Le manifestazioni pro-Hamas e i timori per la tenuta della sicurezza in Europa

Non si fermano le manifestazioni di chi sostiene la Palestina dopo l’attacco terroristico di Hamas ai danni di Israele.

Il weekend appena trascorso, iniziato il 13 ottobre, ha visto migliaia di persone scese in piazza per supportare il popolo palestinese in ogni parte d’Europa, non senza che ciò provocasse conseguenze sulla generale tenuta della sicurezza sul territorio.

A Parigi i raduni pro Palestina sono stati vietati

Dopo l’attacco di Arras, in cui un giovane islamista russo-ceceno ha ucciso un insegnante, sabato 14 ottobre sono stati evacuati il Museo del Louvre e la stazione di Gare de Lyone il Palazzo di Versailles dopo che le autorità avevano ritenuto che la sicurezza degli edifici fosse stata compromessa. In particolare, al Louvre era giunta una minaccia di attentato, mentre a Versailles era stata segnalata una bomba. Una bottiglia sospetta ha invece fatto evacuare la stazione Gare de Lyon. Fortunatamente, in nessuno dei tre luoghi è avvenuto nulla e nessuna bomba è stata rinvenuta.           

Ad ogni modo,la Francia sta vivendo in un clima di “emergenza attentati”, il più alto livello di allerta del Paese, e ha schierato ben 7.000 soldati in tutta la Francia fino a nuovo ordine.

Un segnale tangibile di come il paese europeo che presenta, forse, la più alta percentuale di musulmani, non sia di certo priva di timori rispetto allo stato di allarme internazionale.

Londra e le misure di sicurezza

Anche a Londra sono stati in migliaia a radunarsi in centro per manifestare il proprio sostegno e solidarietà nei confronti di Gaza. I partecipanti hanno iniziato una marcia attraverso la capitale britannica sventolando bandiere palestinesi e gridando slogan: “Free Palestine”, “Occupation no more” e “Stop bombing Gaza”.

Come risposta, le autorità inglesi hanno previsto che chiunque sventoli una bandiera di Hamas e inciti alla violenza contro Israele sarà arrestato. Nella capitale britannica sono scattate misure speciali.

In particolare,la Metropolitan Police ha schierato migliaia di agenti per vigilare sull’evento di sabato, e ha chiarito che sebbene l’esibizione di una bandiera palestinese non costituisca di per sé un reato, “tuttavia, ci sono specifiche situazioni in cui la presenza di una bandiera o di uno striscione, come l’uso di particolari parole, potrebbe essere interpretate come un atto di intimidazione. In alcune circostanze, potrebbe anche essere interpretato come l’intenzione di provocare molestie, allarme, problemi”.

Ad accrescere la tensione londinese, c’è stata poi anche l’affissione di foto di uomini, donne e bambini rapiti da Hamas. Le immagini contenevano un appello alla comunità islamica, chiamata a fare pressioni per favorire la liberazione degli ostaggi e per contrastare la propaganda del movimento responsabile dell’attacco di una settimana fa.

Una situazione di estrema delicatezza e in cui ogni aspetto della sicurezza deve essere attenzionato e nel quale è necessario dunque anche ricorrere a misure ancora più restrittive di quelle previste nell’ordinario.

A Madrid pro-palestinesi chiedono di “smettere di mostrare complicità allo Stato di Israele”

Anche in Spagna non sono mancate le manifestazioni di solidarietà alla Palestina. A Madrid ci sono statedecine di migliaia di sostenitori che hanno manifestato nel fine settimane per protestare contro il governo di Israele, chiedere la fine dell’assedio di Gaza, il cessate il fuoco e la creazione di corridoi umanitari per la liberazione degli ostaggi.        
A tale iniziativa, convocata da tante sigle pro-Palestina, hanno aderito Sumar e Podemos, che hanno chiesto al governo di Pedro Sánchez di “smettere di mostrare complicità” con lo Stato di Israele. Richieste rivolte anche alla stessa Ue, “sinora posizionata chiaramente dalla parte di Benyamin Netanyahu”, si chiede di porre fine al “genocidio contro i palestinesi”.     
Al corteo, partito dalla stazione di Atocha per concludersi alla Puerta del Sol, hanno partecipato la leader Podemos e ministra dei Diritti Sociali Ione Belarra; la portavoce di questa formazione, Isa Serra e il deputato di Sumar, Íñigo Errejón.

