Le capriole di Conte sulla NATO: ecco cosa ha firmato

C’è un limite alla narrazione politica che piega i fatti alla convenienza del momento. Ma Giuseppe Conte, ormai da tempo, sembra non porsi nemmeno più il problema. Lo confermano le sue recenti dichiarazioni sulle spese per la difesa: prima nega, poi si contraddice, infine accusa. In tutto questo, la realtà – quella dei documenti ufficiali NATO, dei dati macroeconomici e delle leggi di bilancio approvate durante i suoi governi – lo smentisce senza appello.

«Non ho mai firmato nessun impegno al 2% del PIL per la difesa» ha detto con sicurezza l’ex premier a L’aria che tira su La7, puntando il dito contro chi lo accusa di ipocrisia. Peccato che i documenti NATO raccontino un’altra storia: nel luglio 2018 e poi ancora nel dicembre 2019, Giuseppe Conte ha sottoscritto le dichiarazioni ufficiali dei Vertici dell’Alleanza atlantica che ribadiscono nero su bianco l’obiettivo del 2% per le spese militari. Non “una volta”, ma per due anni consecutivi. Cosa ha firmato allora? Non lo sa o finge di non ricordarlo?

La verità, probabilmente, è più amara: Conte ha firmato tutto ciò che andava firmato per ottenere credibilità internazionale. Poi, una volta tornato nel porto sicuro dell’opposizione, ha cambiato maschera. Ha gettato l’elmetto per indossare la pettorina pacifinta e radunare il suo Movimento sotto le bandiere della protesta permanente. Oggi marcia all’Aja contro la “strategia bellicista della NATO”, ieri sedeva al tavolo di Bruxelles dicendosi solidale con le richieste americane di riequilibrio nei contributi all’Alleanza. E nel frattempo – nel silenzio – aumentava le spese per la difesa più di chiunque altro.

Già, perché i numeri non mentono. Il picco della spesa militare italiana – sia in termini assoluti che percentuali – si registra proprio nel 2020, sotto il secondo governo Conte, in piena pandemia, quando l’Italia era paralizzata dal lockdown e i cittadini attendevano aiuti per la sanità, le scuole, le imprese. Mentre si chiudevano le attività, si aprivano portafogli per la difesa: +25% rispetto al 2019. Con buona pace delle “priorità sociali”.

E non finisce qui. Tra 2019 e 2021, il governo Conte-M5S:

  • ha stanziato oltre 25 miliardi per l’ammodernamento delle Forze Armate;
  • ha approvato 22 programmi d’arma;
  • ha aderito al programma Tempest per lo sviluppo di un nuovo caccia da 6 miliardi;
  • ha confermato gli impegni per gli F-35;
  • ha votato alla Camera (nel 2022) un ordine del giorno che impegnava il governo ad aumentare le spese per la difesa.

E ora? Ora ci raccontano un’altra favola. Conte nega tutto, si finge paladino della pace e spara a zero su un governo “guerrafondaio”, che però – a differenza sua – non ha mai cambiato posizione. Fratelli d’Italia, infatti, ha mantenuto la stessa linea da sempre: difesa della sovranità nazionale, coesione euroatlantica, investimento nella sicurezza come garanzia di libertà.

Quando era all’opposizione, il partito guidato da Giorgia Meloni non ha mai cavalcato l’onda del disfattismo, nemmeno nei momenti più complessi del quadro internazionale. Oggi, al governo, mantiene fede agli impegni assunti, promuove una politica di difesa responsabile, coerente e ancorata ai valori di libertà e sovranità. Il Piano Mattei per l’Africa, la strategia per il Mediterraneo allargato, la difesa dell’interesse nazionale e la visione di un’Europa forte ma autonoma: tutto nasce da una visione chiara, non da improvvisazioni elettoralistiche.

E non è questione di “tifare” per gli Stati Uniti o per la NATO, come Conte prova a suggerire. È questione di realismo: chi difende la libertà ha dei costi, e la sovranità non si garantisce con le manifestazioni in piazza ma con le scelte strategiche, anche difficili, nei consessi internazionali.

Conte, nel 2018, lo sapeva. Lo disse lui stesso in conferenza stampa, riconoscendo che gli USA coprivano “in modo eccessivamente gravoso” il peso della sicurezza dell’intera Alleanza. Disse che bisognava ribilanciare. Oggi finge di non ricordarlo.

Questa è la differenza: la coerenza costa, ma ti rende credibile. L’incoerenza no, ma prima o poi presenta il conto. E il conto, stavolta, lo pagano gli italiani che vengono presi in giro da chi pensa che la politica sia una recita a soggetto.

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Leo Valerio Paggi
Leo Valerio Paggi
Leo Valerio Paggi per La Voce del Patriota.

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