Nel 2015 il Parlamento impegnò il governo a riconoscere lo Stato di Palestina con due mozioni: una del Partito Democratico (Speranza) e una del Nuovo Centrodestra (Alli). Testi chiari: soluzione a due Stati, negoziato diretto, Gerusalemme capitale condivisa, azione coordinata in Ue e Onu. Poi, per dieci anni, nulla di concreto da parte di chi quelle mozioni le aveva promosse e ha anche governato.
Fratelli d’Italia, allora all’opposizione, presentò una propria mozione: sì al riconoscimento a valle di un accordo bilaterale e in reciprocità con Israele, no a scorciatoie unilaterali che regalino legittimità a Hamas, organizzazione terroristica per Ue, Usa e Regno Unito. È la stessa linea che il partito sostiene oggi al governo, con un’aggiunta resa tragicamente necessaria dal 7 ottobre 2023: liberazione degli ostaggi come condizione imprescindibile. Coerenza, non propaganda.
E il Movimento 5 Stelle? Nel 2015 si astennero sulla mozione Pd e votarono contro quella Ncd; nel 2019, al governo con Conte, presentarono al Senato un’altra mozione per il riconoscimento “nei confini del 1967” — ma non seguirono atti di governo. Hanno avuto strumenti e maggioranze per farlo: non l’hanno fatto. Oggi accusano l’esecutivo Meloni di immobilismo, dimenticando gli anni delle proprie non-decisioni.
La posizione del governo Meloni resta lineare: due popoli–due Stati, esclusione di Hamas da qualsiasi forma di governo a Gaza, rilascio degli ostaggi, negoziato per una pace reale e duratura, non un gesto simbolico. Nel frattempo, l’Italia ha fatto ciò che doveva sul piano umanitario (aiuti, evacuazioni mediche, missioni della Difesa) e su quello politico (sostegno al diritto di sicurezza di Israele e richiamo alla proporzionalità). Fatti, non slogan.
La domanda, dunque, è semplice: la sinistra che oggi pretende un riconoscimento formale e immediato è pronta a dire, con altrettanta chiarezza, che Hamas non può avere alcuna autorità nel futuro Stato palestinese? È pronta a ribadire che la soluzione sta nel negoziato e nella reciprocità — non in atti unilaterali? Se la risposta è sì, allora si torni ai testi del 2015 e li si pratichi; se è no, si abbia il coraggio di dirlo agli italiani.