Le fantastiche imprecisioni di Donald

La dichiarazione data dal Presidente Trump “stiamo facendo tanti soldi” durante la visita del Primo ministro Italiano Giorgia Meloni, reca con se qualcosa di semplicistico.

Quando si impongono tasse ed imposte, che siano fisse o in misura percentuale, occorre sempre capire chi subirà le conseguenze di tali imposizioni. Il dazio, di per se, è una tassa che colpisce le merci ed i servizi in entrata sul territorio statunitense; “trillion dollars”. E allora la domanda è: chi paga i trillion dollars? E chi li incassa?

Chi li incassa è sicuramente l’apparato della Pubblica Amministrazione che vede nel corso dell’ultimo anno diminuire la sua mole ma che resta comunque alta. Infatti la spesa fiscale negli Stati Uniti è diminuita a 528165 milioni di dollari USA a marzo rispetto a 603.441 milioni di dollari USA a febbraio del 2025. La spesa fiscale negli Stati Uniti ha mediato 147.083,75 milioni di USD dal 1954 al 2025, raggiungendo un massimo storico di 1.104.903,00 milioni di USD nel giugno 2020 e un minimo storico di 3.842,00 milioni di USD nel novembre 1954.

Chi le incasserà non saranno certamente i cittadini americani nel senso che non verrà versato sul loro conto neanche un centesimo di dollaro.

Non possiamo neanche sapere se, grazie i trillion dollars, i cittadini americani pagheranno meno tasse.

Quello che sappiamo, e ce lo spiega la micro e macro economia, è quello che accade ed accadrà alla domanda ed all’offerta dei beni gravati dai nuovi dazi. Essi non colpiranno nella stessa misura tutti i beni soggetti al nuovo gravame ma a seconda della rigidità o elasticità della relazione tra domanda ed offerta di quel bene. Se il consumatore statunitense non può fare a meno di acquistare il bene importato, il dazio ricadrà sulle proprie finanze, in assenza di un surrogato di quel bene; l’esportatore d’oltre oceano non vedrà diminuire la produzione e di conseguenza il proprio reddito. In caso contrario accade l’opposto.

Cosa accadrebbe dalle parti nostre? La legge che regola la questione è la stessa. Le cose che importiamo dagli Stati Uniti sono il gas ed il petrolio (domanda incrementata dallo scoppio della guerra in Ucraina), materie prime che incidono sul costo di produzione dei nostri beni, beni che esportiamo. Se esportassimo solo beni a domanda rigida, l’applicazione di un dazio ricadrebbe sempre e solo sul consumatore americano ma sappiamo che con il petrolio produciamo tanti beni per consumo interno e non solo quelli che esportiamo. Assisteremmo ad un generale aumento dei prezzi italici.

Quindi, nonostante si sentano urla da più parti che vogliono l’applicazione di contro-dazi, la via della trattativa resta la migliore possibile. Anche a livello di politica interna la scelta della trattiva resta la migliore attuabile perché, in caso contrario, assisteremmo ad un aumento generale dei prezzi al consumo a discapito soprattutto delle fasce deboli.

Resta aggiornato

Invalid email address
Promettiamo di non inviarvi spam. È possibile annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.
Massimiliano Scorrano
Massimiliano Scorrano
Nato a Pescara, consegue la Laurea Specialistica nella locale Facoltà di Scienze Manageriali con le tesi di taglio giuridico e di economia, sulle tematiche legate alla sicurezza sui luoghi di lavoro, per la triennale, e sui distretti industriali italiani posti in relazione al capitale sociale ed umano per la specialistica. Scopre la tesi del Valore indotto e della Proprietà popolare della moneta del prof. Giacinto Auriti. Articolista per il sito della Scuola Auritiana, cultore delle politiche monetarie, ha collaborato alla pubblicazione di due libri scrivendo due brevi saggi, l'uno affrontando le tematiche riguardanti le trasformazioni delle Banche Popolare in Italia nel libro "L'Italia del futuro", l'altro affrontando le tematiche relative agli infortuni sui luoghi di lavoro nel libro "Le priorità del cuore".

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.