tolkien e alla sua idea di comunità, eroismo e patria — valori che da sempre ispirano la cultura della destra giovanile italiana.
A quanto pare, però, il semplice fatto che un movimento identitario si richiami a un autore europeo, cattolico e tradizionalista basta a far scattare il riflesso condizionato di certa sinistra. Così l’ANPI, invece di occuparsi di memoria storica o di giovani, si ritrova a setacciare il web in cerca di “prove” del ritorno delle camicie nere.
Una caccia alle streghe che dice molto più di chi la conduce che non di chi la subisce.
Il problema, oggi, non è la destra giovanile che legge Tolkien, ma una sinistra che non legge più nulla. Che non distingue la cultura dall’ideologia, né la letteratura dal fanatismo politico. E che tenta di criminalizzare tutto ciò che non rientra nella propria ortodossia militante.
Gioventù Nazionale, con la sua “Erebor”, ha costruito negli anni un appuntamento di comunità, discussione e formazione. Nulla di segreto, nulla di estremista: solo ragazzi che scelgono di ritrovarsi sotto il segno di una tradizione letteraria e di una visione del mondo.
Il paradosso è che la stessa ANPI, che ogni anno chiede di “coinvolgere i giovani”, non tollera quando i giovani si organizzano da sé, parlano di patria, libertà e radici. È l’antifascismo di mestiere: quello che sopravvive solo inventandosi nemici.
Forse, prima di accusare altri di revisionismo, l’associazione dei partigiani dovrebbe interrogarsi sulla propria incapacità di comprendere la realtà. E magari — come ironicamente propongono i ragazzi di GN — leggere Lo Hobbit di Tolkien, per scoprire che non tutto ciò che parla di coraggio e di patria è fascismo.
Perché se c’è qualcosa che oggi somiglia a un “regime”, è proprio l’arroganza culturale di chi pretende di decidere quali libri, simboli o parole si possano pronunciare in Italia.