L’Italia, da quando il Governo Meloni è in carica, ha mutato atteggiamento e sensibilità di fronte alla opportunità di tornare allo sfruttamento dell’energia nucleare a fini ovviamente commerciali. La nostra Nazione si è preclusa tale opzione a partire dall’ormai lontano 1987, anno del referendum anti-nucleare organizzato dopo il disastro di Chernobyl, avvenuto l’anno prima. Allora, l’esplosione del reattore nucleare della centrale sita in Unione Sovietica, (oggi Chernobyl fa parte dell’odierna Ucraina), generò un’onda emotiva in tutta Europa, ma in Italia prese il sopravvento una specie di isteria collettiva ben sobillata dai Verdi di quell’epoca e da altre forze di sinistra, la quale portò il Paese ad avere paura del nucleare di per sé e a rifiutare in maggioranza l’impiego dell’atomo. Si diffusero timori non ben ponderati perché la centrale di Chernobyl non poteva anzitutto essere messa sullo stesso piano delle strutture presenti ed operanti in Europa occidentale.
Nel 1986 l’Unione Sovietica era un impero in disfacimento che infatti di lì a poco sarebbe collassato e le infrastrutture dello Stato comunista, comprese le centrali nucleari, soffrivano di noncuranza e manutenzioni scarse. Fu miope privare l’Italia del nucleare con la puerile motivazione di metterla così al sicuro da disastri come quello di Chernobyl. Eravamo e siamo tuttora circondati da centrali nucleari che si trovano ad un passo da noi, a cominciare da quelle francesi, perciò, il referendum del 1987, promosso da forze che politicizzarono e strumentalizzarono un incidente, seppur grave, non avrebbe mai potuto chiudere l’Italia in una protettiva e assai utopica campana di vetro. Quella scelta sciagurata ci costrinse solo a smettere di produrre energia nucleare e a doverla poi acquistare da Paesi esteri come la Francia, con costi, lo si può intuire benissimo, maggiori.
Il Governo Meloni ritiene sia sensato, dopo diversi decenni, invertire la rotta in Italia in merito al nucleare perché se fu già parecchio sbagliato e imprudente rinunciare a questo tipo di energia quasi quarant’anni fa, sarebbe sciocco voler tutt’oggi perseverare con un rifiuto che è sempre stato più ideologico che razionale. I reattori di nuova generazione garantiscono piena sicurezza, infatti l’Italia odierna non vuole perdere anche questo treno e, facendo un ragionamento molto pragmatico, ha scelto di passare dal ruolo di semplice osservatore a quello di membro effettivo dell’alleanza dei Paesi UE che dal 2023 promuove a Bruxelles le istanze delle Nazioni pro-atomo del continente. La scelta è stata compiuta dopo la presentazione da parte del Governo Meloni di un disegno di legge mirato al ritorno della produzione di energia nucleare in Italia. La nutrita alleanza europea pro-nucleare punta alla costruzione di nuovi impianti e al prolungamento della vita di quelli esistenti perché vede nello sfruttamento di tale energia una strada decisiva per il futuro dell’Europa.
Il nucleare è sicuro, pulito e sostenibile a livello economico, quindi, visto che l’UE si è lasciata irretire da un’idea di transizione ecologica insensata che farebbe bene soltanto ad un grande competitor del Vecchio Continente quale è la Cina, l’atomo può essere il mezzo per ridurre il ricorso ai combustibili fossili senza provocare pesanti contraccolpi al sistema industriale europeo e creare dipendenza dalle batterie prodotte dal primo costruttore mondiale di esse, la Repubblica popolare cinese. Gli approvvigionamenti energetici sono purtroppo legati agli equilibri geopolitici e il nucleare protegge la sovranità italiana ed europea perché permette di produrre energia, per così dire, in casa e scongiura la completa sudditanza davanti a fornitori esteri che, consci della loro funzione indispensabile, possono fare il bello e il cattivo tempo con arroganza.
L’UE punta a bloccare del tutto l’acquisto di gas russo e il nucleare può essere una valida alternativa ai ricatti di Vladimir Putin. La guerra in Ucraina ha fatto comprendere a tutti, inclusa la Germania che era divenuta anni addietro ancora più russo-dipendente dell’Italia, l’opportunità di smettere di consegnare tutte le chiavi strategiche al Cremlino, ma serve essere lungimiranti e andare anche oltre al problema russo. Si può senz’altro comprare una fetta di energia, oltre a quella prodotta autonomamente con il nucleare, presso fornitori esterni ai confini europei, ma non si deve mai condizionare la propria sopravvivenza e consegnarla in toto a entità extracontinentali, siano esse russe, cinesi o arabe.