Tutti hanno incalzato l’esecutivo di Madrid affinchè porti il premier israeliano “davanti alla Corte penale internazionale per crimini di guerra compiuti contro la popolazione civile di Gaza”.

Infine, sono stati molti i cartelli a favore del cessate il fuoco, della fine dei bombardamenti, dell’autodeterminazione della Palestina, contro Israele definito stato “razzista” e “fascista”. 

Weekend intenso anche in Italia. Da Napoli a Roma continuano le manifestazioni della comunità palestinese e dei suoi sostenitori

Stesso scenario anche nel nostro Paese, dove è già scattato – subito dopo i fatti del 7 ottobre – il rafforzamento degli obiettivi sensibili per il “rischio emulazione”, come sottolineato anche dalla premier Giorgia Meloni durante la visita dei giorni scorsi alla Sinagoga di Roma.
Tanto che, solo nella Capitale, i presidi monitorati sono oltre 4.000.

A Napoli sono state più di 500 persone che hanno preso parte ad un corteo a cui ha preso parte anche Ludovico Chianese, dirigente del centro culturale Handala Ali, che ha affermato: “Gaza è una vera e propria prigione. Quando si comprimono 2 milioni di persone in prigione non si può dire che si rispettano i diritti umani”.

Il tema della ‘prigione’ è ritornato anche nel discorso dell’Imam di Pisa, che è ripreso e mandato in onda durante la puntata del 15 ottobre di Dritto e Rovescio. Stando al video trasmesso, l’Imam ha dichiarato: “Se noi mettiamo un animale in gabbia, cosa fa? I palestinesi sono stati 16 anni di gabbia, in una prigione a cielo aperto. A Israele non interessa nessun prigioniero, interessa solo la vendetta.”

In Toscana le manifestazioni sono proseguite anche a Livorno, dove tre persone sono state denunciate al termine di un tafferuglio con la polizia che ha sventato il loro tentativo di provocare i partecipanti alla manifestazione per Israele promossa dalla Comunità ebraica cittadina. Allerta massima anche intorno alle moschee dopo l’appello a scendere in piazza “in nome dell’orgogliosa Gaza” diffuso su diverse piattaforme social.

Infine, situazione tesa nella Capitale, dove in migliaia hanno sfilato trasportando una grande bandiera palestinese per dimostrare sostegno ai civili intrappolati dall’assedio israeliano, e a cui ha partecipato anche, tra gli altri, il Fronte della Gioventù Comunista.

Il conflitto tra Israele e Hamas sta facendo sentire i suoi effetti ben oltre i territori in Medio Oriente, scaldando gli animi e rafforzando le divisioni tra le comunità sparse in tutto il mondo. Ed è orai chiaro che il conflitto tra Israele e Palestina, per quanto lontano geograficamente, in realtà è più vivo che mai anche in Europa e in Occidente.         
Tale vicinanza e, di conseguenza, le numerose reazioni pro-Hamas che hanno preso piede fanno sollevare legittimi dubbi sulla tenuta della sicurezza e della difesa dei paesi in cui la democrazia e la libertà dovrebbero essere prerogative indiscusse. A tutto questo si aggiunge, inevitabilmente, anche il timore di infiltrazioni terroristiche derivanti da una incessante e sotto alcuni aspetti incontrollata migrazione illegale.

Le misure restrittive messe in atto sono un segno tangibile di come tali manifestazioni siano più di semplici occasioni di condivisione o una forma di una qualche libertà di espressione, andando ben oltre, dal momento che in qualche modo sottendono una certa giustificazione a favore della prepotenza e della brutalità di Hamas. Tutto ciò non può e non deve essere accettato, ma occorre continuare a resistere e ad agire in maniera concreta, senza incertezze, affinché la violenza non prevalga mai sulla giustizia.    

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