Le balle di Conte.

Una sceneggiata da demagogo sudamericano. Condita da alcune “balle” – incluse vere e proprie fake news – destinate a rompere definitivamente quel clima di unità nazionale che, a dire il vero, è stato applicato in tutta l’emergenza Coronavirus solo dall’opposizione: forse fin troppo “responsabile” – e ieri se n’è avuta la riprova – in questo mese di sospensione delle libertà fondamentali appena prolungato fino a maggio, senza troppe spiegazioni (sic), da un Giuseppe Conte a suo agio ormai solo quando può atteggiarsi a caudillo rigorosamente senza contraddittorio.

Eppure, almeno sulla carta, doveva essere la “ripartenza” il plot narrativo dell’ennesima conferenza studiata dal “regista” Rocco Casalino per il premier: l’ennesima autocelebrazione del tirare a campare (nonostante migliaia e migliaia di vittime e una nazione economicamente in ginocchio) venduta come momento conclusivo della “fase 1” a cui, non si sa bene né come né quando né con quali mezzi, dovrebbe far seguito una “fase 2” per la quale – tanto per confondere ulteriormente il campo – ha predisposto l’ennesima task force tecnica.

Un incontro con la stampa, poi, rinviato goffamente di un giorno per evitare la figuraccia di essere bruciato dalla decisione dell’Eurogruppo: quel vertice nel quale il governo giallorosso è entrato con il dogma contiano «Sì Eurobond, No Mes» ed è uscito con la faccia tumefatta e il sorriso forzato di Gualtieri restio ad arrendersi alla verità dei fatti: «No Eurobond, Sì Mes». Esattamente come volevano i falchi delle nazioni del Nord.

Conte a questo punto – dopo una giornata in cui ha dovuto far fronte ai 5 Stelle impauriti dalla rabbia dei militanti (a dire il vero sempre più diradati) contro l’ennesimo tradimento e da un Pd che ha tentato l’all-in con la proposta (ma guarda un po’) di una nuova tassa patrimoniale per ovviare agli schiaffoni dei “partner” europei – ha scelto di utilizzare il mezzo, la Rai, e il ruolo, il suo mandato, per fare i conti con chi? Ovvio, con l’opposizione.

«Il Mes esiste dal 2012, non è stato istituito ieri o attivato la scorsa notte come falsamente e irresponsabilmente è stato dichiarato da Matteo Salvini e Giorgia Meloni», ha attaccato.

Ma il piatto forte viene dopo: «Qualcuno dice è una trappola, allora chi ha confezionato questa trappola si assuma la responsabilità. Era il 2012, io non c’ero, c’era un governo di centrodestra e se non sbaglio la Meloni era ministro». Sbaglia presidente, eccome. Prendendo un abbaglio grave e ingiustificabile.

Per la chiarezza: il governo che approvò il Mes nel 2012 era guidato da Mario Monti, sostenuto a spada tratta dal Pd e da un Pdl già alla frutta. E ovviamente Giorgia Meloni non solo non era più ministro ma – come dimostrano gli atti ufficiali – non votò il Mes in Parlamento. Anzi, proprio da quel dossier prese la decisione di staccare la destra dal corpaccione “popolarista” e riportare una famoglia politic in quella dimensione realista, sociale e confederale che oggi è la più in forma e attrezzata del panorama europeo.

Conte in diretta tv, insomma, ha recitato una di quelle fake news che la sua distopica “commissione di controllo”, targata Martella, dovrebbe sanzionare col bollino rosso sul sito ufficiale del governo. Non solo, quindi, le parole rimangiate sul Mes («in quel caso faremo da soli», minacciava solo qualche ora prima) e la gravissima esposizione dell’Italia agli appetiti dell’arcipelago germanofilo che spera di un’Italia così indebolita dal Covid-19 da cadere, nel giro di qualche mese, nelle braccia del Fondo Salvastati.

ciò si sono aggiunte la bufala su chi sostenne la «trappola» (che il suo governo ha permesso di inserire tra i quattro fondamentali punti del piano di rilancio europeo) e il surreale j’accuse all’opposizione di compiere il proprio dovere: ossia vigilare sull’operato dell’esecutivo e denunciare quando questo rischia di portare su binari morti l’intera comunità.

Una vicenda pericolosa, sulla quale sono in tanti a chiedersi se e quando Sergio Mattarella sceglierà di dare un segnale. Già, perché Conte ieri ha fatto strage della grammatica istituzionale, di quel galateo che un uomo delle istituzioni dovrebbe sempre manifestare, a maggior ragione se riveste ruoli apicali.

Lo ha fatto fuori da ogni consuetudine, ancor più grave perché è dall’inizio di questa crisi pandemica che l’ex avvocato del popolo ha abusato – con il silenzio-assenso della stampa ufficiale e disattendendo ai richiami del Colle – degli “strumenti” (gli ormai celebri Dpcm) per esautorare di fatto il dibattito parlamentare, vissuto sempre di più come un fastidioso orpello liturgico più che come quel “gabinetto di guerra” che dovrebbe essere convocato in seduta costante per sostenere la Nazione alle prese con il Covid-19.

Ieri, poi, l’azzardo mai compiuto prima da un premier: utilizzare la televisione pubblica per diffondere fake news e regolare i conti con gli oppositori politici con la scusa del rischio «di compromettere la nostra forza negoziale». Chissà, la prossima mossa, in vista del Consiglio europeo (dove il Mes passerà), potrebbe essere quella di metterli in quarantena “mediatica”.

E quando necessario togliergli pure il wi-fi.

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